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Divieto di esecuzioni su beni del fondo patrimoniale: quali sono gli oneri di prova del debitore? (T

Ai fini dell’applicazione del divieto di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale ex art. 170 c.c., a livello soggettivo e ai fini del riparto dell’onere probatorio, spetta al debitore provare che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, essendovi una presunzione di inerenza dei debiti alle esigenze famigliari, anche in ragione del disposto dell’art. 143 comma 3 c.c.; a livello oggettivo, va fornita un’interpretazione estremamente ampia della categoria dei bisogni della famiglia che giustificano l’esecuzione anche sul fondo patrimoniale, corrispondentemente riducendo la portata del divieto dell’articolo 170 c.p.c., che deroga alla regola della piena responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.

Questi i principi emersi nell’ambito del giudizio oggetto della sentenza in commento.

Nello specifico, il debitore esecutato (opponente) esponeva che gli immobili pignorati erano stati tutti conferiti in un fondo patrimoniale trascritto prima del pignoramento stesso e, pertanto, deducendo in fatto che il titolo esecutivo azionato riguardava una vicenda estranea ai bisogni della famiglia e che ciò era noto al creditore procedente, concludeva nel senso dell’impignorabilità del bene ex art. 170 c.c.

Il giudice, rigettando l’opposizione, ha osservato appunto che, nel riparto dell’onere probatorio, spetta al debitore provare che il creditore conoscesse l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia e ha ribadito, conformemente alla giurisprudenza maggioritaria in materia, che deve essere fornita una interpretazione estremamente ampia della categoria dei bisogni della famiglia (che giustificano l’esecuzione anche sul fondo patrimoniale) includendovi anche le “esigenze volte al pieno mantenimento dell’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da intenti meramente speculativi” salvo se “poste in essere al fine di impedire un danno sicuro al nucleo familiare” (Cass. n. 15862/2009).

Il Giudice ha quindi ritenuto che nella fattispecie vi fosse “coerenza tra il fatto generatore dell’obbligazione (id est il fatto illecito della falsificazione delle firme della moglie) ed i bisogni della famiglia nell’ampia accezione sopra descritta, tenuto conto che la stessa (…), casalinga, ha spiegato come il patrimonio mobiliare investito dal promotore ed oggetto della falsificazione di firma da parte del marito, era rappresentato dai “propri risparmi” (…), che come tali devono contribuire ai bisogni della famiglia ex art. 143 c.c.

Pertanto, in conclusione, l’opponente non ha provato quanto avrebbe dovuto, e cioè che si trattava di somme di denaro gestite per esigenze voluttuarie o intenti meramente speculativi ed, invero, dagli atti è emerso che si trattava di investimenti dei risparmi familiari, come tali riconducibile ai bisogni familiari.

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