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Diritto del mediatore alla provvigione: quando sorge? (Corte App. Milano sez. I civ. sent. 28/10/201

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all'accordo definitivo.

È questo il principio di diritto espresso dalla Corte d’Appello di Milano nella sentenza n. 3812 del 28/10/2014.

Nella fattispecie all’esame del giudice dell’appello, il convenuto in primo grado aveva sottoscritto una proposta irrevocabile di acquisto di un immobile e si era impegnato, in forma scritta, a riconoscere in favore dell'agenzia immobiliare intervenuta la provvigione anche in caso di revoca della proposta o indisponibilità alla sottoscrizione dell’alienazione. Tuttavia, non dava seguito all’impegno, avendo deciso di recedere dall'accordo con restituzione del doppio della caparra versata, costringendo pertanto l'agenzia immobiliare a richiedere giudizialmente il pagamento della provvigione.

Dichiarato soccombente in primo grado mediante ordinanza ex art. 702 bis e ss. c.p.c., il convenuto proponeva appello, sostenendo che la propria proposta di acquisto non era stata accettata dal promissario, in quanto questi si era limitato a formulare una controproposta, non accettata, per effetto della quale egli doveva intendersi liberato sia dall’obbligo di esecuzione della compravendita, sia dall’obbligo di pagamento della provvigione concordata con il mediatore.

La Corte, in via preliminare, è stata chiamata a pronunciarsi in ordine all’ammissibilità dell’appello all’ordinanza ex 702 ter c.p.c.

Sul punto ha osservato che, in materia di rito sommario di cognizione, l'appello ex art. 702-quater c.p.c. ha la funzione di un mezzo d'impugnazione, senza il quale l'ordinanza emessa ex art. 702 bis c.p.c.passerebbe in giudicato, e prefigura un procedimento che, seppure non dettagliatamente specificato nella norma, ricalca significativamente quello dell'appello (art. 345 cod. proc. civ., comma 2). In particolare, l’art. 702-quater c.p.c. stabilisce un’unica deroga al procedimento di appello, riferita all’ammissibilità eventuale di nuovi mezzi di prova, ma non vi sono ragioni per ritenere che la semplificazione della procedura per la trattazione della causa in primo grado e la previsione che nei procedimenti sommari di cognizione la domanda possa essere proposta con ricorso, siano elementi idonei a determinare una cristallizzazione delle forme degli atti anche per i gradi successivi, tali da produrre la ultrattività del rito semplificato anche in appello.

Pertanto, costituisce interpretazione più conforme alle regole processuali che governano le impugnazioni in appello ritenere che per effetto del rinvio ordinario alle norme generali dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale (art. 359 c.p.c.) l’impugnazione debba essere proposta mediante atto di citazione.

Il fatto, poi, che eventualmente l’impugnazione sia stata proposta mediante ricorso non costituisce ragione di nullità o irregolarità effettiva e i requisiti della tempestività dell’impugnazione devono essere esaminati considerando che l’adempimento richiesto per l’instaurazione del giudizio avrebbe dovuto essere la notificazione di un atto di citazione e non un ricorso.

Nel caso in esame, il perfezionamento dell’impugnazione si deve intendere pertanto realizzato con la notificazione dell’atto e non con il suo deposito in cancelleria. Per cui, essendo stata la notificazione dell’appello effettuata entro il termine di legge, la stessa deve essere ritenersi senz’altro tempestiva ed ammissibile.

Nel merito, prosegue la Corte, l’appellante pretenderebbe di non attribuire alcun effetto alla concreta e determinante utilità dell’attività del mediatore, da cui è scaturito l’accordo delle due parti contraenti. Questa è, invece, positivamente dimostrata per il giudice dell’appello dall’incontro delle volontà delle due parti avvenuto in conformità alle prescrizioni dell’art. 1326 c.c., secondo cui comunque il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, nel caso concreto entrambe perfezionatesi nella indispensabile forma scritta richiesta dagli articoli 1350 e 1351 c.c.

Pertanto, conclude la Corte, il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice ed è sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la "messa in relazione" delle stesse costituisca l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto. Anche la semplice attività del reperimento e indicazione dell'altro contraente, o la segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione.

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