Matrimonio di breve durata? Sì all’assegno in caso di precarie condizioni economiche (Cass. Civ. sez
La mancanza di capacità lavorativa del coniuge, dovuta alla malattia, e l’esigua somma ricavata dalla pensione d’invalidità, legittimano l’attribuzione dell’assegno divorzile, anche se il matrimonio è durato solo due anni e il coniuge obbligato deve sostenere gli oneri derivanti dalla costituzione di un nuovo nucleo familiare.
La Corte di Cassazione – ordinanza 11/03/2016, n. 4797 – ribadisce il principio ormai consolidato secondo cui la breve durata del matrimonio non è sufficiente ad escludere il riconoscimento dell'assegno divorzile.
Nel giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, alla moglie era stato riconosciuto un assegno mensile di € 200 sulla base dell’inadeguatezza dei mezzi economici propri e dell’impossibilità di procurarseli, poiché la donna era affetta da disturbo bipolare, a prevalente componente depressiva, che la rendeva assolutamente inabile allo svolgimento di un’attività lavorativa.
Il marito aveva appellato la decisione e la Corte territoriale aveva confermato l’attribuzione dell’assegno in favore della moglie, che percepiva unicamente una pensione d’invalidità di € 275 mensili, riducendo la misura dell'assegno a € 150 mensili basandosi su due ragioni: la breve durata del matrimonio (circa due anni) e la costituzione di una nuova famiglia da parte dell’uomo.
Quest’ultimo ricorreva, infine, in Cassazione lamentando la violazione dell'art. 5 6° c. della L. n. 898/70, perché la Corte non avrebbe eseguito la necessaria verifica comparativa tra l'attuale situazione reddituale e patrimoniale della richiedente e quella sussistente all'epoca della cessazione della convivenza.
Un’ulteriore violazione di legge, il non aver tenuto conto della breve durata del matrimonio che escluderebbe il diritto all'assegno divorzile.
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Sul punto dell'omessa indagine sul tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, il ricorrente non ha devoluto specificamente la questione al giudice d'appello, ma si è limitato ad affermare che l'assegno fosse stato riconosciuto sulla base di certificazioni mediche tardivamente prodotte e non idonee.
Toccando il merito della questione, comunque, il peggioramento del tenore di vita della moglie rispetto a quello goduto in costanza di matrimonio, risultava, senza bisogno di accertamenti, dalla modesta pensione d’invalidità percepita dalla signora, di appena € 275 mensili, rispetto allo stipendio fisso percepito dal ricorrente.
Quanto alla considerazione della breve durata del matrimonio, il motivo è stato dichiarato inammissibile perché si limita a prospettare la mera "ingiustizia" della decisione e a pretendere una nuova valutazione nel merito delle circostanze sulle quali questa si fonda, e ciò esula dalle competenze della Cassazione.
Inoltre, la Corte d’appello avrebbe attentamente già vagliato la questione, tratto il proprio convincimento e fornito adeguata motivazione, per cui nessuna censura può essere sollevata.
La pronuncia si allinea, alle precedenti decisioni in materia di diritto all’assegno divorzile.
In particolare, quanto alla durata del matrimonio come parametro per la valutazione della sussistenza del diritto, la sentenza 05/02/2016, n. 2343, ha affermato che la durata del matrimonio, in materia di divorzio, può incidere sulla misura dell'assegno previsto dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, ma non anche sul riconoscimento in astratto dello stesso, che si fonda sul giudizio d’inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente comparati al tenore di vita goduto o sulle aspettative maturate nel corso del rapporto.
La giurisprudenza di legittimità è, insomma, costante nell’affermare che nel divorzio, la durata del matrimonio non esclude necessariamente il diritto all’assegno. Fanno eccezione a questa regola i soli casi in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi per la troppo breve durata del vincolo (Cass. Civ. n. 6164/2015).