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Depenalizzazione del reato: ok alla sanzione pecuniaria se il danno è provato (Trib. Verona, Sez. II

Nel caso di depenalizzazione, la sanzione pecuniaria civile verrà applicata solo se l’esistenza del pregiudizio, asseritamente patito, verrà accertata in concreto.

E’ quanto stabilito dal Tribunale di Verona, nella sentenza n. 2939/2016, pubblicata il 10/11/2016.

Nella vicenda in esame, in precedenza, la Sezione Specializzata Agraria, del medesimo tribunale, aveva rigettato, con sentenza parziale, sia la domanda dei ricorrenti di rilascio di alcuni fondi, sia quelle risarcitoria e demolitoria ad essa collegate, sia la domanda riconvenzionale del convenuto, disponendo, altresì, la separazione della causa relativa all'accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni dei documenti avverso i quali i ricorrenti avevano proposto querela di falso.

I ricorrenti dunque riassumevano la causa dinanzi al Tribunale di Verona, in composizione collegiale. In particolare, il Collegio adìto è stato chiamato a valutare la domanda dei ricorrenti di risarcimento dei danni morali causati dalle condotte illecite che sarebbero addebitabili a parte resistente. Come accertato dalla c.t.u. grafologica, si trattava della falsificazione di scritture private, necessarie per ottenere i titoli abilitativi per la realizzazione della fattoria didattica, appartenenti non ai ricorrenti, bensì attribuibili alla mano del convenuto. La condotta posta in essere da quest’ultimo, non costituisce più reato dall’entrata in vigore dell’art. 1 del d.lgs. 15/01/2016, n. 7, 06/02/2016, in cui il reato è stato sostituito con un illecito civile tipico, sottoposto alla sanzione pecuniaria civile, variabile da € 200,00 ad € 12.000,00, a carico di “chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o alterata, arreca ad altri un danno” (art. 4 c. 4, lett. a) d.lgs. 7/2016).

A tal riguardo, all’art. 8 c. 2 del decreto, il legislatore ha previsto che il giudice possa applicare d’ufficio la sanzione pecuniaria civile qualora sia accolta la domanda di risarcimento proposta dalla “persona offesa” e quando risulti comprovata la sussistenza di un danno da risarcire.

Nel caso in oggetto, il Collegio ha ritenuto che i fatti accertati nel presente giudizio, seppur astrattamente idonei a cagionare ai ricorrenti un danno non patrimoniale, in concreto non siano sufficienti a dimostrare il pregiudizio asseritamente patito. Nello specifico, alla luce delle risultanze processuali, non è stato provato che i ricorrenti abbiano subìto, in concreto, un danno. Alla medesima conclusione era pervenuta, in precedenza, la sezione agraria del Tribunale di Verona, che aveva rigettato le domande di accertamento di nullità e di rilascio dei fondi oggetto del predetto rapporto avanzate dai ricorrenti. Tra l’altro, questi ultimi, non hanno allegato alcun atto che dimostrasse l’esistenza di un danno patrimoniale da questi patito.

Dunque, il Collegio ha ritenuto che al resistente non dovesse essere comminata la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 4 c. 4 lett. a), in quanto essa, è applicabile alle condotte effettivamente pregiudizievoli.

A ciò si aggiunga che, nel caso in esame non può comunque trovare applicazione la disciplina transitoria di cui all’art. 12, secondo cui: “Disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie civili si applicano anche ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso, salvo che il procedimento penale sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili”, poiché tale norma prevede la piena corrispondenza sotto il profilo oggettivo e soggettivo tra la fattispecie penale previgente e quella di illecito civile, assente nella vicenda in oggetto.

Per tali ragioni, il Tribunale di Verona, pur dichiarando la falsità delle sottoscrizioni apposte in calce ad alcuni documenti prodotti, ha rigettato ogni altra domanda dei ricorrenti, condannando il resistente a rifondere le spese di giudizio.

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