Accertamento della servitù: la Cassazione precisa gli oneri probatori (Cass. Civ. Sez. II sent. 04/0
Tra i rimedi che la legge prevede a tutela delle servitù vi è quello dell’azione confessoria, ai sensi dell’art. 1079 c.c.: il titolare del diritto può agire in giudizio per farne accertare l'esistenza nei confronti di colui che ne contesta il fondamento o ne ostacola l'esercizio, all'eventuale scopo di far cessare le turbative o gli ostacoli all'esercizio della servitù.
Quali sono gli oneri probatori a carico di colui che agisce in confessoria servitutis?
A questa domanda risponde la Corte di Cassazione, sez. II civile (sentenza 04/01/2017 n. 113) che prende spunto dalla vicenda concreta posta alla sua attenzione per precisare l’esatta entità dello sforzo probatorio richiesto al soggetto che agisce in accertamento per il riconoscimento di una servitù.
La sentenza in commento conclude un procedimento che ha avuto inizio con la citazione presentata dagli attori R.M. e P.A. nei confronti del convenuto A.L.O, proprietario di un edificio confinante con il giardino appartenente agli stessi.
La S.C. precisa nella propria pronuncia l’effettiva situazione fattuale di cui si discute, concernente il rapporto tra l’edificio di proprietà del convenuto ed il sottostante giardino di proprietà degli attori, precisando come in origine gli stessi fossero riuniti sotto la proprietà di Pa.Pa, alla cui morte vennero disposti per testamento separatamente in favore degli eredi, realizzandosi, con riferimento al parapetto prospicente sulla proprietà degli attori, una servitù per destinazione del padre di famiglia.
Più nel dettaglio, le specifiche servitù di cui si discute nel caso in esame sono precisamente due: una servitù di veduta a carico del giardino degli attori, cui fanno riferimento le prime due domande di accertamento negativo (anche con riferimento ad altre luci irregolari prospicenti sul fondo degli attori), e una servitù di presa d’acqua e passaggio della conduttura cui fanno riferimento le seconde due domande di accertamento e condanna al risarcimento del danno.
Con riferimento alle prime due domande dell’atto di citazione, il Tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Maglie, con la sentenza n. 47/2009 accoglieva la domanda di accertamento negativo circa l’esistenza di una servitù di veduta a carico del giardino degli attori in favore della proprietà del convenuto, con particolare riferimento al lastrico solare dell’edificio confinante, condannando lo stesso al “ripristino dello stato dei luoghi, previa rimozione della quarta linea superiore di conci del parapetto realizzato sul lastrico solare della conceria "(...) "nonché alla regolarizzazione dei relativi affacci ed aperture irregolari, mediante l’installazione di "una griglia in legno o altra struttura di materiale naturale... che sia ad altezza tale da impedire qualsiasi introspezione sul giardino degli attori”; il Tribunale accoglieva inoltre la domanda di regolarizzazione delle ulteriori luci irregolari.
Con riferimento invece alle seconde due domande contenute nell’atto di citazione, il Giudice accoglieva la domanda di accertamento circa l’esistenza a vantaggio del giardino degli attori ed a carico della proprietà del convenuto di una servitù di presa d’acqua e di passaggio di una condotta di acqua, condannando, lo stesso a ripristinare lo stato dei luoghi ed a far cessare ogni turbativa, e rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno arrecato al fondo di proprietà degli attori.
Accogliendo parzialmente il gravame proposto dal convenuto A.L.O., la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza 3047011 del 31/03/2011, riformava la pronuncia impugnata, condannando il convenuto A.L.O alla regolarizzazione degli affacci e delle aperture irregolari relative ai lastrici solari ai sensi dell’art. 901 c.c., e quindi dotando il parapetto di un’inferriata e/o di una grata fissa in metallo, e rigettando la domanda degli attori di accertamento della servitù di presa d’acqua e passaggio della conduttura, confermando per il resto l’impugnata sentenza.
La sentenza in commento si pronuncia sul ricorso presentato dal convenuto A.L.O. cui hanno fatto seguito il controricorso ed il ricorso incidentale degli attori in primo grado, con cui il ricorrente in Cassazione si è difeso con controricorso al ricorso incidentale, rigettando sia il ricorso incidentale, sia il ricorso principale, per l’effetto confermando la pronuncia impugnata.
La S.C., nel rigettare il ricorso principale riguardo al motivo di censura concernente l’esatta determinazione dell’entità della consistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia, ricorda che tale istituto “postula che le opere permanenti destinate al suo esercizio predisposte dall’unico proprietario preesistano al momento in cui il fondo viene diviso fra più proprietari (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6592 del 05/04/2016). Deve trattarsi di opere stabili ed apparenti, in quanto la loro concreta consistenza, valutata all’atto della cessazione dell’appartenenza di due fondi all’unico proprietario, serve a rendere certi e manifesti il contenuto e le modalità di esercizio della servitù, essendo invece irrilevanti le successive modifiche di esse (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11348 del 17/06/2004)”; proseguendo, la S.C. rigetta anche il secondo motivo di censura del ricorrente principale A.L.O., osservando che la Corte d’Appello di Lecce “ha fatto puntuale applicazione dell’orientamento più volte affermato da questa Corte, secondo cui l’assenza di parapetto su una terrazza di copertura di un edificio, che sia di normale accessibilità e praticabilità da parte del proprietario, costituisce elemento decisivo per escludere che l’opera abbia i caratteri della veduta o del prospetto, non anche per escludere che essa costituisca luce irregolare, in ordine alla quale il vicino ha sempre il diritto di esigere l’adeguamento ai requisiti stabiliti per le luci. Perciò il lastrico solare agevolmente accessibile, se posto allo stesso livello e destinato al servizio della porzione immobiliare sita all’ultimo piano dell’edificio, può comportare l’obbligo del proprietario di quest’ultimo di costruzione di un muretto recinto da rete metallica onde rendere la luce irregolare conforme alle prescrizioni stabilite dall’art. 901 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5718 del 10/06/1998; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2084 del 05/04/1982; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5602 del 20/12/1977)”.
Facendo diversamente riferimento al merito del ricorso incidentale, la S.C. ha rigettato il primo ed il secondo motivo dello stesso, con cui gli attori in primo grado impugnavano la sentenza della Corte d’Appello di Lecce nella parte in cui aveva loro negato l’accertamento dell’esistenza della servitù di presa d’acqua da loro vantata; in particolare viene osservato come “gli appellati, attori in primo grado, non avessero neppure indicato nel loro atto di citazione tale titolo, né avessero poi invocato un acquisto per usucapione, di cui comunque non avevano dato prova. I ricorrenti incidentali richiamano la teoria dei diritti cc.dd. autodeterminati per affermare la superfluità dell’indicazione del titolo di acquisto della servitù e assumono che si trattasse di servitù costituita da tempo immemorabile per destinazione del padre di famiglia, "circostanza dedotta e acquisita al processo, emergente dai numerosi documenti versati in atti". Con il secondo motivo di ricorso ne invocavano invece l’acquisto per destinazione del padre di famiglia, come desumibile dalle difese del convenuto.
La S.C. si pronuncia sui due motivi in oggetto sancendone la completa infondatezza e cogliendo l’occasione, per l’appunto, di precisare l’esatta entità dell’onere probatorio dell’attore in “confessoria servitutis”.
La Cassazione, in particolare, osserva che “l’attore che agisce in "confessoria servitutis", ai sensi dell’art. 1079 c.c., ha certamente l’onere di provare l’esistenza del relativo diritto, presumendosi la libertà del fondo, che si pretende servente, da pesi e limitazioni (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18890 del 08/09/2014). Avendo l’onere di provare il titolo su cui la servitù è fondata (quale, esemplificativamente, il contratto, l’usucapione, la destinazione del padre di famiglia), è evidente che l’attore in confessoria abbia quanto meno pure l’onere di dedurre tale titolo, costituendo esso la prova del diritto del quale si chiede l’accertamento. Una cosa, quindi, è sostenere che l’allegazione, nel corso del giudizio o in appello, di un titolo di acquisto della servitù diverso da quello addotto in citazione non importa mutamento della domanda, altra cosa è ribadire che la deduzione dello stesso titolo, che costituisce la fonte della servitù, non sia comunque necessaria ai fini della prova del vantato diritto”.
Conclusivamente precisando come, “in sostanza, i ricorrenti incidentali richiedono alla Corte di Cassazione di valutare per la prima volta le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito alla luce del titolo di acquisto della servitù che hanno finalmente specificato soltanto in questa sede”, viene pertanto rigettato in toto anche il ricorso incidentale anche con riferimento al terzo motivo di gravame relativo alla ritenuta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., cui i ricorrenti incidentali avevano fatto riferimento per richiedere la riforma della sentenza impugnata anche riguardo all’omessa pronuncia alla ritenuta avvenuta proposizione in primo grado di una domanda di reintegrazione in forma specifica.
Rigettando inoltre i motivi di entrambi i ricorsi relativi alla regolazione delle spese processuali della fase di secondo grado la S.C. conclude respingendo il ricorso principale ed il ricorso incidentale, compensando per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.