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Preliminare di vendita di immobile abusivo non è nullo (Cass. Civ. sez. II sent. 26/04/2017 n. 10297

Con sentenza numero 10297 del 26/04/2017, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che “Al contratto preliminare di compravendita di immobili stipulato dopo l'entrata in vigore della l. n. 47 del 1985 non è applicabile la sanzione della nullità, prevista dall'art. 15 della l. n. 10 del 1977, in relazione agli atti giuridici aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, essendo stata detta disposizione interamente sostituita da quelle di cui al capo primo della citata l. n. 47”.

La vicenda fattuale aveva ad oggetto una controversia tra il promissario acquirente e il promittente venditore di un immobile, all'interno della quale il primo deduceva l’inadempimento del secondo, con conseguente risarcimento del danno e restituzione del doppio della caparra, ai sensi dell’art. 1385 c. c.- Le domande del promissario acquirente si fondavano sulla presenza di vizi insanabili che rendevano il bene incommerciabile di fatto. Si osservi che il preliminare tra le due parti era stato stipulato in data 11/05/ 2006. Il giudizio di primo grado si concluse con l’accertamento dell’inadempimento del promittente venditore e la sua condanna al risarcimento del danno; giudizio che venne confermato anche in sede di appello, nel corso del quale il convenuto dedusse, per la prima volta, la nullità del preliminare per contrasto dello stesso con la disposizione dell’art. 40 L. 47/1985. L’eccezione di nullità non venne accolta dal giudice del gravame, in quanto ritenne che esulasse dal tema del giudizio. Avverso la sentenza di secondo grado, il promittente venditore ha chiesto la riforma della stessa, deducendo che il preliminare doveva essere dichiarato nullo ex art. 40 L. 47/1985 e che, inoltre, l’eccezione di nullità non era stata presentata tardivamente e, di conseguenza, il Giudice di secondo grado ben avrebbe potuto prenderla in considerazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato, specificando che la Corte di Appello ha errato nel dichiarare tardiva l’eccezione di nullità del preliminare. Infatti, in base a recenti decisioni delle SS.UU. della Corte di Cassazione (sent. 14828/2012 e 26242/2014), la nullità del contratto è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo in una vicenda, come quella odierna, in cui di tale contratto si deduca l'inadempimento, essendo il giudice tenuto a verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e a rilevare d'ufficio le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto. Infatti, il rilievo della nullità del contratto dedotto in lite integra gli estremi non di un'eccezione in senso stretto, bensì di una mera difesa, esso ben può essere formulato nel giudizio di appello, come avvenuto nel caso in esame, purché sia fondato su elementi già acquisiti al giudizio. Accertato l’errore del Giudice di secondo grado, la Corte decide di affrontare il merito dell’eccezione di nullità che, evidentemente, poteva essere proposta in sede di giudizio di appello.

Secondo la Corte di Cassazione, la sanzione della nullità prevista dalla L. 28/02/1985, n. 47, art. 40, con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita.

A nulla è valso al ricorrente dedurre che i contratti di trasferimento immobiliare aventi efficacia meramente obbligatoria (quale, appunto, un preliminare di vendita), restano comunque disciplinati dalla L. 28/01/1977, n. 10, art. 15, che prevedeva la nullità degli atti giuridici, aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, salvo che dal contenuto degli stessi atti risultasse formalmente ed inequivocabilmente che l'acquirente fosse a conoscenza della mancata concessione e quindi della nullità di cui si discute. Tuttavia, la ricorrenza dei requisiti di forma e di sostanza, necessari ai fini della validità di un contratto, devono riscontrarsi con riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo. Di conseguenza, al caso in esame, ossia ad un contratto preliminare di compravendita di immobile stipulato in data 10 maggio 2006, ovvero ben dopo l'entrata in vigore della L. 28/02/1985, n. 47, sicché non potrebbe comunque applicarsi la sanzione di nullità, prevista dalla L. 28/01/1977, n. 10, art. 15, essendo stata detta disposizione interamente sostituita da quelle di cui al capo primo della stessa L. n. 47 del 1985, come stabilito dall'art. 2 di quest'ultima (così Cass. 21/08/2012, n. 14579).

La sentenza della Corte di Cassazione si presenta particolarmente interessante nella misura in cui, in poche pagine, ha affrontato questioni attuali e delicate. La prima, squisitamente processuale, riguarda la possibilità di far valere, anche in appello, eccezioni di nullità contrattuale allorché la controparte abbia agito con un’altra impugnativa, quale la domanda di risoluzione per inadempimento, di rescissione o di annullamento.

La seconda, invece, riguarda la qualificazione, in termini di nullità o di inadempimento, del contratto preliminare di cui all'art. 1351 c.c. avente ad oggetto la vendita di un immobile viziato da abusi edilizi.

In base alla regola contenuta nell'art. 40 Legge 47/1985, “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione cui al sesto comma dell'art. 35. Per le opere iniziate anteriormente al 2 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo”. Tale disposizione è, ad oggi, al centro di un dibattito giurisprudenziale e dottrinale piuttosto fervido, in quanto non è unanime la qualificazione da attribuire in maniera a questa nullità: nullità formale o sostanziale? In altre parole, al fine di rendere valido il contratto, è sufficiente indicare gli estremi di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire), qualunque essa sia, e per gli immobili costruiti prima del 1967 dichiarare che lo stesso è esente da vizi, anche se non è così? Oppure, è necessario che quanto risultante dalle dichiarazioni rese dalla parte trovi un riscontro oggettivo nella realtà, che le dichiarazioni siano, in ultima analisi, conformi al vero? Secondo la prima opzione, ci si troverebbe di fronte ad una nullità cd formale, mentre nel secondo caso ad una nullità cd sostanziale. Secondo un orientamento affermato per vario tempo, la nullità di cui all'art. 40/2 L. 47/1985 avrebbe carattere formale, di talché il contratto di vendita deve considerarsi valido anche nella misura in cui la dichiarazione prescritta per gli immobili costruiti prima del 1967 e l’indicazione degli estremi della licenza non corrispondano al vero. A sostegno di questo orientamento, si pone l’argomento centrale per cui i canoni di interpretazione della legge impongono di considerare la nullità di cui si è detto come nullità formale, in quanto la l’art. 40/2 L. 47/1985 espressamente richiede solo l’indicazione degli estremi della licenza o della dichiarazione per gli immobili costruiti prima del 1967. D’altra parte, non sembra dubbio che le disposizioni in materia di nullità debbano essere interpretate in maniera rigorosa, e non estensiva.

Di recente, però, si è affermato che la norma di cui sopra prevede due nullità: una formale ed una sostanziale e, di conseguenza, non sarebbe sufficiente indicare gli estremi della licenza o la dichiarazione sostitutiva, ma sarebbe necessario anche provvedere a verificarne la corrispondenza con i dati della realtà fattuale.

A sostegno di questa impostazione, sembrerebbe porsi la norma del c. 3 dell’art. 40 L. 47/1985, nella parte in cui prevede che se l’omissione della dichiarazione non è dipesa dalla mancanza della licenza, è possibile una conferma successiva, avente ad oggetto proprio la dichiarazione mancante o l’indicazione degli estremi della licenza. Infatti, la previsione che la conferma, la quale esclude la sanzione della nullità, può operare solo se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti contemplati non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, non avrebbe senso se tali atti fossero ab origine validi, ferma restando la responsabilità per inadempimento del venditore. Peraltro, aderendo alla diversa teoria, si arriverebbe alla conclusione per cui, al fine di evitare la declaratoria di nullità, sarebbe sufficiente indicare gli estremi di una licenza inesistente o comunque dichiarare circostanze false in ordine alla data di costruzione dell’immobile. D’altra parte, non sarebbe mai possibile confermare un contratto privo delle dichiarazioni necessarie, se queste non esistono. Di contro, la tesi della nullità formale evidenzia che la diversa ricostruzione interpretativa minerebbe la certezza delle contrattazioni, in quanto sarebbe demandato al Giudice l’arduo compito di stabilire se i vizi dell’immobile siano o meno insanabili. La decisione finale della Corte di Cassazione è, a modesto avviso dello scrivente, corretta ed esente da critiche, nella parte in cui afferma che la norma di cui all'art. 40 L. 47/1985 non si applica ai contratti preliminari di compravendita. Infatti, la norma citata fa espresso riferimento agli atti tra vivi che trasferiscono e costituiscono diritti reali, ed è un fatto indubbio che il contratto preliminare non abbia efficacia reale, ma solo obbligatoria. Estendere la nullità contenuta nella legge speciale anche al preliminare significherebbe estendere le ipotesi di nullità anche a casi non espressamente previsti dalla legge, la qual cosa non appare in linea con la necessità di garantire la libera esplicazione dell’autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. a tutti i soggetti dell’ordinamento. Inoltre, la Corte sottolinea la circostanza per cui la nullità non può essere predicata nella misura in cui, tra la data del preliminare e quella di stipula del definitivo, può intervenire una concessione in sanatoria dell’immobile o essere prodotta la dichiarazione che l’immobile è stato costruito prima del 1967. Per completezza, si evidenzia che, secondo un orientamento minoritario, anche la contrattazione preliminare avente ad oggetto immobili abusivi è affetta da nullità, sulla scorta dell’adesione alla teoria che professa la natura sostanziale della nullità ex art. 40 L. 47/1985.

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