Simulazione: la controdichiarazione non richiede l’atto pubblico (Cass. Civ. sez. II ord. 24/07/2017
La simulazione integra un'ipotesi di apparenza negoziale creata intenzionalmente dai contraenti, i quali in realtà vogliono che il contratto stipulato non produca tra loro alcun effetto (simulazione assoluta) oppure intendono come vincolante un altro negozio (il negozio dissimulato) destinato a rimanere occulto ai terzi.
In genere, per cautelarsi contro eventuali contestazioni reciproche, le parti cristallizzano l'accordo in un atto scritto, che mantengono segreto, denominato “controdichiarazione”, nel quale dichiarano la reale portata del contratto apparente.
In caso di donazione, per la quale è prescritta la forma dell’atto pubblico ad substantiam, la prova della simulazione tra le parti richiede anch'essa la forma dell’atto pubblico?
A questa domanda risponde la Cassazione con l'ordinanza del 24/07/2017, n. 18204 con la quale la Suprema Corte si innesta sul solco dell’orientamento già manifestato in tema di prova della simulazione, secondo il quale, quando si è in presenza di atti che richiedono la forma scritta ad substantiam o ad probationem, a mente dell’art. 2725 c.c. (cui implicitamente rinvia l’art. 1417 c.c.) detta prova va fornita anch'essa per iscritto, avendo tuttavia e nel contempo cura di precisare che non è viceversa richiesto l’eventuale ulteriore requisito di forma vincolata prescritto per il negozio dissimulato, cosicché in materia di simulazione soggettiva di donazione la prova del relativo accordo simulatorio “non richiede anch'essa l'atto pubblico, ma può essere fornita mediante una semplice controdichiarazione sottoscritta dalle stesse parti o da quella contro cui questa è prodotta”.
Il caso prende le mosse dall'azione intentata dalla signora P.G. nei confronti della signora M.G. per sentir dichiarare la simulazione di due atti di trasferimento immobiliare, una donazione obnuziale ed una compravendita, stipulati separatamente e in date diverse, che vedevano rispettivamente donataria ed acquirente la signora M.G., quale promessa sposa del figlio C.A. dell’alienante, nel mentre erano contestualmente sottoscritte due controdichiarazioni dalle quali emergeva che effettivo destinatario di entrambi gli atti era anche lo stesso figlio della disponente. Entrambe le domande erano rigettate dal Tribunale di Tivoli, con conferma della sentenza impugnata dinanzi alla Corte di Appello di Roma, la quale, oltre a rilevare profili di inammissibilità delle domande (qualificate come novum), si pronunciava tuttavia anche sul merito, ritenendo, quanto alla donazione, che da un lato non era stata provata la simulazione assoluta, proprio in forza della controdichiarazione che confermava il trasferimento a titolo gratuito ma nei confronti anche di altro soggetto, dall'altro non potevano lucrarsi i benefici di una simulazione relativa in quanto, a proposito della stessa controdichiarazione, “tale atto non poteva produrre gli effetti della donazione in quanto privo della forma dell'atto pubblico, richiesta ad substantiam dall'art. 782 c.c.”. Anche con riguardo alla vendita, riteneva non provata la dissimulazione della donazione. Il signor C.A. proponeva ricorso per cassazione con quattro motivi, due dei quali in rito ed i successivi nel merito, censurando con il terzo le omissioni della Corte di Appello, che, nonostante la controdichiarazione, non rilevava la simulazione relativa della compravendita né poi la nullità della donazione dissimulata per difetto di forma, non essendo presenti alla stipula i due testimoni previsti dalla legge notarile. Con il quarto ha riprovato la pronuncia nella parte in cui, con riferimento alla donazione, si è reputato che la controdichiarazione dovesse essere assistita dal medesimo requisito di forma solenne prescritto per il contratto (dis)simulato. Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte accoglie i primi due motivi, ritenendo ammissibili le domande, restando assorbito il terzo (che toccava il merito della simulazione compravendita/donazione, con particolare riguardo al difetto di forma inerente alla presenza o meno dei due testimoni alla redazione dell’atto) e rinviando alla Corte di Appello in diversa composizione per il riesame; accoglie infine anche il quarto motivo, enunciando il principio di cui alla massima qui riferita in esordio. La stessa Suprema Corte sottolinea in tale pronuncia la necessità di distinguere l’accordo simulatorio dal negozio dissimulato (peraltro solo eventuale), dove il primo, presente e necessario in ogni ipotesi di simulazione, assoluta e relativa, ha la sola funzione di smascherare l’apparenza del negozio simulato, nel mentre il secondo (se presente, qualora si tratti di simulazione relativa) contiene un nuovo contratto sostitutivo di quello simulato e soltanto a detto contratto è applicabile l’art. 1414 c. 2 c.c. Unicamente a quest’ultimo saranno cioè richiesti i requisiti di sostanza e forma tipici dell’atto che si è inteso realmente concludere, laddove non sono richiesti per la prova dell’accordo simulatorio, la quale dovrà solo e comunque soggiacere alle comuni regole in materia di prova contraria a patti scritti, come da combinato disposto degli artt. 1417 e 2725 c.c., richiedendo dunque la forma scritta e non altro (e salva la prova testimoniale, ove ammessa ex art. 2724 c.c.). La prova dell’accordo simulatorio è cioè il presupposto per la dichiarazione d’inefficacia del negozio simulato (ex art. 1414 c. 1 c.c.) ed il suo esame è momento separato e propedeutico al successivo accertamento della validità del negozio eventualmente dissimulato (ex art. 1414 c. 2 c.c.), precisandosi che il successo o meno di detto ultimo accertamento non mina l’inefficacia dell’atto simulato, in ogni caso da dichiararsi. Dunque il Supremo Collegio, nel richiamarsi alla disciplina della simulazione delle convenzioni matrimoniali (art. 164 c.c.), applicabile per analogia all'istituto della simulazione nella sua generalità, in difetto di diversa regolazione, ricorda che già in remoto passato aveva potuto chiarire la differenza tra i patti modificativi delle convenzioni matrimoniali e le controdichiarazioni, dove solo i primi, come nuova effettiva pattuizione, esigono le forme dell’atto pubblico, nel mentre le seconde, in quanto destinate a mera finalità probatoria in una dimensione di segretezza, non le richiedono, a pena di vanificazione del risultato e dunque dell’utilità dell’istituto stesso della simulazione (Cass. Civ. n. 3605/71). Deve peraltro osservarsi che nella fattispecie si è in presenza, per entrambi gli atti di trasferimento, di una simulazione soggettiva o anche interposizione fittizia di persona (benché detta ultima espressione appaia qui impropria, ricorrendo un’ipotesi non di sostituzione ma di addizione di soggetti), che nel caso della compravendita dissimulante la donazione è tuttavia commista ad una simulazione oggettiva, in quanto coinvolge anche elementi costitutivi ed aspetti contenutistici dell’atto (oggetto, causa). Tale osservazione è tuttavia qui fatta soltanto en passant, rammentando che, a fronte di un precedente indirizzo secondo il quale l'interposizione fittizia integrerebbe un'ipotesi anomala di simulazione, insuscettibile dell’applicabilità della corrispondente disciplina e segnatamente degli artt. 1414 c. 2 e 1417 c.c. (Cass. Civ., Sez. I, 8638/94), la giurisprudenza di legittimità è poi tornata sui suoi passi affermando che in tema di interposizione fittizia di persona “la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all'ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414 c. 2 e 2725 c.c., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l'esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l'intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente” (Cass. Civ. Sez. II, 4071/08; conformi Cass. Civ., Sez. II, 21673/09, Cass. Civ., Sez. VIII, 17389/11, Cass. Civ., Sez. VI, 02/10/2014, n. 20857, Cass. Civ., Sez. VI, 02.07.2015 n. 13634, Cass. Civ., Sez. II, 10/03/2017, n. 6262; App. Milano, Sez. IV, 14/01/2016, n. 85). Dunque, alla simulazione soggettiva si applicano gli stessi limiti in materia di prova previsti per quella oggettiva, con piena equiparazione delle due figure. Volendo in conclusione tentare un giudizio prognostico circa il possibile esito del giudizio di rinvio, rebus sic stantibus, se sarà effettivamente acclarata la mancanza dei due testimoni alla stipula della compravendita, è prevedibile che alla dichiarazione di inefficacia di quest’ultima per simulazione possa seguire quella di nullità della donazione dissimulata (sul punto Cass. Civ., Sez. II, 02/07/2014 n. 15095), nel mentre con riferimento all'altro atto, ossia la donazione interessata dalla sola simulazione soggettiva, applicato il principio enunciato dalla Suprema Corte, la controdichiarazione dovrebbe sortire gli effetti probatori sperati, il tutto con conseguente verosimile accoglimento delle domande attoree. La parola torna dunque alla Corte di Appello di Roma.