Anche se l’immobile è parzialmente abusivo il contratto preliminare preliminare di compravendita imm
Non ricorre inadempimento del promittente venditore se il promissario acquirente è a conoscenza della - parziale o totale - abusività dell'immobile.
Nel contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato dopo l'entrata in vigore della legge n. 47/1985, infatti, la sanzione della nullità prevista dall'art. 40 della legge trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi, e non per quelli con efficacia obbligatoria come il preliminare di vendita.
Lo ha stabilito la Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 20707 depositata il 04/09/2017, precisando che la dichiarazione, o la documentazione, che attesta la regolarità della edificazione, può essere fornita all'atto della stipulazione del contratto traslativo definitivo, o anche in corso di giudizio e prima della pronuncia della sentenza.
Nel caso di specie, a seguito della sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, una promissaria acquirente di un immobile citava in giudizio i promittenti venditori invocando la nullità del preliminare e, in via subordinata, la sua risoluzione.
Le parti promittenti venditrici si erano accollate le spese della domanda di sanatoria, che inoltre era stata presentata tardivamente.
I convenuti eccepivano che l'attrice era consapevole della parziale abusività dell'immobile, e del mancato esaurimento della pratica di condono.
Eccepivano anche la responsabilità dell'attrice per aver realizzato opere abusive - senza autorizzazione - che avevano determinato il sequestro e il procedimento penale, e il mancato pagamento della terza rata del prezzo.
Il Tribunale autorizzava il sequestro giudiziario dell'immobile, e con successiva sentenza escludeva la nullità del preliminare e dichiarava la risoluzione per inadempimento dell'attrice, che proponeva appello, il quale veniva però dichiarato inammissibile a causa della mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di uno dei promittenti venditori rimasto contumace.
La Cassazione cassava la sentenza di appello, e disponeva il rinvio, a seguito del quale la Corte territoriale rigettava l'appello dell'attrice.
L'attrice non demorde e ricorre nuovamente in cassazione, che lo rigetta.
Nel primo motivo di critica alla decisione di appello sollevato innazi ai Giudici di legittimità, “la ricorrente sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'appello, la M. era soltanto a conoscenza dell'esistenza di una generica pratica di condono del fabbricato promesso in vendita, pendente dinanzi al Comune di M.F., mentre non era assolutamente a conoscenza dell'irregolarità urbanistica di tale pratica e, particolarmente, della tardiva presentazione della stessa”.
L'attrice, promissaria acquirente "contesta che vi sia la possibilità di stipulare il contratto definitivo di compravendita in presenza di una domanda di condono edilizio ai sensi della L. n. 47/85, tardivamente presentata, avendo il notaio il compito di verificare se la domanda di sanatoria ex art. 31 della L. n. 47/85, da allegare all'atto, sia conforme a legge, sotto il duplice aspetto della tempestiva presentazione e della congruità delle due rate versate dal richiedente. Inoltre la domanda di condono non poteva essere accolta, perché erano condonabili solo le opere edilizie erette sino a tutto il 10/10/83, in assenza di concessione edilizia, laddove nella specie risulta dagli atti che al C. era stata contestata l'esecuzione dell'opera abusiva, consistita in una veranda delle dimensioni di m. 9 x 3,70. Deduce la ricorrente che la tardiva presentazione e la falsa dichiarazione dei tempi di esecuzione della parte abusiva rendevano impossibile l'accoglimento della richiesta sanatoria da parte del promittente venditore".
Lamenta inoltre che il mancato pagamento della terza rata del prezzo era legittimo in virtù dell'art. 1460 c.c. (eccezione di inadempimento): "i giudici di merito non avrebbero saputo ben valutare l'importanza dell'inadempimento dei promittenti venditori e, particolarmente, non avrebbero applicato correttamente l'eccezione di inadempimento sollevata dalla M., la quale, una volta verificato che la parte abusiva non era condonabile, si è ben guardata dal corrispondere ulteriori somme".
La Suprema Corte ritiene il motivo infondato, richiamando precedenti decisioni: "Non è configurabile la dedotta nullità del preliminare per abusività dell'immobile. Infatti, al contratto preliminare di compravendita di immobili stipulato dopo l'entrata in vigore della L. n. 47/85 non è applicabile la sanzione della nullità, prevista dall'art. 15 della L. n. 10/77, in relazione agli atti giuridici aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, essendo stata detta disposizione interamente sostituita da quelle di cui al capo primo della citata legge n. 47" (Cass., Sez. II, 26/04/2017, n. 10297, che dà continuità a Cass., Sez. II, 21/08/2012, n. 14579).
D'altra parte, per costante giurisprudenza, la sanzione della nullità prevista dall'art. 40 della L. n. 47/85, e succ. mod., con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita di cui all'articolo 1351 c.c., ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell'edificazione, all'eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all'atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronunzia della sentenza ex art. 2932 c.c., che tiene luogo di tale contratto (Cass., Sez. II, 28/05/2010, n. 13117; Cass., Sez. II, 06/10/2010, n. 20760; Cass., Sez. II, 05/05/2016, n. 9318).
Ma la Cassazione conferma la decisione della Corte di Appello: "la Corte distrettuale, adeguatamente scrutinando le risultanze processuali, ha correttamente affermato che non poteva darsi inadempimento dei promittenti venditori: sia perché della - pervero soltanto parziale - abusività dell'immobile la promissaria acquirente era perfettamente a conoscenza sin dal momento della stipula del preliminare, sia perché detta situazione edilizia non precludeva la possibilità di rogare l'atto definitivo, essendosi di fronte, sotto il profilo della tipologia dell'abuso, ad un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità" (cfr. Cass., Sez. II, 18/09/2009, n. 20258)».
Anche in relazione al fatto che «il Tribunale aveva valutato in ogni caso il comportamento colpevole prevalente della promissaria acquirente: non solo in relazione alla mancata corresponsione della somma pattuita quale terza rata del prezzo dell'immobile (non giustificato, come visto, da un legittimo rifiuto ad adempiere), ma anche in riferimento al fatto che costei, avuta la consegna anticipata dell'immobile, vi ha eseguito "ben numerose opere di ristrutturazione ... non autorizzate dalla P.A. né - comunque - consentite dagli appellati", il che condusse "a sequestro penale dell'immobile".
Infine, la Corte rigetta il ricorso con condanna alle spese e al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.