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Il cittadino può "arrestare" il rapinatore colto in flagranza (Cass. Pen. sez. II sent. 21

È legittimo e va convalidato l'arresto in flagranza effettuato dai privati avvenuto ai sensi dell'art. 383 c.p.p.: tale norma, infatti, autorizza ogni persona, nei casi di cui all'art. 380 c.p.p. a procedere all'arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, II sezione penale, nella sentenza n. 13094/2018 accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero inerente la vicenda di una donna che era stata arrestata dai Carabinieri in flagranza dei reati di cui agli artt. 628 c. 2 c.p. (Rapina) e 582 c.p. (lesione personale) presso un locale ufficio postale.

In realtà, l'intervento dei militari era stato chiesto da un dipendente dell'ufficio postale, ma l'arresto era stato di fatto eseguito da alcuni cittadini che avevano inseguito e bloccato la rapinatrice dopo che questa si era data alla fuga a seguito della sottrazione di una carta Banco Posta a una cliente intenta a effettuare un'operazione tramite POS.

La donna, inseguita sia dalla persona offesa che da alcune persone presenti all'interno dell'ufficio postale, era stata raggiunta e, dopo il recupero della carta sottratta, riportata all'interno dell'Ufficio Postale dai privati che erano riusciti a bloccarla; qui l'imputata era rimasta fino al sopraggiungere dei Carabinieri a cui era stata consegnata.

Tuttavia, in sede di giudizio per direttissima, il Tribunale di Cosenza, non convalidava l'arresto, formalizzato dai Carabinieri, ritenendo insussistenti i presupposti della flagranza di reato di cui all'art. 382 c.p.p., giacché i militari intervenuti non avevano assistito allo svolgimento dell'episodio criminoso, né avevano rinvenuto direttamente il profitto del reato sulla rapinatrice, poiché un dipendente dell'ufficio era riuscito a strapparle dalle mani la carta sottratta alla persona offesa.

Avverso l'ordinanza che non ha convalidato l'arresto, ricorre in Cassazione il P.M. lamentando l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale e delle norme processuali, ex art. 606 lett. b) e c) c.p.p.-

La conclusione a cui è giunta il Tribunale, precisa il ricorrente, è stata ingenerata da un presupposto non corrispondente a realtà. Infatti, nella sua pronuncia, il giudice a quo ha richiamato la sentenza delle SS.UU. n. 39131/2016, secondo la quale "non può procedersi all'arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nell'immediatezza dei fatti".

Tuttavia, spiegano gli Ermellini, alla base di tale pronuncia vi era l'arresto dell'autore del reato di lesioni personali, eseguito dalla polizia giudiziaria in seguito a un inseguimento "investigativo", effettuato sulla base delle dichiarazioni della persona offesa.

In tale caso non ricorrevano i presupposti dell'arresto in flagranza, poiché non solo la polizia giudiziaria non aveva colto la persona nell'atto di commettere il reato, né aveva sorpreso la stessa con tracce della perpetrazione del crimine, ma l'arrestato non era stato neppure inseguito nell'immediatezza del fatto dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da terzi.

Nel diverso caso in esame, invece, "dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dai testimoni, presenti all'interno dell'Ufficio postale, nonché dal verbale di arresto della prevenuta risulta evidente che, sebbene i Carabinieri fossero intervenuti solo post crimen patratum e senza rinvenire alcuna traccia della consumazione del reato, tuttavia lo stato di flagranza era determinato dall'essere stata la stessa inseguita, immediatamente dopo i fatti, dalla persona offesa e da coloro che si trovavano all'interno nell'Ufficio postale".

Al momento dell'arresto, spiegano i giudici, la donna si trovava dunque nello stato di flagranza normativamente definito in base al combinato disposto degli artt. 382 c.p.p. e 383 c.p.p. in quanto, come correttamente rilevato dal P.M. ricorrente, tale arresto non è stato posto in essere dai Carabinieri, intervenuti dopo la commissione del reato in virtù delle sole informazioni sull'accaduto, ottenute dai presenti, ma è invece avvenuto ai sensi dell'art. 383 c.p.p., ovverosia nell'esercizio da parte di privati della facoltà di procedere all'arresto in flagranza degli autori di reati perseguibili d'ufficio, nei casi in cui la polizia giudiziaria sia obbligata a procedere in tal senso ex art. 380 c. 2 lett. f), c.p.p. (cfr. Cass., n. 50662/2014).

Alla luce delle precedenti considerazioni, concludono i giudici, l'arresto della rapinatrice deve essere qualificato come legittimamente eseguito dai privati in esito all'inseguimento della prevenuta immediatamente dopo la commissione del reato, quando la stessa si trovava nello stato di flagranza normativamente definito dalla legge. L'ordinanza deve essere pertanto annullata senza rinvio e l'arresto, operato dai privati, deve dichiararsi legittimo.

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