Lesioni di lieve entità da sinistro risarcibili anche senza referti strumentali (Cass. Civ. sez. III
Nella sentenza in commento i giudici del Palazzaccio ribadiscono che, in tema di risarcimento del danno per lesioni micropermanenti, il danno permanente alla salute può essere provato anche in via presuntiva, se ricorrono indizi gravi, precisi e concordanti della sua esistenza e della genesi causale.
La norma (art. 139 Cod. Ass.) subordina la risarcibilità delle lesioni di lieve entità ad un “accertamento medico legale”; tale espressione deve interpretarsi nel senso che il danno biologico permanente vada acclarato con l'applicazione rigorosa dei criteri insegnati dalla medicina legale, non limitati però ai soli referti di esami strumentali, ma ammettendo anche fonti di prova diverse, come le presunzioni (purché gravi, precise e concordanti).
Così ha deciso la Corte di Cassazione dando seguito ai propri precedenti in tema di risarcibilità dei micro-danni conseguenti a sinistri stradali.
A seguito di un sinistro stradale, il danneggiato evocava in giudizio il proprio assicuratore chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti; in particolare, veniva domandato il ristoro del danno permanente alla salute, del danno morale e nel danno patrimoniale consistente nelle spese di assistenza legale stragiudiziale. L’assicurazione, convenuta in giudizio, eccepiva l’irrisarcibilità del danno biologico permanente, stante la mancanza di accertamento strumentale, richiesto dall’art. 139 Cod. Ass.- In primo e in secondo grado, le richieste attoree venivano rigettate, giacché sia il danno biologico permanente che quello morale non risultavano provati; quanto alle spese legali per la difesa stragiudiziale, non erano risarcibili, poiché superflue e non allegate.
Si giunge così in Cassazione, ove i giudici di legittimità, ancora una volta, si trovano a dover rispondere al seguente quesito: le lesioni di lieve entità (micro-permanenti) sono risarcibili anche in assenza di esami strumentali?
Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 139 Cod. Ass. e dell’art. 32 c. 3 ter e 3 quater D.L /2012. Prima di analizzare la decisione, ricordiamo brevemente il contenuto delle prefate norme.
Il D.L. 1/2012 (convertito con L. n. 27/2012) anche noto come “decreto cresci Italia”, in particolare l’art. 32, in materia di “Ispezione del veicolo, scatola nera, attestato di rischio, liquidazione dei danni”; si tratta di una norma che, ai commi 3 ter, ha modificato l’art. 139 c. 2 del Cod. Ass. (D.Lgs. 209/2005), inserendo il seguente inciso: «in ogni caso le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».
Il Codice delle assicurazioni private (D.Lgs. 209/2005), art. 139, in materia di “Danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità”, ove nel comma 2 (come novellato l'art. 1 c. 19 della L. 124/2017) si prevede che «… In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».
Il ricorrente ritiene che le succitate norme non abbiano subordinato la risarcibilità del danno per le lesioni micro-permanenti ad un accertamento strumentale, ma unicamente ad un accertamento obiettivo, a prescindere dalle modalità con cui avvenga. La Cassazione considera fondata tale doglianza e ribadisce il proprio orientamento in materia (Cass. 18773/2016; Cass. 1272/2018; Cass. 5820/2019; Cass. Ord. 11218/2019; Cass. 26249/2019). La disposizione in commento si limita a cristallizzare il principio generale per cui il risarcimento di qualsiasi danno (patrimoniale e non patrimoniale) postula che il richiedente ne dia dimostrazione; nel nostro ordinamento, infatti, non è invocabile una pretesa risarcitoria relativa «a danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili» (Cass. 26249/2019). Ciò premesso, secondo i giudici di legittimità, la suddetta disposizione ammette la possibilità di dimostrare l'esistenza di un danno alla salute, impiegando fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali. In altre parole, per provare una lesione di lieve entità, non sono necessarie radiografie, risonanze magnetiche o TAC; in tal modo, non sono lasciati senza ristoro i danni che non superino una certa soglia minima di gravità.
Riassumendo, l’art. 32 c. 3 ter d.l. 1/2012:
- non pone limiti ai mezzi di prova;
- non pone limiti alla risarcibilità del danno.
La Suprema Corte opera un’esegesi testuale e teleologica della norma, già espressa in una precedente decisione (Cass. Ord. 26249/2019). Innanzitutto, ricorda che il danno biologico è definito dalla legge come il pregiudizio alla salute suscettibile di accertamento medico legale. Pertanto, ai fini dell’esistenza stessa del danno, oltre che della sua risarcibilità, occorre che sia dimostrabile in base ad una criteriologia specifica. L’accertamento medico – richiesto dalla norma – postula lo studio della storia clinica della vittima, ma anche l’analisi della sintomatologia, dell’esame obiettivo e della statistica. Infatti, «un corretto accertamento medico-legale potrebbe pervenire a negare l'esistenza d'un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall'esito positivo (come nel caso d'una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell'infortunio per come emersa dall'istruttoria); così come, all'opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l'esistenza d'un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dell'esistenza del danno e della sua genesi causale».
Una volta esaurita la disamina sul concetto di “accertamento” (interpretazione letterale), i giudici di legittimità indagano sulla finalità perseguita dalla norma (interpretazione finalistica). La sua ratio consiste nell’evitare le truffe assicurative, soprattutto in materia di sinistri stradali e nel favorire l’abbassamento dei premi; inoltre, persegue lo scopo di richiamare gli addetti ai lavori (medici legali, avvocati, magistrati) al dovere di zelo nella liquidazione del danno alla salute. Infatti, le richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità (pari o inferiori al 9%) sono statisticamente le più numerose; ne consegue che, nonostante il loro modesto contenuto economico, comportino ingenti costi per la collettività.
La norma in commento (art. 32 cc. 3 ter e 3 quater D.L. 1/2012), secondo i giudici di legittimità, ribadisce il seguente principio: l'accertamento dei micro-danni alla salute, causati da sinistri stradali, deve avvenire con l'applicazione rigorosa dei criteri insegnati dalla medicina legale.
La Corte dà continuità ai propri precedenti, che sintetizza in questi termini:
a) l'art. 32 D.L. 1/2012 non è una norma di carattere precettivo, ma una "norma in senso lato"; ossia si tratta di una disposizione priva di comandi o divieti, ma funzionalmente connessa a comandi o divieti contenuti in altre norme; b) l'accertamento del danno alla persona – richiesto dalla norma - deve avvenire in base ai tradizionali criteri medico-legali, ossia l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico, gli esami strumentali; c) i suddetti criteri sono fungibili ed alternativi tra loro, e non cumulativi (Cass. 5820/2019).
Nel caso in esame, il danno permanente alla salute era emerso dalle risultanze della CTU, nondimeno il giudice di merito ne ha escluso la sussistenza, in quanto tale pregiudizio non era provato da un esame strumentale (come la radiografia o la TAC), ma da una valutazione clinica. Ebbene, escludendo la risarcibilità del danno sulla base della carenza di indagini strumentali, il giudicante ha violato l’art. 139 Cod. Ass.- Infatti, la citata norma ammette la risarcibilità delle lesioni di lieve entità purché ne sia dimostrata l’esistenza anche in base presuntiva, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti (art. 2719 c.c.). Mutuando le parole dei giudici di legittimità si può affermate che «non l'assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micro-permanenti, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c.». La Corte, quindi, alla luce delle argomentazioni sopra esposte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e la rinvia al giudice di merito.