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Dal risarcimento per un sinistro stradale va detratta l’indennità di accompagnamento (Cass. Civ., se

Nella liquidazione del danno patrimoniale, consistente nelle spese che la vittima di lesioni personali deve sostenere per l'assistenza domiciliare, dal credito risarcitorio vanno detratte le provvidenze accordate dal sistema sanitario nazionale e regionale, vale a dire, sia i benefici spettanti a titolo di indennità di accompagnamento, sia i benefici derivanti in virtù della legislazione regionale in tema di assistenza domiciliare.

Infatti, la percezione degli emolumenti di cui sopra incide sulla misura del danno risarcibile, per il semplice fatto che lo elimina in parte.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza in esame.

A seguito di un sinistro stradale un uomo riportava gravi lesioni personali e agiva contro la società danneggiante – proprietaria del mezzo e la sua compagnia assicuratrice, ottenendo la condanna per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti. La vicenda giunge in Cassazione che, nel 2016, cassa con rinvio al giudice di merito, il quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condanna in solido l’assicurazione e la proprietaria del furgone al pagamento di circa 500 mila € per danni non patrimoniali e circa 800 mila € per danni patrimoniali. Non solo, condanna altresì il danneggiato alla restituzione delle maggiori somme versategli (circa 800 mila €). L’uomo e i suoi familiari ricorrono contro la decisione della Corte d’Appello che, come detto, si era pronunciata a seguito di una cassazione con rinvio.

Nel caso di specie, la vittima del sinistro – che aveva subito lesioni molto gravi – aveva percepito, oltre al risarcimento, anche la cosiddetta indennità di accompagnamento, sotto forma di assegno mensile erogato dall’INPS. L’art. 5 c. 1 L. 222/1984 prevede l’“Assegno mensile per l'assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità”. Si tratta della corresponsione di un importo mensile a cui hanno diritto gli invalidi civili totali, a causa di minorazioni fisiche o psichiche. Per aver titolo all’erogazione, occorre che i richiedenti:

- si trovino nell’impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore,

- o abbisognino di un'assistenza continua, non essendo in grado di compiere i normali atti della vita quotidiana.

Inoltre, a livello regionale, la normativa può prevedere la possibilità di erogazioni a favore dei soggetti in difficoltà. La Regione Lombardia, ove risiede il danneggiato, gli aveva erogato delle somme in virtù dell’inabilità permanente e della necessità di continua assistenza.

Il danneggiato contesta la circostanza che l’importo ricevuto a titolo di danno patrimoniale per le spese di assistenza sia stato ridotto dalla Corte d’Appello a causa delle erogazioni da questi ricevute come provvidenze pubbliche. In particolare, il giudice di merito ha detratto:

- le somme erogate come assegno mensile per l’assistenza personale da parte dell’INPS (indennità di accompagnamento);

- gli importi percepiti mediante voucher sociosanitari dalla Regione Lombardia, (si tratta di titoli di legittimazione a favore delle famiglie, per l'acquisto di prestazioni di assistenza domiciliare sociosanitaria da parte di enti erogatori accreditati).

La Suprema Corte ribadisce i principi già espressi nella precedente pronuncia e precisa che l’importo delle provvidenze pubbliche (come l’indennità di accompagno o altri benefici previsti dalla legislazione locale) va integralmente detratto dalla cifra ricevuta a titolo risarcitorio. Infatti, «la percezione di tale emolumento incide dunque sulla misura del danno risarcibile, per il semplice fatto che lo elimina in parte. Nulla rileva che l'indennizzo scaturisca da una norma previdenziale: secondo il più recente orientamento di questa Corte, infatti, […] qualsiasi emolumento previdenziale o indennitario può incidere sulla liquidazione del danno aquiliano, se la sua erogazione è intesa a sollevare la vittima dallo stato di bisogno» (Cass. 13537/2014).

A riprova di quanto sopra, la Corte richiama la propria consolidata giurisprudenza in materia. Ad esempio, dall’importo corrisposto alla vittima di un sinistro, a titolo di risarcimento del danno, vanno detratte le somme ricevute a titolo di provvisionale o liquidate dall'Inail in favore del danneggiato (Cass. 25733/2014). Si tratta dell’applicazione del principio indennitario (art. 1905 c.c.), a mente del quale l’assicurato non deve trarre una fonte di lucro dal risarcimento. Inoltre, occorre evitare una duplicazione di risarcimento a favore del danneggiato o a carico dell'assicuratore o del responsabile.

Infatti, una volta eseguita la prestazione in favore della vittima da parte dell'Inail ed esercitato dall'assicuratore il diritto di surroga (art. 1916 c.c.) con la comunicazione al terzo responsabile della volontà di surrogarsi nei diritti del danneggiato, la vittima perde la titolarità del credito per la quota corrispondente all'indennizzo assicurativo corrispostogli ed in tale credito succede l'ente surrogatosi (Cass. 25733/2014). Inoltre, «le somme, che il danneggiato abbia ricevuto a titolo di provvisionale o di indennità versata dall'Inail (con la surrogazione di cui all'art. 1916 c.c.), vanno detratte dallo ammontare al medesimo concretamente spettante, e, pertanto, ove questo venga liquidato in misura percentuale del danno globale, per effetto di concorso di colpa di esso danneggiato, devono essere portate in riduzione dell'importo risultante da detta percentuale, non dell'importo di quel danno globale» (Cass. 3428/1984).

Come ricordato, la sentenza impugnata è stata pronunciata all’esito di un giudizio di rinvio, su cui la Cassazione aveva già espresso alcuni principi di diritto (Cass. 7774/2016), che si riportano di seguito.

1) Il danno patrimoniale derivante dalle spese per l'assistenza domiciliare, resa necessaria a seguito del sinistro, va dimostrato allegando l’effettivo esborso sostenuto; in difetto di dimostrazione, non può procedersi a liquidazione (la Corte si riferiva alle spese pretesamente effettuate dal danneggiato, ma da questi non provate).

2) Nella liquidazione del danno patrimoniale da assistenza domiciliare, il giudice deve detrarre dal credito risarcitorio:

- i benefici spettanti alla vittima a titolo di indennità di accompagnamento (art. 5 L. 222/1984);

- i benefici spettanti in base alla legislazione regionale in tema di assistenza domiciliare.

3) Il danno permanente futuro, consistente nella necessità di sopportare una spesa per l’assistenza per tutta la durata della propria vita, va liquidato in forma di rendita oppure in capitale.

In tale ultimo caso, il calcolo dell’importo da risarcire deve avvenire:

- moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato, abbattendo il risultato in base ad un coefficiente di anticipazione (il cosiddetto “sconto”);

- oppure moltiplicando il danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie.

L’ultimo principio enunciato dalla Corte riguarda il danno futuro. Il pregiudizio patrimoniale, consistente nella necessità di dovere retribuire un’infermiera, che garantisca l'assistenza ad un soggetto invalido, integra un danno permanente, che si produce de die in diem. Si ricorda che tale nocumento consiste nel pregiudizio patrimoniale al cui ristoro il danneggiato ha diritto in virtù del principio di integralità del risarcimento. Infatti, il risarcimento deve coprire “tutto il danno e nulla più che il danno” (art. 1223 c.c.). La liquidazione del nocumento futuro rappresenta un elemento assai delicato, poiché i danni futuri – proprio perché non ancora realizzati – vanno accertati su base prognostica, con un calcolo probabilistico. La liquidazione può avvenire in capitale o rendita, la scelta è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito; dal punto di vista finanziario la liquidazione nell'una o nell'altra forma è indifferente, purché sia correttamente individuato il coefficiente di capitalizzazione (Cass. Ord. 6619/2018). Infatti, occorre considerare il vantaggio ottenuto dal creditore nel ricevere immediatamente una somma, che avrebbe conseguito solo in futuro.

Tra i motivi di ricorso, il danneggiato lamenta il fatto che il giudice di merito abbia impiegato il coefficiente di capitalizzazione contenuto nella tabella allegata al R.D. 1403/1922. La Corte ritiene non adeguatamente motivata la doglianza e la rigetta. Tuttavia, giova ricordare che la giurisprudenza dominante rilevi come tale danno non possa più liquidarsi utilizzando i coefficienti di capitalizzazione approvati con un regio decreto di oltre un secolo fa (R.D. 1403/1922). Infatti, i coefficienti ivi contenuti sono inidonei a consentire un calcolo equitativo del danno, sia a causa dell’aumento della durata media della vita, sia per la diminuzione dei saggi d'interesse (Cass. 16913/2019).

Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ribadisce i principi di diritto già espressi (Cass. 7774/2016), in materia di liquidazione del danno patrimoniale consistente negli esborsi per le spese di assistenza che la vittima deve sopportare per tutta la durata della propria esistenza. In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che, nella liquidazione di tale danno patrimoniale, dal credito risarcitorio vanno detratte le provvidenze accordate alla vittima dal sistema sanitario nazionale e regionale, vale a dire sia i benefici spettanti a titolo di indennità di accompagnamento (L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 5), sia i benefici derivanti dalla legislazione regionale in tema di assistenza domiciliare. Infine, la Corte respinge la richiesta dell’uomo di vedere riconosciute le spese effettuate per l’adeguamento domotico della casa, per l’installazione e manutenzione degli impianti; infatti, le suddette spese non sono state dimostrate, essendo a tal fine insufficiente la mera allegazione dei preventivi. In definitiva, il ricorso dell’uomo e dei suoi familiari viene rigettato e i ricorrenti sono condannati al pagamento delle spese di lite, oltre alla corresponsione dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (art. 13 c. 1 quater DPR 115/2002).

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