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Ripartizione della reversibilità: valgono anche criteri etici (Trib. Roma sez. I sent. 21/04/2015)

La sentenza in commento condivide il principio ormai consolidato in base al quale la ripartizione della quota del trattamento di reversibilità spettante al coniuge superstite in concorso con l’ex coniuge titolare di assegno divorzile non può ridursi ad un puro calcolo matematico della durata dei rispettivi matrimoni ma deve tener conto di tutti gli elementi che emergono nel caso concreto al fine di contemperare la finalità solidaristica imposta dalla legge 898/70, garantendo all’ex coniuge i mezzi necessari a mantenere il tenore di vita che nel tempo l’assegno di divorzio gli avrebbe dovuto assicurare, con le aspettative dell’ex coniuge di mantenere il tenore di vita che il de cuius gli assicurava in vita.

L'art. 9 della legge n. 898/1970, che indica il criterio temporale della durata del rapporto matrimoniale ai fini della ripartizione in oggetto deve essere interpretato nel senso che il giudice di merito ha la possibilità di applicare correttivi di tipo equitativo, tra i quali la durata della convivenza prematrimoniale, riferita al coniuge superstite, e le condizioni economiche delle parti interessate, al fine di evitare che il primo coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per il mantenimento del tenore di vita cui era preordinato l'assegno di divorzio ed il secondo sia privato dei mezzi necessari per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita. Secondo la Cassazione, la ponderazione in concreto dei diversi parametri rientra nel prudente apprezzamento del giudice del merito, fermo restando il divieto di giungere, attraverso la correzione del criterio temporale, sino al punto di abbandonare totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali.(Cass. Civ. 30/06/2014, n. 14793).

Se questo è il principio generale di diritto, è incontestabile che la finalità della normativa sia quella di assicurare una ripartizione tra gli aventi diritto conforme ai principi etici e solidaristici che costituiscono i criteri fondanti di una società civile e democratica.

Il Tribunale di Roma, esercitando il potere/dovere di stabilire quale correttivo, nella fattispecie, abbia valore preponderante, ritiene particolarmente rilevante la durata della convivenza more uxorio tra il de cuius e la sua seconda moglie (in termini, anche Cass.civ. 11/11/11 n. 23670) e la cura morale e materiale data dalla medesima al coniuge. Al riguardo, merita particolare attenzione la considerazione espressa in motivazione circa la rilevanza unicamente di questa convivenza, quale elemento che possa prevalere sul vincolo di durata formale del matrimonio, mentre si reputa del tutto ininfluente quella eventuale che abbia preceduto il primo matrimonio perché non idonea ad elidere il concorrente diritto di alcuno.

Il Giudice attribuisce “valore preponderante” all’assistenza, la cura e il sostegno morale e materiale forniti dalla seconda moglie al marito, gravemente malato sin dall’inizio della relazione e per assistere il quale ella aveva rinunciato alla propria attività professionale, quando le prospettive di vita dello stesso erano già irreversibilmente segnate e che aveva accompagnato sino alla morte (v. anche Cass. Civ. 14/03/2014, n. 6019). Per altro verso, nel raffrontare i redditi delle aventi diritto, il Tribunale prende in considerazione anche l’incremento patrimoniale ottenuto mediante l ‘acquisizione a titolo gratuito della casa coniugale dall’ex coniuge in sede di divorzio “non casualmente effettuata a tacitazione di ogni pretesa derivante dal vincolo familiare” e l’importo dell’assegno divorzile. Queste considerazioni hanno portato il Giudice di merito ad effettuare una ripartizione pari al 30% a favore dell’ex coniuge (a fronte di una sua richiesta del 91%) e al 70% per il superstite, pur in presenza di una durata dell’ effettiva convivenza, rispettivamente, di 14 e 8 anni (a fronte di una formale durata del vincolo matrimoniale rispettivamente di oltre 27 anni e di meno di 3): quindi, in questo caso, i criteri correttivi di natura etica hanno inciso in misura rilevante nella decisione.

Chi scrive ritiene che anche il concetto di “solidarietà post-coniugale”, ossia il dovere di sostenere il coniuge più debole inteso non solo come quello con minor reddito ma anche colui che necessita di assistenza morale e materiale, posto alla base dell’esistenza stessa dell’assegno divorzile, non possa rimanere estraneo ai criteri correttivi dei quali si discute.

Le esigenze di cura e sostegno indubbiamente crescono con il passare degli anni in parallelo con la perdita di autonomia, specie in presenza di significative malattie, e quindi va anche considerato quale dei coniugi abbia fornito al de cuius un maggior apporto in termini di solidarietà - anche in ragione della fase della vita nella quale ha avuto luogo il matrimonio - al fine di assicurare un equilibrio di natura etica tra i diritti del coniuge superstite e dell’ex coniuge.

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