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Mediazione su invito del giudice consentita anche per i diritti indisponibili (Trib. Milano sez. IX

Al giudice è consentito invitare le parti ad avviare il procedimento di mediazione civile anche quando il procedimento ha ad oggetto diritti indisponibili.

E' quanto stabilito dal Tribunale di Milano con ordinanza 15/07/2015.

Nella specie veniva proposta un’azione volta a caducare il vincolo del matrimonio celebrato tra l’attore principale e la convenuta.

Trattasi di azione avente ad oggetto diritti indisponibili, con la conseguenza che non sarebbe applicabile a detta controversia l’istituto della mediazione civile di cui al d.lgs. n. 28/2010.

L’ambito operativo di tale strumento di ADR è infatti in via generale circoscritto, dall’art. 2, c. 1, del richiamato decreto legislativo, alle sole controversie aventi ad oggetto diritti disponibili: “chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili”.

Tuttavia, come noto, la presenza del diritto indisponibile nel procedimento civile non esclude la co-presenza di diritti del tutto disponibili e, quindi, negoziabili.

Difatti, osserva il giudice, “a fronte di una azione che ricada su diritti disponibili è sussistente un interesse sostanziale della parte che (anche solo) indirettamente mira al soddisfacimento di situazione giuridiche soggettive negoziabili”.

Dunque, continua l’ordinanza in commento, in un habitat processuale in cui convivano pretese a giurisdizione necessaria e interessi suscettibili di transazione ben può trovare spazio l’istituto della mediazione civile. In particolare, va al riguardo richiamato il principio secondo cui la mediazione civile è suscettibile di trovare applicazione per quella “parte” di procedimento in cui imperano interessi disponibili e, perciò, negoziabili (v. Cass. Civ., Sez. Un., 22 luglio 2013, n. 17781).

Ciò posto, nell’ordinanza in commento si evidenzia come l’eventuale accordo sulla parte disponibile del processo può poi avere ricadute sul procedimento in generale: difatti, “la composizione del conflitto “spegne” l’interesse delle parti per la procedura giudiziale che può, a questo punto, essere oggetto di atti dispositivi anche indiretti”; l’ordinanza si riferisce ai negozi processuali, ricordando come, ad esempio, la parte attrice ben possa rinunciare alla domanda giudiziale (avente ad oggetto diritti indisponibili).

Nel caso di specie, il soggetto che predicava un interesse morale sovrastante ogni altra pretesa (cioè, il marito) è, purtroppo, deceduto; avendo le parti rimaste in causa (cioè, gli eredi del marito e la moglie superstite) lasciato emergere, al di là della formale posizione processuale, l’effettivo “interesse” nel conflitto di natura squisitamente patrimoniale, il Giudice osserva non solo come detto interesse potrebbe ottenere un soddisfacimento diretto ed effettivo ricorrendo a una strada di composizione del conflitto diversa da quella attivata in sede giurisdizionale, ma anche che l’eventuale sentenza (soprattutto se di accoglimento) non sarebbe idonea a comporre il conflitto (in particolare, mediante l’annullamento del matrimonio la convenuta resterebbe pur sempre nella piena disponibilità di beni trasmessili in vita del de cuius; beni rispetto ai quali, potrebbero profilarsi altre azioni).

Nella specie, quindi, il Giudice conclude stimando che una soluzione opportuna per le parti potrebbe essere quella di un accordo bonario in merito alla divisione del patrimonio del de cuius mediante l’assistenza di uno o più mediatori.

Il Giudice, però, non dispone la mediazione ex ufficio a norma del nuovo art. 5, c. 2, d.lgs. n. 28 del 2010, scegliendo, invece, di invitare le parti alla mediazione, lasciandole libere di aderire o meno all’invito.

Sul punto appare opportuno precisare quanto segue.

Come noto, con la riforma della disciplina della mediazione del 2013 (d.l. n. 69/2013, conv., con mod. in l. n. 98/2013), l’istituto della c.d. mediazione su invito del giudice è stato sostituito dalla c.d. mediazione ex officio: il giudice oggi non invita più le parti ad intraprendere un percorso di mediazione, ma, a norma del nuovo art. 5, c. 2, d.lgs. n. 28/2010, “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.

Ciò posto, con l’ordinanza in commento si osserva che la nuova formulazione dell’art. 5, c. 2, d.lgs. n. 28/2010 non è incompatibile con un generale potere del giudice di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: l’espunzione dell’istituto della c.d. mediazione demandata, dunque, osserva il Giudice, “non esclude e nemmeno limita la facoltà del giudicante di sollecitare una riflessione nei litiganti, mediante invito a rivolgersi spontaneamente ad un organismo di mediazione”, ricadendo nell’ambito dei “normali poteri di governance giudiziale” (175 c.p.c.).

Pertanto, conclude sul punto l’ordinanza in commento, “è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del dlgs 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria”.

Tutto ciò considerato, il Giudice, nella fattispecie concreta in analisi, invita quindi le parti (che nella specie hanno aderito all’invito) a sperimentare un percorso di mediazione civile avente ad oggetto le questioni vertenti su diritti disponibili (e quindi in ordine ai diritti sul patrimonio del de cuius), fermo il monopolio della giurisdizione sull’azione di annullamento.

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