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Patteggiamento va rivisto se legge successiva è più favorevole (Cass. Pen. sez. III sent. 13/02/2017

Nel caso in esame la Corte di Cassazione ha statuito che la pena applicata con la sentenza di patteggiamento sulla base di una cornice edittale successivamente modificata in senso più favorevole all'imputato sia da considerarsi pena illegale e, come tale, idonea a travolgere l'accordo intervenuto fra le parti e ratificato dal giudice, con conseguente annullamento senza rinvio della medesima sentenza.

Il caso

Tizio ricorreva avverso la sentenza di patteggiamento con la quale il giudice di prime cure aveva ritenuto congrua la pena applicatagli (10 mesi di reclusione e € 2.000 di multa) per il reato di detenzione ai fini di spaccio, assumendo che, per le modalità della condotta, la giovane età e il modico quantitativo (5,38 gr di cocaina, 0,257 mdna e 0,051 marjuana), la pena avrebbe dovuto essere maggiormente contenuta nei minimi edittali dell'art. 73 c. 5, D.P.R. n. 309/90.

Il precedente delle Sezioni Unite e il quadro di riferimento

Il caso oggetto di ricorso ha offerto il destro alla Corte assegnataria dello stesso per precisare e applicare i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità sulla censurabilità in punto pena della sentenza di patteggiamento e sui poteri d'ufficio del Supremo Consesso.

Come noto, la sentenza di patteggiamento - appellabile dal solo pubblico ministero nel solo caso di pena applicata malgrado il suo dissenso - è senz'altro ricorribile per cassazione, ancorché la natura pattizia della stessa impedisca la messa in discussione dei presupposti di fatto inerenti la responsabilità dell’imputato oltre che la deducibilità di vizi incompatibili con la richiesta formulata.

Una volta che l’accordo tra l’imputato ed il pubblico ministero sia stato ratificato dal giudice con la sentenza di patteggiamento, il ricorso per cassazione può essere diretto a denunciare l’erronea concessione delle circostanze attenuanti, il vizio di motivazione se dal testo della sentenza appaia evidente la sussistenza di cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p. c. 1, l’errore manifesto sulla qualificazione giuridica del fatto allorquando sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati e, per quel che ci interessa con riguardo al caso in esame, l'illegalità della pena (per tale intendendosi quella che non corrisponde, per specie ovvero per quantità, alla pena astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice).

Orbene, sul tema della illegalità della pena e, in particolare, sulla rilevabilità d'ufficio della stessa sono intervenute di recente le SS.UU. della Corte di Cassazione (sentenza 46653/2015, richiamata nella sentenza in esame) con riferimento ai processi in tema di stupefacenti i cui fatti-reato sono stati commessi nella vigenza della L. n. 49 del 2006, dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 32 del 2014, che ha determinato la reviviscenza delle norme precedenti.

Le SS.UU. hanno statuito che è illegale la pena determinata in relazione ad una cornice edittale prevista da una norma dichiarata incostituzionale, anche allorquando rientri nella forbice edittale delle norme ripristinate (e non solo quando la superi): in questo caso, hanno precisato, “si tratta di una illegalità particolare, perché ciò che è illegale non è la sanzione in sé, quanto l’intero procedimento di commisurazione giudiziale”, che si è basato su criteri edittali mai esistiti, portando all'applicazione di una pena in contrasto con il principio di proporzionalità e di colpevolezza: “il venir meno per contrarietà alla Costituzione – con efficacia ex tunc – della cornice edittale che ha guidato il giudicante nella delicata attività di “misurazione della responsabilità” finisce con il travolgere la stessa pena in concreto inflitta, vale a dire il “risultato finale” di detta misurazione, perché, non essendo più attuale il giudizio astratto di disvalore del fatto (essendosi modificata la forbice sanzionatoria edittale), la misurazione compiuta non traduce più – per effetto del mutamento dei parametri di riferimento – né coerentemente né correttamente il giudizio di responsabilità”.

Nell'ambito del patteggiamento l’illegalità della pena rende invalido l’accordo concluso dalle parti e ratificato dal giudice, inficiando la stessa sentenza che lo ha recepito, il cui annullamento deve essere disposto senza rinvio affinché le parti del processo possano rinegoziare l’accordo su altre basi e nel caso contrario il procedimento proseguire il suo corso.

Un aspetto di peculiare interesse in tema di illegalità della pena, affrontato dalle SS.UU. e risolto positivamente salvo l'eccezione di cui si dirà, attiene poi, non solo per l' appunto alla deducibilità con il ricorso per cassazione dell'illegalità della pena, ma anche e soprattutto alla sua rilevabilità d'ufficio dal giudice di legittimità, persino nei casi in cui il ricorso sia inammissibile e come tale vada dichiarato.

L'unico caso in cui la Suprema Corte ha ritenuto non rilevabile d'ufficio l'illegalità della pena è quello del ricorso inammissibile per decorso del termine di impugnazione in quanto sin dall'origine inidoneo a instaurare un valido rapporto processuale, per effetto della trasformazione (con il decorso del termine derivante dalla mancata proposizione dell’impugnazione) del giudicato sostanziale in giudicato formale. In quest'ultimo caso l'illegalità della pena può essere dedotta in fase di esecuzione, grazie alla giurisdizionalizzazione del procedimento esecutivo non più secondario e accessorio al procedimento di cognizione ma complementare ad esso.

Questo il quadro nel quale si è inserita la sentenza in esame.

La decisione della Corte

Con la sentenza in esame, la Corte di cassazione, preliminarmente riscontrando che il regime sanzionatorio della fattispecie portata al suo esame è stato modificato nel corso del tempo per essere fissato in quello attuale ricompreso fra 6 mesi e 4 anni di reclusione e € 1.032 e 10.329 di multa, ha ravvisato nel caso di specie un caso di sopravvenuta illegalità della pena. Ciò ha fatto in applicazione di quanto statuito dalle SS.UU. con la sentenza 46653/2015, con la quale è stata prevista la possibilità, nel giudizio di cassazione, di rilevare d'ufficio gli effetti delle modifiche normative attinenti al piano sanzionatorio in omaggio ai principi che governano l'applicazione della pena: finalità rieducativa, uguaglianza e proporzionalità.

Poiché nel caso di specie era stata applicata la pena sulla base di parametri edittali poi modificati in melius, la sopravvenuta illegalità della pena, travolgendo lo stesso accordo delle parti, ha determinato l'annullamento senza rinvio e la trasmissione al tribunale a quo per l'ulteriore corso.

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