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Messa alla prova con esito positivo blocca l’azione civile in sede penale (Cass. Pen. sez. V sent. 0

L'esito positivo del probation preclude il risarcimento dei danni in sede penale.

E' quanto risulta dalla sentenza del 07/07/2017, n. 33277 della V Sezione penale.

La vicenda di merito si concludeva con la declaratoria di estinzione del reato di lesioni commesso da Tizio ai danni di Caio, in ragione dell'esito positivo della prova; il giudice di prime cure condannava, tuttavia, l'imputato al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della parte civile, oltre alla rifusione delle spese di difesa della parte civile. L'imputato proponeva, quindi, ricorso per cassazione assumendo, tra l'altro, l'incompatibilità fra la declaratoria di estinzione del reato per l'esito positivo della messa alla prova e la condanna al risarcimento dei danni.

La sentenza che si annota offre lo spunto per ricordare sommariamente le caratteristiche dell'istituto che viene in considerazione all'esame della Corte: la sospensione del processo con messa alla prova, introdotta con Legge 28/04/2014, n. 67 entrata in vigore il 17/05/2014. Si tratta, com'è noto, di una modalità alternativa di definizione del processo, mediante la quale è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, laddove il periodo di prova cui acceda l'indagato/imputato, ammesso dal giudice in presenza di determinati presupposti normativi, si concluda con esito positivo.

L'istituto in questione ha natura consensuale e funzione di riparazione sociale e individuale del torto connesso alla consumazione del reato.

Consiste in concreto nello svolgimento degli impegni indicati nel programma di prova predisposto dall'indagato/imputato di concerto con l’ufficio esecuzione penale esterna competente per territorio, qualora sia stato ritenuto idoneo dal giudice.

Sotto il profilo contenutistico, le disposizioni normative (art. 168 bis c.p.) prevedono che la messa alla prova comporti la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato: questo, ovviamente, sempre che il reato, strutturalmente e nel caso concreto, abbia delle conseguenze nei termini indicati. Nella stessa ottica va valutata la possibilità di condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa (art. 464 bis, c. 4, lett. c) qualora la stessa sia disponibile a intraprendere il percorso di mediazione con l’imputato. É ancora previsto che la messa alla prova comporti l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare tra l’altro attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. E' infine previsto che condizione indispensabile per l'ammissione all'istituto sia la previsione in programma dello svolgimento di un lavoro di pubblica utilità ovvero (art. 168 bis c. 3, c.p.) di una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.

Lo svolgimento del programma di trattamento avviene sotto i controllo dell'Ufficio esecuzione penale esterna il quale, alla scadenza del periodo di prova, trasmette al giudice una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima.

Valutata tale relazione nel contraddittorio tre le parti, il giudice, allorquando ritenga che la prova abbia conseguito i risultati prefissati, pronuncia sentenza, ordinariamente impugnabile, con la quale dichiara il reato estinto, senza tuttavia pregiudizio per l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie che rimangono di competenza dell’autorità amministrativa (art. 168 ter c.p.).

Qualora l’esito della prova sia negativo, il giudice, ai sensi dell’art. 464 c. 2 septies, c.p.p. dispone con ordinanza, non impugnabile (per il principio di tassatività, non essendone prevista l'impugnazione) che il processo riprenda il suo corso dalla fase in cui è intervenuta la sospensione: in tal caso, ove il processo esiti in una condanna definitiva, il pubblico ministero, in sede di esecuzione della pena, dovrà detrarre un periodo corrispondente a quello della prova eseguita ragguagliando, a norma dell’art. 657 bis c.p.p., tre giorni di prova a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a € 250 di multa o di ammenda.

Queste, in pillole, le caratteristiche dell'istituto di marca anglosassone che, dopo l'esperienza del rito minorile e di quello davanti al giudice di pace, è stato esteso anche al processo penale per adulti.

La Corte di Cassazione, dopo aver proceduto ad una ricognizione della disciplina e delle caratteristiche sostanziali e processuali dell'istituto, ha posto l'attenzione sui rapporti fra la sospensione del procedimento con messa alla prova ed il risarcimento del danno: ha osservato a riguardo come l'avere subordinato la concessione della messa alla prova all'impegno risarcitorio dell'imputato e l'avere previsto la revoca o la declaratoria di esito negativo in caso di suo inadempimento induca a ritenere che il risarcimento della vittima sia presupposto imprescindibile dell'istituto, unitamente alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. E che, laddove le prescrizioni imposte dal giudice ai sensi dell'art. 464 quinquies c.p.p. non rispondano alle pretese della parte offesa, questa possa tutelarle in sede civile.

Ha osservato la Corte, richiamando un precedente che ha fissato tale principio nell'ambito della procedura davanti al giudice di pace, che, poiché ai sensi dell'art. 652 c.p.p., solo la sentenza di assoluzione pronunciata in giudizio, in seguito a dibattimento, per insussistenza del fatto, mancata commissione dello stesso da parte dell'imputato o ricorrenza di un'esimente ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile di responsabilità, se il danno viene interamente risarcito, la parte offesa, già costituita parte civile non avrà nulla di cui lamentarsi; in caso contrario, nell'eventuale giudizio civile di danno, la parte civile non potrà risentire alcun pregiudizio dalla sentenza di proscioglimento intervenuta nella specie, poiché l'eventuale risarcimento parziale o, in ipotesi, l'assenza di un totale risarcimento, non potranno rivestire autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno.

Ed invero, ha chiosato la Corte, la valutazione che il giudice compie all'esito della prova non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilità sicché, la decisione assunta, nell'ipotesi di esito positivo della messa alla prova, non potrà avere alcuna incidenza sull'eventuale giudizio civile instaurato per il risarcimento del danno.

Se, pertanto, la valutazione del giudice circa la natura della riparazione e l'entità del risarcimento collima con le pretese della parte civile non si pone alcun problema; qualora invece vi sia discordanza, un'eventuale diversa richiesta od altre doglianze della parte civile non determinano, se non condivise dal giudice, la revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ne impediscono la pronuncia della sentenza di estinzione, ma naturalmente non pregiudicano la parte in sede civile.

D'altra parte poiché il giudice formula le sue prescrizioni in tema di risarcimento del danno preventivamente rispetto alla decisione circa l'estinzione del reato, se le ritiene adempiute correttamente, pronuncia sentenza di estinzione del reato che non pregiudica l'eventuale azione civile, in caso contrario, ed eventualmente anche su sollecitazione della parte offesa, pronuncerà l'ordinanza di revoca.

Non esiste”, ha precisato la Corte, “un terzo genere di pronuncia che, all'effetto estintivo del reato, aggiunga la condanna al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese in favore della parte civile, per il semplice motivo che, ove il giudice non ritenesse interamente risarcito il danno non potrebbe dichiarare che la prova ha avuto esito positivo nel rispetto delle prescrizioni stabilite” (così la sentenza che si annota).

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha annullato senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili e ai fini della loro eliminazione.

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