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Notificazione a mezzo posta e ritardo imputabile all’agente postale. Chi ne risponde? (Cass. Civ. Se

"A fronte dell’azione risarcitoria esperita dal notificante in relazione a danni derivati da ritardo dell’agente postale incaricato della notificazione, quest’ultimo risulta privo di legittimazione passiva, operando non sulla base di un rapporto obbligatorio con la parte, ma in veste di ausiliario dell’ufficiale giudiziario, il quale è il solo responsabile nei confronti dell’istante, sul fondamento del rapporto di mandato che s’instaura ex lege a seguito del ricevimento della richiesta di notifica".

Il caso L’attore agisce in giudizio contro Poste Italiane s.p.a., chiedendo il risarcimento del danno subito a causa del tardivo recapito degli avvisi di ricevimento di atti giudiziari notificati a mezzo posta. Vittorioso in primo grado, l’attore soccombe in appello dove il giudice accoglie l’eccezione delle Poste di difetto di legittimazione passiva (i.e. di difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio).

La Corte di cassazione ha confermato la sentenza di appello enunciando il principio riportato in epigrafe. A sostegno della decisione, la Suprema Corte adduce due considerazioni. Da un lato osserva che, in materia di notifiche di atti giudiziari, l’agente postale è «pacificamente» un ausiliario dell’ufficiale giudiziario (citando sul punto, in particolare, C. Cost, 26/11/2002, n. 477, relativa alla scissione degli effetti della notificazione di cui al nuovo terzo comma dell’art. 149, co. 3, c.p.c.); dall’altro lato, l’art. 6, L. 20/11/1982, n. 890, nel regolare specificamente il profilo della responsabilità dell’agente postale, prevede il versamento di una indennità dall’Amministrazione postale all’ufficiale giudiziario e non direttamente alla parte che ha chiesto la notificazione.

Entrambe le delineate rationes decidendi non paiono così univoche come predicato dalla Corte, soprattutto alla luce della natura «indennitaria» (non «risarcitoria») dell’importo contemplato dal citato art. 6: dettaglio che avrebbe forse dovuto suggerire di non estendere la portata precettiva della norma al di là dei rapporti tra Poste Italiane s.p.a. e ufficiale giudiziario; per di più, con il risultato di limitare soggettivamente le prospettive risarcitorie di un soggetto terzo.

La sentenza non fornisce maggiori dettagli sul danno lamentato; si deve comunque supporre che il tardivo recapito dell’avviso di ricevimento abbia impedito la prova della notifica, comportando la dichiarazione della relativa inesistenza (Cass., ord., 5 aprile 2011, n. 7761). In casi simili, la diligenza del notificante può comunque giustificare la remissione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c. (Cass., S.U., 14 /01/2008, n. 627, nell’ambito di un obiter dictum riferito alla tempestiva richiesta di un duplicato dell’avviso predetto); peraltro, l’operatività di tale istituto, unitamente alla sanatoria ex tunc delle nullità in virtù del raggiungimento dello scopo ex art. 156, co. 3, c.p.c. o della rinnovazione della notifica ex art. 291, co. 1, c.p.c., nel ridurre la probabilità di effettivi pregiudizi connessi ad errori dell’agente postale, vale almeno in parte spiegare la novità della questione trattata.

Giova infine segnalare che l'agente postale può altresì danneggiare l’istante dando luogo all’inesistenza della notifica attraverso l’omissione della firma e della data sull’avviso di ricevimento (Cass., 08/11/2013, n. 25138, Id., 03/03/1998, n. 2327, per la sufficienza della sigla) e consegnando l’atto notificato a persona diversa dal destinatario in un luogo estraneo a quest’ultimo (Cass., 04/02/2000, n. 1218).

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