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L'archiviazione per particolare tenuità va nel casellario ma non nei certificati (Cass. Pen. SS.

ll provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto deve essere iscritto nel casellario giudiziale ma di questo non vi è menzionato nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della Pubblica Amministrazione.

E' quanto emerge dalla sentenza delle SS.UU. in esame.

La questione di diritto per la quale il ricorso era stato rimesso alle SS.UU. era: “Se il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p., debba essere iscritto nel casellario giudiziale, ai sensi del D.P.R. 14/11/2002 n. 313, art. 3 c. 1 lett. f), come modificato dal D.Lgs. 16/03/2015, n. 28 art. 4”.

Un primo orientamento giurisprudenziale riteneva che i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto non potessero essere iscritti nel casellario giudiziale, in quanto l'applicazione dell'art. 131 bis c.p., presuppone l'accertamento della responsabilità dell'indagato per il fatto di reato contestato e quindi dovrebbe dubitarsi della compatibilità costituzionale della disposizione relativa alla archiviazione qualora tale provvedimento effettivamente determini un effetto pregiudizievole quale quello dell'iscrizione del casellario, posto che all'interessato non viene attribuita la possibilità di rinunziare alla causa di non punibilità ovvero di impugnare il merito della decisione dinanzi ad una giurisdizione superiore (Cass. Pen. Sez. III 26/01/2017, n. 30685).

Sempre nel ritenere che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non debba essere iscritto nel casellario in quanto detta iscrizione si risolverebbe in una violazione di diritti costituzionalmente tutelati dell'indagato erano Cass. Pen. Sez. III 27/06/2017, n. 45601 e Cass. Pen. Sez. III 26/06/2017, n. 46379.

Secondo diversa impostazione, invece, si afferma che, nello stabilire l'ambito di applicazione dell'art. 131 bis c.p., occorre fare riferimento non solo alla gravità del reato desunta dalla pena edittale, ma anche dal profilo soggettivo afferente alla non abitualità della condotta (Cass. Pen. SS.UU. 25/02/2016 n. 13681). Secondo gli ermellini, la procedura di memorizzazione delle pronunzie adottate per tenuità dell'offesa costituisce strumento essenziale per la stessa razionalità ed utilizzabilità dell'istituto, mentre l'assenza di annotazione determinerebbe, incongruamente, la possibilità di concessione della non punibilità molte volte nei confronti della medesima persona.

Preso atto di tale contrasto giurisprudenziale, le SS.UU. ritengono che l'orientamento per cui i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto non debbano essere iscritti nel casellario giudiziale non possa essere condiviso. La Relazione ministeriale allo schema del D.Lgs. n. 28/2015, evidenzia l'intimo collegamento esistente tra la memorizzazione di tutti i provvedimenti che hanno applicato il nuovo istituto e l'effettiva operatività della condizione di non abitualità del comportamento.

Tale condizione presuppone, per la corretta applicazione dell'art. 131 bis c.p., anche la considerazione dei pregressi reati della stessa indole commessi dall'autore. Inoltre, la novella del 2015 parla espressamente di iscrizione dei “provvedimenti giudiziari” e non dei “provvedimenti giudiziari definitivi”, il che presuppone l'avvenuta iscrizione di tutti i provvedimenti concernenti la particolare tenuità del fatto, compresi quelli di archiviazione.

Ciò precisato, gli ermellini enunciano il seguente principio di diritto: “Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p., deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della Pubblica Amministrazione”.

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