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Reclamo cautelare, omessa notifica ''per disguido'': il ricorso è improcedibile (Tri

La mancata messa in notifica del ricorso per reclamo cautelare e del pedissequo provvedimento presidenziale di fissazione dell’udienza produce l’improcedibilità del gravame, ove vi sia stata tempestiva comunicazione al reclamante del decreto medesimo da parte della Cancelleria, ovvero ove il vizio riguardi procedimento per il quale si applica il nuovo processo civile telematico.

È quanto ha stabilito il Tribunale di Firenze che, nell’ordinanza in commento, ha affrontato il problema della eventuale sanabilità dell’omessa notifica del reclamo e del provvedimento presidenziale di fissazione dell’udienza collegiale alla parte reclamata nei procedimenti ex art. 669 terdecies c.p.c. (cd rito cautelare uniforme).

In particolare, nella presente vicenda, la parte reclamante chiedeva di essere rimessa in termini per la notifica del reclamo (e del provvedimento di fissazione dell’udienza) “omessa per un disguido”, invocando a tal fine il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte nella sentenza n. 5700/14.

In tale pronuncia, la Cassazione, affrontando la tematica delle conseguenze processuali della omessa notifica da parte del ricorrente del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza nel procedimento camerale per la liquidazione dell’equo indennizzo per la irragionevole durata del processo (L. n. 89/2001), ha affermato il principio secondo cui “In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell'ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica…In definitiva, non si dubita che il legislatore possa condizionare l'esercizio di atti di difesa giudiziale al rispetto di termini, anche a pena di improcedibilità o di inammissibilità: ma, in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, non è lecito presumere che una tale conseguenza sia prevista implicitamente in situazioni nelle quali non risulti, al contempo, garantito alla parte onerata dal rispetto del termine la tempestiva conoscenza del momento dal quale esso prende a decorrere. Nei procedimenti camerali, come quello di cui si tratta, non è previsto un onere di comunicazione al difensore del ricorrente, a cura della cancelleria, della data di fissazione della udienza: il giudice è tenuto solo al deposito del decreto, ma non anche a disporre la relativa comunicazione, incombendo sul ricorrente l'obbligo di attivarsi per prendere cognizione dell'esito del proprio ricorso…”.

A seguito di tale pronuncia, la Suprema Corte ha poi emesso due altre decisioni, a sezioni semplici, con le quali ha esteso il principio ut supra anche al procedimento per reclamo avanti alla Corte di Appello dell’ordinanza di modifica delle condizioni di divorzio ed a quello di appello, da introdursi secondo rito camerale, avverso la sentenza del Tribunale di divorzio ex L. n. 74/1987, evidenziando che, pur trattandosi di procedimenti impugnatori, anche in tali casi la Cancelleria non aveva alcun onere di comunicare all’appellante il provvedimento di fissazione dell’udienza e di concessione del termine per la notifica.

In buona sostanza, la S.C. con tali decisioni ha espressamente affermato l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 291 c.p.c. a tali procedimenti malgrado la loro natura impugnatoria, valorizzando, e rendendo decisivo, l’argomento già valorizzato dalle Sezioni Unite con riferimento agli appelli di rito lavoro, ovvero la mancanza dell’obbligo per l’ufficio di comunicazione del decreto.

Ma per il Tribunale di Firenze l’ estensione ai giudizi di natura impugnatoria introdotti con ricorso del principio di diritto di cui alla sentenza delle Sezioni Unite sopra citata non è pienamente condivisibile.

Infatti, nei procedimenti aventi struttura impugnatoria, il principio di ragionevole durata del processo impone di sanzionare le eventuali omissioni o tardività imputabili a colpa della parte impugnante, pena il sacrificio e/o la compressione dell’interesse della parte impugnata a veder consolidati gli effetti della decisione di primo grado.

Inoltre, il suddetto principio di diritto, malgrado l’autorevolezza della fonte, deve essere riconsiderato “sia laddove risulti che comunque, al di là dell’esistenza di un obbligo legale, la Cancelleria abbia in concreto comunicato al reclamante il decreto contenente il termine per la notifica, sia in forza di considerazioni inerenti la entrata in vigore delle disciplina in materia di processo civile telematico e le diverse ed assai più agevoli modalità con cui la parte impugnante può prendere conoscenza del provvedimento di fissazione dell’udienza”.

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