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Decreto ingiuntivo va revocato se creditore opposto non promuove la mediazione (Trib. Ferrara sent.

Sta suscitando vivo interesse la sentenza del Tribunale di Ferrara, emessa in data 07/01/2015 dalla Dott.ssa Anna Ghedini e secondo cui la mancata instaurazione, a cura del creditore opposto, della mediazione nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo comporta la revoca del decreto stesso.

Appaiono evidenti le conseguenze di tale asserto.

Il creditore si vedrebbe onerato di un ulteriore adempimento, l’instaurazione del procedimento di mediazione, sostanzialmente superfluo per lui, semplicemente a causa dell’opposizione promossa dal debitore che vedrebbe ulteriormente allontanarsi il momento dell’esecuzione forzata in base del titolo già in possesso della controparte.

Prima di esaminare il percorso argomentativo seguito dalla Corte emiliana e vagliarlo alla luce dell’opposto orientamento giurisprudenziale esistente sulla questione, è opportuno esaminare il dettato normativo del d.lgs. 28/2010 riguardo alla mediazione dei giudizi di opposizione, per comprendere con chiarezza i termini della questione.

L’art. 5 c. 4 lett. a del d.lgs. 28/2010 prevede l’inapplicabilità dei commi 1-bis (che prevede, come il vecchio comma 1, le materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità) e 2 (che prevede le condizioni per la mediazione in sede d’appello) ai “procedimenti di ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione delle provvisoria esecuzione” .

La scarsa chiarezza del dettato legislativo ha condotto le corti di merito, a cominciare dal Tribunale di Varese con l’Ordinanza del giorno 18/05/2012, G.U. Dott. G. Buffone, a ritenere che le pronunce di cui agli art. 648 (provvisoria esecuzione) e art. 649 (sospensione della provvisoria esecuzione) c.p.c., riattivino, a pena di improcedibilità, l’onere di promuovere la mediazione.

Ciò ha posto un duplice ordine di problemi.

Il primo su chi gravi tale onere e il secondo sulle conseguenze di un’eventuale improcedibilità.

La già citata ordinanza del Tribunale di Varese, emessa prima della dichiarazione di incostituzionalità del D.lgs. 28/2010 decretata dalla nota sentenza n. 272 del 06/12/2012, ha osservato, dopo aver respinto l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, che il soggetto onerato ad esperire la mediazione è il creditore opposto il quale, in base di una costante e autorevole Giurisprudenza (cfr Cass. S.U. 19246/10 e Cass. Sez. 1 8539/11), è attore “sostanziale” nel giudizio di opposizione salvo che, precisa il giudice lombardo, il debitore non proponga domande riconvenzionali o verso terzi (quindi eserciti una vera e propria azione) che farebbero ricadere su di lui tale incombenza.

Ciò perché, secondo l’ordinanza de quo, l’opposizione a decreto ingiuntivo “non costituisce un’iniziativa processuale autonoma, ma la reazione difensiva all’impulso procedimentale altrui. Peraltro, una interpretazione differente, evidentemente crea uno squilibrio irragionevole ai danni del debitore che non solo subisce l’ingiunzione di pagamento a contraddittorio differito, ma nella procedura successiva alla fase sommaria viene pure gravato di un altro onere che, nel procedimento ordinario, non spetterebbe a lui

La pronuncia in esame ha risolto, poi, la questione di un eventuale mancato esperimento della mediazione stabilendo che l’improcedibilità della domanda riguarda la “domanda giudiziale” ossia quella della fase monitoria promossa dal creditore-attore sostanziale.

La sentenza del Tribunale di Ferrara, a sua volta, riportando e integrando con ulteriore Giurisprudenza (cfr. Cass. 1586/2012 e Cass. 23583/2010) le argomentazioni del Tribunale di Varese sul ruolo di “attore sostanziale” ricoperto dal creditore ha affrontato anche le obiezioni mosse da quelle pronunce, come quella del Tribunale di Firenze del 30/10/2014 che verrà analizzata a breve, che negano la revoca del decreto ingiuntivo in caso di mancato esperimento della mediazione da parte del creditore.

In estrema sintesi la sentenza della Corte emiliana sostiene quanto segue:

1) la revoca del decreto non contrasta la sua natura decisoria, in quanto lo stesso assume definitività solo nel caso di mancata opposizione o di opposizione vittoriosa da parte del creditore opposto;

2) ritenere decisivo l’argomento che la revoca del decreto, costringendo la parte ad instaurare un nuovo procedimento, aggraverebbe il carico giudiziario, vorrebbe dire far prevalere ragioni relative al carico degli uffici giudiziari sulla corretta interpretazione della norma;

3) appare del tutto razionale che l’onerato anche al pagamento delle spese di mediazione sia il creditore opposto anche in considerazione della circostanza che tale obbligo sarebbe stato pacifico se egli avesse scelto la via ordinaria per far valere il suo diritto.

Si può osservare che per il Tribunale adito sostenere la natura provvisoria del decreto ingiuntivo nei termini sopra indicati vuol dire che lo stesso è revocabile anche nel caso in cui la parte (il creditore-attore sostanziale) non ha adempiuto all’obbligo della mediazione con la conseguente “improcedibilità della domanda monitoria.”

Tale impostazione, già contestata in precedenza dalle sentenze del Tribunale di Rimini, del 05/08/2014 di quello di Firenze del 30/10/2014, è stata ulteriormente criticata, dopo la sentenza de quo, anche dalle pronunce del Tribunale di Firenze del 21/04/2015, del Tribunale di Nola del 24/02/2015 e del Tribunale di Bologna del 20/05/2015.

Esaminiamo nel dettaglio tali pronunce e le relative conclusioni sulla questione.

Il Tribunale di Rimini, in persona del Giudice dott. Dario Bernardi, con una serie di considerazioni di ordine logico-giudirico ha spiegato a quali incongrue conseguenze porterebbe la revoca del decreto ingiuntivo in caso di mancato esperimento della mediazione da parte del creditore opposto. Tale revoca, secondo l’organo giudicante, “importerebbe un risultato “eccentrico” rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta dell’ingiunto

Il giudice adito ha sostenuto, inoltre, che, in concreto, la revocabilità del decreto ingiuntivo condurrebbe ed esiti contrari alla finalità deflattiva del procedimento di mediazione in quanto l’opposto, già munito di un titolo, verrebbe onerato di un adempimento per lui inutile in caso di decisione positiva riguardo alla provvisoria esecutività del decreto.

Tale pronuncia, come si vede, pone maggiore attenzione all’attore in senso formale (quindi il debitore ingiunto) del giudizio di opposizione quale soggetto che ha un concreto interesse al procedimento di mediazione rispetto al creditore già in possesso di un titolo.

A tale sentenza ha fatto seguito quella del Tribunale di Firenze, G.I. Dott. Alessandro Gherlardini, che, dopo aver dato conto dei due opposti orientamenti in materia, ha stabilito che la mancata attivazione della procedura di mediazione “al di là della terminologia utilizzata dal Legislatore e dalla sanzione prevista (improcedibilità della domanda giudiziale, anche in appello), altro non è che una forma qualificata di inattività delle parti per avere le stesse omesso di dare esecuzione all’ordine del giudice. E’ noto che secondo la legge processuale l’inattività delle parti rispetto a specifici adempimenti comporta, di regola, l’estinzione del processo”.

Secondo il Giudice adito si arriverebbe, quindi, all’estinzione del processo e alla definitiva esecutività del decreto ingiuntivo anche in considerazione del fatto che il debitore non potrebbe, in questo caso, riproporre l’azione, così come previsto ex art. 310 c.p.c., a ciò ostando il disposto di cui all’art. 653 c. 1 c.p.c. che prevede che in caso di estinzione del processo “il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva

Tale conclusione, peraltro, sarebbe coerente con ciò che avviene negli istituti dell’ opposizione tardiva (art. 641 c.p.c.), del mancato rispetto dei termini per proporre l’appello (art. 325 c.p.c.) o della decadenza dallo stesso (art. 327 c.p.c.) e della tardiva costituzione in appello (art. 348 c.1 c.p.c.). Tutti casi in cui il provvedimento giudiziale diviene definitivo.

Il Tribunale di Firenze ha, poi, posto anch’esso l’accento sulle conseguenze a cui condurrebbe la revoca del decreto ingiuntivo. Osservazioni che come, tuttavia si è visto, sono state in parte oggetto di contestazione da parte della sentenza del Tribunale di Ferrara.

In sostanza, per il Giudice toscano la revoca del decreto:

1) configurerebbe una sorta di “improcedibilità postuma” del provvedimento che colpirebbe un atto idoneo ad assumere la natura di giudicato sostanziale, sebbene ancora impugnabile tramite l’opposizione, creando una sanzione processuale inedita per l’ordinamento;

2) costringerebbe il creditore a riproporre da capo la sua pretesa con conseguenze del tutto incongrue rispetto alla ratio deflattiva della mediazione, specie nel caso della mediazione delegata in appello;

3) dovrebbe, per coerenza di ratio, applicarsi anche alle ordinanze ingiuntive ex artt. 186 bis e ter con tutte le conseguenze del caso.

Il Giudicante osserva, inoltre, che l’esperimento della mediazione da parte del debitore non causerebbe un eccessivo onere a suo carico, in quanto la condizione di procedibilità sarebbe avverata anche in caso di primo incontro con verbale negativo, una situazione che, a norma del dlgs 28/2010, prevede che nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione se non, come è noto, trascurabili spese di registrazione di poche decine di euro.

La successiva sentenza emessa in data 21/04/2015 dal medesimo giudice del Tribunale fiorentino ha specificato poi che, se il legislatore avesse voluto onerare l’attore sostanziale del procedimento di opposizione (ossia il creditore opposto) di esperire la mediazione, l’inciso dell’art. 5 c. 1 bis d.lgs. 28/2010, che esclude la mediazione per“nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione” fino alla decisione sulla provvisoria esecutività o meno del titolo, rappresenterebbe una specificazione inutile, dato che l’onerato sarebbe sempre lo stesso soggetto.

La decisione del Tribunale di Nola del 24 Febbraio 2015, G.I. Dott.ssa Maria Gabriella Frallicciardi, richiamata anche dalla seconda sentenza del Tribunale di Firenze, ha poi affermato che l’orientamento che prevede la revoca del decreto ingiuntivo, conduce all’assurda conseguenza di far ricadere sull’ “ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto”.

Da ultimo, va dato conto della pronuncia emessa dal Tribunale di Bologna del 20.05.2015 la quale

ha ribadito che è il debitore opponente e non il creditore opposto che ha un interesse concreto a “coltivare” il giudizio di opposizione e quindi anche a far esperire la mediazione e che, se la condizione di procedibilità avesse effetti sul decreto ingiuntivo, si creerebbe una sorta di “improcedibilità postuma della domanda monitoria” che avrebbe conseguenze del tutto opposte rispetto al caso previsto dall’art. 647 c.p.c. e che lederebbero gli scopi deflattivi della mediazione.

Volendo riassumere: l’orientamento favorevole alla revocabilità del decreto ingiuntivo fa leva sul ruolo del creditore come attore sostanziale del giudizio d’opposizione, una tesi che, seppur teoricamente condivisibile in base alle pronunce della Suprema Corte, conduce, così come osservato dai sostenitori della teoria opposta, a conseguenze del tutto dissonanti col sistema processuale che rendono certamente preferibile la tesi del consolidamento del decreto.

Ciò perché, innanzitutto, la tesi della revocabilità comporta l’improcedibilità di un giudizio (quello di concessione del decreto) già concluso e onera il creditore ad avviare una procedura per la quale non ha nessun interesse essendo già dotato di un titolo, in contrasto con il principio di cui all’art. 100 c.p.c., in quanto l’interesse concreto alla mediazione è certamente in capo al debitore.

In secondo luogo, tale approccio contrasta con la natura deflattiva della mediazione, costringendo il creditore a “ripartire da zero” per il soddisfacimento del suo credito il che, lungi dal costituire una mero problema di “carico degli uffici giudiziari” investe direttamente il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

In conclusione, si può affermare che la novità dello strumento della mediazione sembra imporre, all’interno dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, quando la questione arriverà davanti Suprema Corte di Cassazione, un ripensamento del ruolo del creditore come attore sostanziale nel giudizio allo scopo di salvaguardare la coerenza del sistema processuale.

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