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Cassazione: il CTU devono pagarlo tutte le parti in causa, indipendentemente dalla soccombenza (Cass

Se il CTU non ha ricevuto il proprio compenso dalle parti obbligate "a seguito dell'emissione di decreto provvisorio di liquidazione" avendo inutilmente chiesto il dovuto ai soggetti indicati nel decreto stesso, secondo le percentuali ivi stabilite, "le parti sono solidalmente obbligate a corrisponderlo, a prescindere dalla diversa ripartizione delle medesime spese stabilita nella sentenza che ha definito la controversia".

È questo il principio di diritto affermato dalla seconda sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 23133/2015 depositata il 12/11/2015 che ha accolto il ricorso di un consulente tecnico d'ufficio che aveva inoltrato precetto ad una delle parti in causa (una società) in un procedimento in cui aveva svolto la propria attività, chiedendo il pagamento dei compensi liquidati dal giudice e posti provvisoriamente a carico solidale delle parti.

La società si opponeva al precetto, esponendo che la CTU aveva chiesto alla stessa la metà del pagamento dovuto, la quale aveva versato 1/3 dell'importo essendo tre le parti coinvolte, ma in seguito il consulente aveva domandato il pagamento dell'intero, mentre la causa nella quale aveva prestato la propria opera era stata definita con sentenza che aveva posto in via definitiva le spese di consulenza per 4/5 a carico di una parte e solo per 1/5 a carico della opponente e di un'altra parte.

Sosteneva inoltre la società, a seguito della definizione dell'opposizione, la revoca implicita del precedente decreto di liquidazione e la sostituzione della sentenza (che condannava una sola delle parti a sostenere le spese di consulenza tecnica) al decreto quale titolo in favore dell'ausiliare.

Le doglianze della società venivano accolte in primo e in secondo grado, sul presupposto che il riparto delle spese di CTU in questione fosse ormai regolato dalla successiva sentenza del tribunale.

Ma il consulente adisce la Cassazione e gli Ermellini gli danno ragione.

Richiamando l'ormai consolidato orientamento di legittimità, i giudici hanno affermato infatti che "poiché la consulenza tecnica d'ufficio rappresenta non un mezzo di prova in senso proprio, ma un ausilio per il giudice e, quindi, un atto necessario del processo che l'ausiliare pone in essere nell'interesse generale della giustizia e comune delle parti in virtù di un mandato neutrale, il regime del pagamento delle spettanze del medesimo prescinde dalla ripartizione dell'onere delle spese tra le parti contenuto in sentenza, che avviene sulla base del principio della soccombenza e, concernendo unicamente il rapporto fra dette parti, non è opponibile all'ausiliario".

Ne consegue, secondo il Palazzaccio, "che le parti sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia, durante la quale il consulente ha espletato il suo incarico, sia stata decisa con sentenza, sia definitiva sia non ancora passata in giudicato, a prescindere dalla ripartizione di dette spese nella stessa stabilita e, quindi, altresì, ove tale ripartizione sia difforme da quella in precedenza adottata con il decreto di liquidazione emesso dal giudice" salvo un'unica eccezione, rinvenibile nell'emissione di un provvedimento incidentale di revoca o modifica del decreto prima dell'emissione della sentenza a regolazione definitiva delle competenze del Ctu, poiché in tal caso rimane intatto il suo diritto di proporre opposizione.

Per cui se la parte incisa dall'azione esecutiva del consulente proponga opposizione all'esecuzione, come nel caso di specie, facendo valere la sentenza di merito, intervenuta nel frattempo e incidente sulla precedente liquidazione esecutiva, "detta pronuncia - ha affermato la S.C. - non si pone come fatto incidente sul diritto di credito già sorto come neppure sulla identificazione dei soggetti onerati".

In conclusione, posta l'efficacia esecutiva del decreto di liquidazione provvisorio nei confronti della parte nello stesso indicata, l'ausiliario, finchè la controversia non è decisa con sentenza che statuisca pure sulle spese di lite, è tenuto prima a proporre la sua domanda nei confronti della parte obbligata e laddove questa resti inadempiente potrà agire nei confronti delle altre. "Una volta che la controversia sia stata risolta con sentenza che pronunci sulle spese – ha concluso la S.C. - il perito dell'ufficio può fare valere le sue ragioni, invece, direttamente nei confronti di ogni parte in virtù della loro responsabilità solidale, indipendentemente dalla definitiva ripartizione dell'onere delle spese stabilita dal giudice". Né può sostenersi, ha chiosato infine la S.C., come affermato dal giudice di merito, il mancato rispetto della regola secondo cui la parte vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese, giacchè questa ove abbia corrisposto l'onorario al CTU può sempre rivalersi nei confronti del soccombente.

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