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Responsabilità medica: chirurgo ha l'onere di allegare le linee guida osservate (Cass. pen. Sezi

Il medico che assuma di aver rispettato le regole di diligenza e i protocolli ufficiali deve allegare le linee guida alle quali egli ha conformato la propria condotta, al fine della verifica della loro correttezza e scientificità. Secondo la sentenza n. 40708/2015 della Cassazione, soltanto nel caso di linee guida conformi alle regole della miglior scienza medica è, infatti, possibile utilizzare le medesime come parametro per l’accertamento dei profili di colpa ravvisabili nella condotta del medico.

Il caso di specie

Un medico, chirurgo plastico presso una casa di cura privata, è imputato del delitto di lesioni personali per aver cagionato per colpa, consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e violazione delle regole dell’arte medica, ad un paziente una malattia della durata superiore a quaranta giorni con rischio di indebolimento permanente della funzione sessuale e di perdita della capacità di procreare.

Le due sentenze di merito hanno conformemente deciso per l’affermazione di responsabilità penale del medico-chirurgo per il delitto di cui all’art. 590 c.p.-

Con ricorso per cassazione il difensore dell’imputato ha lamentato, tra l’altro, l’omessa considerazione dell’avvenuto rispetto delle regole di diligenza e dei protocolli ufficiali, alla luce della novella normativa di cui all’art. 3 L. 08/11/2012, n. 189.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con alcune interessanti considerazioni in ordine all’onere di allegazione incombente sull’imputato e alla rilevanza delle linee guida nella valutazione della responsabilità colposa del medico.

Le linee guida

L’art. 3 del D.L. 13.9.2012, n. 158 convertito in L. 8.11.2012, n. 189 esclude la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria quando egli, nello svolgimento della propria attività medica, si sia attenuto a «linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica».

La giurisprudenza successiva alla novella legislativa, che ha parzialmente depenalizzato le fattispecie penali di cui agli artt. 589 e 590 c.p. per i casi di omicidio e lesioni personali commessi con colpa lieve, che si collochino all'interno dell'area segnata dalle linee guida o da virtuose pratiche mediche, accreditate dalla comunità scientifica, ha precisato il contenuto della disposizione normativa, con alcune fondamentali specificazioni.

Le linee guida sono state, innanzitutto, definite come «raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione per coadiuvare medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche» (Cass. Sez. IV 05/11/2013, n. 18430).

Per avere rilevanza nell'accertamento della responsabilità del medico, esse devono indicare "standard" diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente (Cass. Sez. IV 15/10/2013, n. 46753; Cass. Sez. IV 18/06/2013, n. 39165).

Controversa è inoltre l’applicabilità della limitazione di responsabilità ai soli casi di colpa lieve per imperizia ovvero a tutte le condotte colpose e, in particolare, anche a quelle contrassegnate da colpa lieve per negligenza. La prevalente giurisprudenza si è espressa nel senso della applicazione della nuova disciplina ai soli casi in cui all'esercente la professione sanitaria venga mosso un addebito di imperizia e non anche quando il rimprovero riguardi la violazione del dovere di diligenza e di prudenza da cui sia dipeso l'evento penalmente rilevante: nel caso in cui la condotta del medico si sia discostata in modo non rilevante dallo standard di condotta dell’agente modello verrà esclusa la sua punibilità; nel caso in cui, invece, il rimprovero mosso al medico abbia riguardato l’inosservanza di regole di comune diligenza o prudenza, la levità della colpa non escluderà la responsabilità penale ma potrà assumere rilevanza unicamente ai fini della determinazione della pena (Cass. Sez. IV 27/04/2015, n. 26996; Cass. Sez. IV 20/03/2015, n. 16944; Cass. Sez. IV 08/07/2014 n. 7346; Cass. Sez. III 04/12/2013, n. 5460; Cass. Sez. IV 24/01/2013, n. 11493).

In senso contrario si è pronunciata altra sentenza della Corte di Cassazione che, pur riconoscendo che la norma ha come terreno di elezione la colpa per imperizia, ha affermato l’applicabilità della limitazione di responsabilità anche ai casi in cui il parametro della condotta dell’agente sia quello della diligenza/negligenza (Cass. Sez. IV 09/10/2014, n. 47289).

In ogni caso, il rispetto delle linee guida non è condizione sufficiente per l’esclusione della responsabilità penale, in quanto il giudice deve sempre accertare se la specificità del quadro clinico del paziente era tale da imporre una condotta del medico differente da quanto indicato in termini generali dai protocolli ufficiali: «Il presupposto per il contenimento della risposta sanzionatoria, sul piano penale, si giustifica non già per effetto dell'astratta conformità del comportamento medico a una regola positivizzata, bensì in ragione dell'adeguamento della condotta del medico ai parametri di più elevata qualificazione sul piano scientifico.

Dove il senso dell'espressione che richiama alla categoria della "scientificità" chiede d'essere inteso alla luce dell'indole eminentemente pratico-clinica che caratterizza la scienza medica, e che si vale dell'attitudine dell'operatore concreto alla costante sottoposizione, delle ipotesi astratte di partenza (sia pure scientificamente fondate), alle prove di resistenza avanzate dall'esperienza concreta in relazione al caso clinico, con l'eventuale scostamento del contegno terapeutico dai canoni del sapere cristallizzato (o anche solo con l'opportuno adattamento di questo), ove imposto alla luce concreta delle evidenze del caso» (così Cass. Sez. IV 22/04/2015, n. 24455, Cass. Sez. IV 29/01/2013, n. 16237); sul tema cfr. anche Cass. Sez. IV 19/01/2015, n. 9923; Cass. Sez. IV 08/07/2014, n. 2168; Cass. Sez. IV 15/04/2014, n. 22281; Cass. Sez. IV 05/11/2013, n. 18430).

La sentenza in commento, proseguendo nell’opera di interpretazione della norma, ha ulteriormente precisato come il medico che assuma di aver conformato la propria condotta ai protocolli medici ufficiali non può limitarsi alla mera enunciazione di un assunto, ma deve allegare le linee guida alle quali egli afferma di essersi conformato, dovendo il giudice valutare la loro conformità alle regole della miglior scienza medica e, successivamente, utilizzare le medesime come parametro per la valutazione della colpa del medico (in senso conforme: Cass. Sez. IV 18/12/2014, n. 21243; Cass. Sez. IV 08/10/2013, n. 7951).

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