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Divisione ereditaria di immobile indivisibile: la Cassazione precisa i criteri applicabili (Cass. Ci

La sezione II della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22663 del 05/11/2015, ha preso posizione su un'annosa questione concernente l'individuazione delle ipotesi in cui ai Giudici di merito è concesso sfruttare il proprio “prudente apprezzamento delle ragioni di opportunità e convenienza” al fine di giustificare un'applicazione dell’art. 720 c.c. in deroga alla soluzione ordinaria.

L’art. 720 c.c., rubricato “Immobili non divisibili”, stabilisce che nei casi in cui, a seguito di apertura di una successione, su di un bene immobile si configuri una comunione forzosa che gli eredi chiedono venga sciolta, l’assegnazione dello stesso deve avvenire in favore del quotista maggiore, ovvero di più coeredi che ne facciano congiunta richiesta.

La questione controversa

Cinque fratelli ereditavano un immobile di proprietà del padre all’interno del quale era esercitata l’attività di bar/ristorante da parte di due dei cinque germani.

Una sorella (tra quelli non coinvolti nell’attività commerciale) aveva acquistato le quote di altri due fratelli e, in conseguenza di ciò, chiedeva giudizialmente l’assegnazione dell’intero immobile mediante l’applicazione letterale dell’art. 720 c.c. dietro corresponsione, agli altri fratelli, della somma che il giudice avrebbe fissato quale eccedenza della propria quota.

Il tribunale assegnò l’immobile ai titolari dell’esercizio commerciale, respingendo così le domande di parte attrice.

Al contrario, la corte d'appello dispose l'assegnazione dell'intero immobile alla maggior quotista, determinando il conguaglio economico che l’assegnataria avrebbe dovuto versare agli altri fratelli ai sensi dell’art. 720 c.c.-

Contro tale decisione i titolari dell’esercizio commerciale proponevano ricorso in Cassazione.

La decisione

I Giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che la questione sottoposta al loro vaglio era oggetto di contrasto giurisprudenziale anche dinanzi la stessa II sezione e, per tale ragione, hanno esposto i due principali orientamenti.

Il primo, più risalente, afferma che è possibile la deroga generale al criterio dell’assegnazione dei beni ereditari al maggior quotista solo se vi sono ragioni di opportunità rispondenti ad esigenze comuni e motivate; il secondo, più recente, sostiene che esiste per i Giudici un potere discrezionale di deroga al criterio della preferenziale assegnazione, vincolato soltanto all’obbligo dell’adeguata e logica motivazione.

Gli Ermellini, dopo aver espresso di voler seguire il più recente orientamento, hanno chiarito che nell’alveo dei cd. “seri motivi” possono legittimamente essere ricompresi anche gli interessi economici ed individuali del/i richiedente/i ed ha affermato un principio nuovo riguardante il valore delle attività commerciali.

Infatti, nella decisione della Corte può ravvisarsi un’interpretazione dell’art. 720 c.c. in chiave evolutiva, tesa cioè a soddisfare le esigenze dell’attuale ambiente socio-economico.

In particolare, la II Sezione ha evidenziato che in un momento storico in cui numerose sono le imprese che si sono trovate costrette a cessare l’attività, l’interesse alla continuità aziendale è ormai entrato a far parte delle priorità radicatisi nella sensibilità dei consociati.

Proprio per tale novità la pronuncia in commento può essere identificata quale apripista per l’utilizzo di un nuovo criterio di indagine, quello economico, il quale soprattutto oggi merita di essere valorizzato e tutelato.

Lo svolgimento di una attività economico commerciale che garantisca un reddito oltre che ai titolari della stessa, anche ai soggetti in essa occupati deve, secondo la Cassazione, esser qualificato come ragione rilevante, idonea a legittimare una soluzione derogatoria al criterio della “preferenziale assegnazione al condividente titolare della maggior quota”.

Nel caso de quo la Corte ha dunque verificato che i quotisti minoritari erano gestori di attività di bar/ristorante nei locali oggetto di comunione ereditaria e che tale esercizio commerciale vantava un avviamento reale e quantificabile; inoltre, ha valorizzato quanto palesato dai ricorrenti, ovvero che alla perdita dei locali avrebbe potuto far seguito l’impossibilità di proseguire l’attività economica e, certamente, la perdita dell’avviamento.

A fortiori, se il Legislatore ha inteso evitare il frazionamento del bene in tutti i casi in cui l'operazione reca pregiudizio alla pubblica economia, non si può certo ritenere che egli stesso, nell’attribuire il bene ad un condividente in luogo di un altro, ammetta la possibilità che si concretizzi quello stesso nocumento che si è proposto di scongiurare introducendo l’art. 720 c.c.-

Per tali ragioni i Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso dei germani “imprenditori” ed hanno contemporaneamente ammonito la Corte territoriale poiché questa non aveva adeguatamente valutato l’interesse alla continuità aziendale e, soprattutto, aveva omesso di effettuare la necessaria ed indispensabile comparazione tra intenti.

La sentenza, dunque, permette di elevare l’interesse economico, inteso quale interesse al mantenimento in vita di un esercizio commerciale, a “motivo serio, idoneo a giustificare” l’applicazione dell’art. 720 c.c. in deroga al generale criterio di assegnazione.

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