Condominio: veste di amministratore si può assumere per facta concludentia (Cass. Civ. sez. II sent.
Il pronunciamento della Suprema Corte con la sentenza che si annota, offre un ulteriore motivo di spunto nel dibattito aperto sulla nomina e sulla durata dell’incarico dell’amministratore, avviatosi dopo le novità introdotte con l’art. 1129 c.c. come novellato con la L. 220/2012.
Alla tesi maggioritaria che, al rinnovo “per eguale periodo” alla scadenza del primo anno, limita ad una sola annualità successiva alla prima il rinnovo automatico (c.d. 1+1), si contrappone quella che sostiene il rinnovo c.d. sine die, di anno in anno, ferma restando la durata annuale dell’incarico rinnovatosi, fintanto che non intervenga una diversa volontà da parte di uno dei contraenti, intesa ad interrompere il rapporto instauratosi con la delibera di nomina.
Il caso trattato vede un condomino opporsi ad una ingiunzione di pagamento verso crediti vantati dal condominio per quote condominiali e, in sede di appello alla sentenza del giudice di prime cure, eccepisce la carenza di legittimazione attiva da parte del Condominio, poiché “la procura alle liti, già in fase monitoria, sarebbe stata conferita non già dall’Amministratore del Condominio, comprendente tutte le palazzine […], bensì dal B… quale rappresentante di una di esse nell’assemblea condominiale[…].”
La Corte d’Appello di Roma rigetta l’appello e, pur evidenziando la tardività dell’eccezione relativa al difetto di legittimazione processuale del Condominio, la dichiara “infondata nel merito perché vi erano prove che il B… di fatto aveva agito quale rappresentante del Condominio presso la Palazzina B/..”.
In particolare sottolineava come “… il fatto che per anni il B… abbia partecipato – come amministratore – alle delibere di riparto di spesa e che abbia spedito anche le diffide al pagamento alla P… è un forte argomento per sostenere che abbia rivestito, per volontà condivisa dei condomini, la qualifica di amministratore della singola palazzina, così superando la mancanza di un’investitura formale ….”
Con il ricorso la condomina lamenta che la Corte d’Appello ha riconosciuto la veste di amministratore al B…, senza che vi fosse una delibera di nomina.
Nel dichiarare infondato il motivo, la S.C. con la sentenza in commento sottolinea l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale il B… aveva assunto per facta concludentia la veste di amministratore della Palazzina B/..
Sulla contestazione della ricorrente in merito alla titolarità del potere in capo a B.M., in quanto non era amministratore del Condominio, la S.C. afferma l’applicabilità dell’art. 1392 c.c. per la nomina dell’amministratore del condominio, salvo la previsione di forme particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve concludere, la procura può essere verbale o anche tacita.
Indipendentemente, quindi, dalla formale investitura assembleare, essa può risultare anche “dal comportamento concludente dei condomini” che abbiano considerato l’amministratore tale, attraverso abituali contatti e senza metterne in discussione il suo operato.
Sul punto giova osservare come con il novellato art. 1129 c.c. introdotto con la L. 220/2012, l’incarico conferito dall’assemblea condominiale è sottoposto oggi alla formale accettazione della nomina da parte dell’amministratore, il quale dovrà sottostare ad una serie di formalità, la cui omissione potrebbe comportare la nullità della nomina stessa (art. 1129, c. II° e XIV°, c.c.).
All’accettazione prescritta in occasione della nomina e solo in tale circostanza, fanno seguito ulteriori obblighi in occasione di ogni rinnovo dell’incarico.
Il principio contenuto nella sentenza in commento assume rilievo nell’attuale dibattito sulla durata dell’incarico dell’amministratore dopo le novità introdotte con la L. 220/2012 e, in particolare, consente di poter confutare la tesi della dottrina contraria al “tacito rinnovo sine die” dopo la prima nomina.
Si sostiene, infatti, che l’amministratore il quale dopo la nomina non ponga mai in assemblea l’argomento del rinnovo del suo incarico, rischi di veder contestata la liceità del suo operato in quanto privo di poteri in mancanza di una deliberazione assembleare.
In vero, gli oppositori della tesi del “sine die” hanno ritenuto di rinvenire in recenti pronunce di tribunali di merito (ex plurimis: Trib. Milano, ord. 07/10/2015; Trib. Reggio Cal. ord. 05/05/2015) un sostegno alla tesi del rinnovo automatico solo per il primo anno successivo a quello di nomina. I casi per i quali i giudici di merito si sono pronunciati vedevano richiesta di revoca dell’amministratore che alla scadenza del primo anno non aveva sottoposto in assemblea il suo rinnovo. Mancano ancora pronunciamenti che abbiano interessato il mancato passaggio assembleare del rinnovo successivo al secondo anno di incarico.
Rinveniamo già in passato pronunce di legittimità che hanno affrontato il tema della proroga tacita dell’incarico dell’amministratore.
Di tacita conferma dell’amministratore se ne fa menzione già nel 1948 (Cass. 20/09/1948, n. 1628).
Con una successiva decisione del 12/11/1968, la S.C. nel confermare la sentenza del Tribunale di Catania del 22/12/1964, rilevò “[…] che l’art. 1129 c.c. non commina la decadenza dell’anno di nomina e che pertanto, anche dopo il decorso di tale termine, l’amministratore continua nell’esercizio della sua funzione, dovendosi tacitamente intendere confermato di anno in anno, fino a che non abbia luogo la cessazione dell’incarico”. Ed ancora “… basterà osservare che non si è mai dubitato in dottrina e in giurisprudenza che la disposizione dell’art. 1129 c.c., secondo la quale l’amministratore del condominio degli edifici, dura in carica un anno, non sancisce una decadenza ope legis e, perciò, deve ritenersi che l’amministratore possa essere tacitamente confermato di anno in anno, in mancanza di nomina di altro amministratore” (Cass. 12/11/1968, n. 3727).
Di rilievo l’autorevole commento alla sentenza di Franco Morozzo Della Rocca il quale evidenzia come “… E’ probabile che la corte sia stata ancora una volta particolarmente sensibile all’esigenza di assicurare al condominio la continuità della gestione e della rappresentanza da parte dell’amministratore …”; “… i poteri di costui successivamente alla scadenza dell’originario mandato troverebbero perciò la loro fonte in una manifestazione tacita di volontà ed il nuovo rapporto così instaurato avrebbe un contenuto identico a quello precedente, del quale sarebbe la prosecuzione; … e sempre che non si estingua anzi tempo per revoca da parte dell’assemblea …”; “… Non dovrebbero esservi difficoltà per ammettere in via generale che la conferma dell’amministratore possa trovare la sua fonte in un comportamento concludente dei condomini …”.(Cass. 12/12/1968 n. 3727).
Altrettanto interessante sul punto il successivo ed autorevole parere del Salis, il quale afferma che “La carica di amministratore può quindi avere una durata ultrannuale addirittura indefinita, in quanto soggetta ad un solo evento ben preciso: la revoca dell’amministratore entro l’anno deliberata espressamente dall’assemblea dei condomini …. La permanenza in carica dell’amministratore dopo la scadenza dell’anno della nomina non riposa dunque (né può essere giustificata) da una prorogatio inerente alle funzioni che esso amministratore è chiamato a svolgere, né in una presunta volontà dei partecipanti al condominio ma è giustificata dal conferimento stesso del mandato ad amministrare …”.
Autorevoli opinioni e posizioni giurisprudenziali così lontane nel tempo, ma di una attualità impressionante alla luce anche del novellato art. 1129 c.c.-
Non va trascurato che oggi, con la previsione del quorum costitutivo anche per le assemblee in seconda convocazione, è concreto il rischio che non possano tenersi per mancanza del quorum necessario, con tutto ciò che ne può conseguire per l’operatività dell’amministratore e per la continuità della gestione condominiale.
Il rinnovo tacito rappresenta la soluzione che meglio si attaglia agli interessi dei condomini ed assicura garanzie di continuità per la regolare gestione amministrativa condominiale.
Così come non va trascurato che annualmente l’amministratore è obbligato a rendere il conto della sua gestione, da intendere in senso lato e non limitato alla sola gestione economica. L’approvazione del suo operato da parte dell’assemblea, ben potrebbe rappresentare quel comportamento concludente, tale da evidenziare la volontà dei condomini stessi per una prosecuzione del rapporto.
Quanto al richiamo alla “conferma” prevista dall’art. 1135 c.c., questo potrebbe trovare una sua giustificazione solo nel caso in cui l’assemblea sia chiamata a deliberare su una istanza di revoca e, al contrario, delibera per la “conferma” dell’amministratore, rigettandone la revoca.
La sentenza che si annota, con il riconoscimento della legittimazione dell’operato dell’amministratore che ne aveva assunto la veste per facta concludentia, consente di poter superare quelle incertezze e quegli ostacoli paventati dai detrattori della tesi del rinnovo dell’incarico “sine die”.