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Precetto su assegno: mancata opposizione del debitore preclude il disconoscimento della firma (Trib.

Nella sentenza emessa dalla II Sez. del Tribunale di Taranto si pone al centro dell'attenzione la valutazione del comportamento del debitore che non si sia opposto al precetto fondato su assegno, nonostante un pignoramento negativo, facendone derivare come inevitabile conseguenza l'inefficacia del disconoscimento dell'autenticità dell'assegno in un successivo giudizio; disconoscimento che avrebbe dovuto essere proposto con l'opposizione al precetto.

Nel caso di specie, il debitore aveva stipulato per conto dell'assicurazione diverse polizze assicurative con altra impresa assicuratrice ed aveva effettuato il pagamento delle rate di premio delle polizze con assegno bancario. Uno di questi assegni fu protestato. L'assicurazione, nel provvedere alla normale contabilizzazione delle quietanze di polizza e dunque alla rimessione all'altra compagnia assicurativa, notificò un precetto al debitore e diede corso ad un pignoramento, che si rivelò negativo.

L'assicurazione richiese dunque l'emissione di decreto ingiuntivo al Giudice di Pace di Taranto al fine di recuperare quanto era sta stata costretta a pagare alla società terza per conto dell'assicurato.

Il debitore-assicurato propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo negando di aver avuto mai rapporti con l'assicurazione e disconoscendo ogni documento che recasse la sua firma. Il Giudice di Pace rigettò l'opposizione confermando il decreto ingiuntivo.

La motivazione del rigetto derivava dalla considerazione secondo la quale l'opponente, che non aveva mai onorato il proprio debito, non aveva sollevato alcuna contestazione né si era preoccupato di provare il suo preteso disconoscimento delle firme apposte.

Il debitore propose appello deducendo che, in caso di disconoscimento, l'onere probatorio relativo all'autenticità della firma spettasse all'opponente.

Il Tribunale di Taranto si allinea in un certo senso a quanto ritenuto in sentenza dal Giudice di Pace di Taranto, sostenendo che l'avvenuta notifica del precetto fondato su assegno impone al suo destinatario che il disconoscimento dell'autenticità della firma possa essere fatto valere solamente con l'opposizione al precetto; l'opposizione infatti è l'unico rimedio esperibile dal debitore nel caso in cui questi si dolga di aver subito la lesione di un suo diritto in conseguenza di un atto di esecuzione che ritiene ingiusto. Ciò è confortato dall'art. 56 del R.D. n. 1736 del 1933 che prevede il potere del debitore cartolare di proporre opposizione al precetto ed ottenere, anche quando questi disconosca la propria firma, la sospensione degli atti esecutivi.

Allo stesso modo la circostanza per cui è causa può rientrare tra le ipotesi tassative di cui all'art. 215 c.p.c., nonostante inizialmente possa sembrare il contrario; l'inerzia del debitore può infatti essere ben più grave della contumacia prevista dalla norma, perché in caso di notifica del precetto ci si trova dinanzi ad un titolo che è già valido ed esecutivo e che prelude all'esecuzione forzata.

Diversamente, nella contumacia ex art. 215, la formazione e l'efficacia del titolo dipendono dall'esito del giudizio. Ecco quindi che alla luce di tali osservazioni, il Tribunale di Taranto opta per una interpretazione razionale della norma prevista dall'art. 215, superando così il divieto di applicazione analogica disposto dalle Preleggi.

Inoltre, questa interpretazione non risulta contrastare con l'altrettanto importante principio del giusto processo (art. 111 Cost.), dal momento che il debitore avrebbe potuto far valere il disconoscimento se avesse proposto in tempo l'opposizione al precetto. Ragioni queste che hanno portato il Tribunale di Taranto a rigettare l'appello confermando la sentenza impugnata.

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