top of page

Assegno divorzile: l’occupazione di fatto di un immobile non rileva (Cass. Civ. sez. VI-1 ord. 11/01

La Cassazione, con l'ordinanza n. 223 dell'11 gennaio 2016, specifica che, ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento, non rileva l’occupazione di fatto di un immobile da parte del beneficiario dell’assegno, poiché non può essere considerato come patrimonio o reddito.

L’ex coniuge aveva appellato la decisione del Tribunale, che aveva pronunciato la cessazione degli affetti civili del matrimonio con previsione di pagamento di un assegno di mantenimento di € 1.500,00 in favore della ex moglie.

Anche nel secondo giudizio, l’assegno divorzile era stato confermato sulla base delle condizioni patrimoniali e reddituali dell'appellante, comparate con quelle irrisorie del coniuge, e rapportate al tenore di vita, pacificamente alto, avuto dalla famiglia in costanza di matrimonio.

In Cassazione l’uomo denunciava l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio da parte della Corte territoriale, ossia il non aver considerato che la moglie occupasse un immobile “di fatto” e che tale uso fosse rilevante ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, in quanto valutabile in misura pari al risparmio di spesa che occorrerebbe sostenere per godere dell'immobile a titolo di locazione.

Secondo la Cassazione, la detenzione dell’immobile non incide direttamente sull’attribuzione dell’assegno di divorzio.

L’occupazione de facto esclude una valutazione economica di tale utilità perché è possibile in ogni momento agire per la liberazione dell’immobile in questione, occupato senza titolo.

L'assegno divorzile deve essere commisurato ai bisogni del coniuge debole e alle possibilità di soddisfarle, attraverso la misurazione delle disponibilità economiche degli ex coniugi e degli standard di vita, senza tener conto di situazioni provvisorie destinate a cessare in tempi più o meno rapidi.

Infine, la Cassazione ribadisce l’impossibilità di riesaminare il merito di alcune questioni, come ad esempio la capacità di trovare un’occupazione lavorativa per la donna, sposata a soli tredici anni, madre e casalinga.

Neppure possono essere rivalutate, le nuove relazioni dell'ex marito e la nascita di figli, poiché la sentenza d’appello ha diffusamente motivato in ordine al tenore di vita pregresso e alla sproporzione economico-patrimoniale esistente tra i coniugi.

Ciò che è denunciabile in Cassazione è solo l'irregolarità nella motivazione della sentenza che si converte in violazione di legge costituzionalmente rilevante, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con i risultati del processo.

Featured Posts
Recent Posts
Archive
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
bottom of page