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Precisazione delle conclusioni in via telematica? I giudici si dividono (Trib. Milano sez. Impresa B

L'area giudiziale lombarda continua ad essere portatrice di usi, costumi ed orientamenti processuali talora anche innovativi ma non necessariamente condivisi o condivisibili nel resto del Paese.

E' in qualche modo scontato che ciò accada in quel distretto che ha visto nascere e svilupparsi la fase sperimentale del processo telematico; predisporsi “protocolli d'intesa” poi improvvisamente as­surti a vincolante precetto normativo (PCT: niente copia di cortesia cartacea? Sì a responsabilità aggravata); imporre l'adesione ad un sistema di anagrafiche integrativo di quello avente valen­za nazionale; anticipare gli effetti di una prossima disposizione normativa che parrebbe voler togliere rilevanza all'imprecisa applicazione delle regole tecniche del PCT (PCT: irregolare ma valido l’atto depositato in formato immagine).

Prevedibile, in questo contesto, conflitti di orientamenti giurisprudenziali di merito forieri di ulterio­ri incertezze nel non sempre limpido panorama del processo civile telematico in cui si collo­cano, a giusta ragione, i due recenti provvedimenti emessi, a distanza di circa 10 giorni, da due di­verse sezioni del Tribunale di Milano ed interessanti una delle prassi adottate anche in quella sede: il foglio di precisazione delle conclusioni.

E' d'uso, in quel di Milano, corredare la precisazione delle conclusioni rese ai sensi dell'art. 189 c.p.c., con foglio separato in cui le parti ribadiscono quel che è ribadibile (“....nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 183.”).

La prassi non è operativa in tutte le sedi giudiziarie favorevoli invece all'inserimento della precisazione delle conclusioni nel verbale precedente la rimessione della causa a sentenza.

Una sezione del Tribunale meneghino qualifica quell'atto quale endo processuale e quin­di soggetto all'obbligo di deposito telematico (Trib. Milano sezione impresa B - ordinanza 23/2/2016 nr. 377 - est. dott. Galioto).

L'ordinanza comprende ulteriore riferimento anche ad altra e ben nota prassi operativa del mede­simo ufficio giudiziario in cui il difensore nominato che non risulti iscritto negli albi distrettuali del­la Corte d'Appello di Milano, viene richiesto alla compilazione di un modulo destinato ad apposito ufficio e quindi inserito nell'apposito elenco degli abilitati al deposito telematico (sistema che si in­tegra con il più noto Registro Generale degli Indirizzi Elettronici in uso sul resto del territorio na­zionale).

Dalle due disposizioni (rectius prassi) quel giudice rileva come:

  1. il deposito del “foglio di p.c.” avrebbe dovuto essere inoltrato per via telematica;

  2. in mancanza della facoltativa associazione del professionista nell'anagrafe del distretto di Corte d'Appello di Milano quel deposito avrebbe potuto (“dovuto”) essere depositato me­diante l'intervento del domiciliatario.

Stando così le cose il deposito del foglio eseguito con modalità cartacea non è ammissibile e per l'effetto le conclusioni rese dalla parte interessata devono circoscriversi a quelle “...già rassegnate in atti”.

La causa viene rimessa in decisione con l' “amichevole” invito a voler “omettere, nella memoria di replica, ogni ripetizione di quanto già contenuto nella comparsa conclusionale e di ritrascrivere le conclusioni oggi precisate ed inserire negli scritti finali la numerazione delle pagine”.

A distanza di pochissimi giorni analoga questione viene sottoposta alla valutazione di altro ufficio del­lo stesso Tribunale e si risolve in una pronuncia diametralmente opposta.

Schematica la motivazione resa dall'estensore (Trib. Milano sez. IX civ. 3/3/2016, dott. Giuseppe Buffone) secondo il quale:

  1. l'udienza per la precisazione delle conclusioni non è “...invero nemmeno prevista espressa­mente dal codice di rito”;

  2. le conclusioni che le parti devono rendere davanti al giudice sono indirizzate alla loro tra­scrizione nel verbale del processo;

  3. è da ritenersi finalizzata ad “...agevolare l'attività dell'Ufficio...” quella prassi che prevede il deposito di un cosiddetto “foglio di PC ossia un atto contenente le cennate conclusioni”;

concludendo che questo atto possa anche essere depositato in via telematica al fine di consentirne al giudice l'agevole inserimento nel provvedimento decisionale, ma non anche che esso costituisca documento, memoria od atto processuale in senso tecnico-giuridico, disattendendosi quindi quell'orientamento che lo vuole come appartenente alla fase endo proces­suale e per l'effetto assoggettato all'obbligo di deposito con modalità telematiche.

La pronuncia si completa con caustica conclusione (“La relativa questione è dunque così risolta”) che sembre­rebbe chiudere definitivamente la discussione, lasciando unicamente spazio a quella sensazione di incertezza (da anni manifestata dai cultori del processo telematico) sull'ecces­siva personalizzazione delle disposizioni giuridiche e tecniche del deposito telematico, talora incomplete o spesso poco chiare ma non per questo suscettibili di condurre ad adattamenti differenziati tra le varie sedi giudiziarie italiane.

Seppur plausibile la ricorrenza di conflitti giurisprudenziali in sede di merito, pare allora privilegiabile quella esegetica lettura delle disposizioni codicistiche che è dato rinvenire solo nella seconda delle decisio­ni sopra menzionate, ispirata al buon senso e lontana da quell'effetto punitivo ravvisabile nell'altra ancorchè priva di effettive preclusioni processuali.

Anche a voler intendere quale obbligatorio il deposito dello specifico “foglio di p.c.” può ritenersi che il rinvio alle conclusioni già “...rassegnate in atti” contribuisca ad assicurare la permanenza di quelle che il difensore avrà ragionevolmente formulato nell'atto costitutivo ed integrato, eventualmente, nel successivo passaggio tra i termini dell'art. 183. c.p.c. (tradizionale momento di chiusura del thema decidendum). Resterebbero invece coinvolte nella preclusione le conclusioni che mirassero a ridurre l'entità delle domande originarie, tanto più laddove richiedenti l'adesione della controparte.

Limitati, quindi gli effetti discendenti dal divieto di allegazione cartacea di quel foglio, riferibile semmai all'eventuale e residuale ipotesi in cui il difensore avesse inteso ri­durre (più che ampliare) l'entità delle domande e delle conclusioni.

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