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Particolare tenuità del fatto: si applica anche alla guida in stato di ebbrezza (Cass. Pen. SS.UU. s

Il beneficio della particolare tenuità del fatto scatta a qualsiasi fattispecie criminosa, purché sussistano i presupposti richiesti dalla legge, ovvero se si tratta di ipotesi sanzionata con la pena detentiva inferiore nel massimo a cinque anni, la condotta non sia abituale e l'offensività sia ridotta. E' quanto hanno stabilito le SS.UU. Penali della Corte di Cassazione, con la sentenza 06/04/2016 n. 13681, secondo le quali, ciò che rileva ai fini dell'applicazione dell'istituto, è la sussistenza dei presupposti di legge e non il valore-soglia.

La Quarta Sezione Penale rimetteva alle SS.UU. la questione relativa alla compatibilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., con i reati previsti dall'art. 186 c. 2, lett. b) e c), cds, e con gli illeciti caratterizzati dalla presenza di soglie di punibilità.

Secondo un primo orientamento, al quesito occorre dare risposta positiva: si è osservato, infatti, che l'istituto si giustifica alla luce della riconosciuta graduabilità del reato in relazione al disvalore d'azione e d'evento, nonché all'intensità della colpevolezza. Occorre compiere una valutazione relativa al fatto concreto e verificare se la irripetibile manifestazione dell'illecito presenti un ridottissimo grado di offensività.

Non vi è alcun ostacolo, secondo tale impostazione, ad applicare l'istituto anche ai reati di pericolo astratto o presunto. La previsione di un valore-soglia per la configurazione del reato, come accade nel reato di guida in stato di ebbrezza, svolge la sua funzione sul piano della selezione categoriale, mentre la particolare tenuità richiede un “vaglio tra le epifanie nella dimensione effettuale”.

Conseguentemente l'istituto è applicabile anche in relazione alla più grave fattispecie di guida in stato di ebbrezza, dovendosi considerare non solo l'entità dello stato di ebbrezza ma anche le modalità della condotta e l'entità del pericolo o del danno cagionato.

Relativamente al reato di guida in stato di ebbrezza, appare evidente che il superamento della soglia di rilevanza penale coglie il disvalore della situazione pericolosa o dannosa; quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo.

Al tempo stesso, secondo gli ermellini, nessuna conclusione può trarsi in astratto, senza considerare le peculiarità del caso concreto, ricordando che l'ambito applicativo dell'istituto è definito non solo dalla gravità del reato desunta dalla pena edittale, ma anche dal profilo soggettivo afferente alla non abitualità del comportamento.

Da quanto esposto la Corte evidenzia i seguenti principi di diritto:

  • l'art. 131 bis c.p. trova, quindi, applicazione ad ogni fattispecie criminosa, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma;

  • il comportamento deve ritenersi abituale quando l'autore ha commesso, anche successivamente, più reati della stessa indole, oltre quello oggetto del procedimento;

  • alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto consegue l'applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge;

  • la inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude la deducibilità e la rilevabilità d'ufficio di tale causa di esclusione della punibilità;

  • nei soli procedimenti pendenti davanti alla Corte di Cassazione per fatti commessi prima dell'entrata in vigore della nuova normativa, la relativa questione, in applicazione dell'art. 2 c. 4, c.p., è deducibile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 609 c. 2 c.p.p.;

  • la Corte di Cassazione, se riconosce la sussistenza di tale causa di non punibilità, la dichiara d'ufficio ex art. 129 c. 1 c.p.p., annullando senza rinvio la sentenza impugnata a norma dell'art. 620 c. 1 lett. l) c.p.p.-

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