Locazione: nullo il patto con canone maggiore rispetto al contratto registrato (Cass. Civ. sez. III
E' nulla, per contrarietà a norma imperativa, la scrittura privata con la quale il conduttore si obbliga a versare un canone maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto di locazione registrato di immobile ad uso abitativo. Così si è espressa la III Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 7634 del 18/04/2016, in conformità a quanto già stabilito dalle SS.UU. con la sentenza n. 18213 del 17/09/2015.
La questione nasce dalla richiesta del conduttore C.G. di restituzione delle somme pagate al locatore P.G. in misura maggiore rispetto al canone espressamente concordato con contratto di locazione ad uso abitativo registrato in Salerno il 04/09/2000.
Instaurato il giudizio innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, il P.G. resisteva eccependo l’esistenza di un ulteriore contratto di locazione (non registrato) con il quale le parti avrebbero concordato un canone di locazione più alto; proprio in virtù del detto contratto il P.G. deduceva inoltre di aver già ottenuto, in separato giudizio, la convalida dello sfratto del conduttore (rimasto contumace) nonché la condanna di quest’ultimo al pagamento dei canoni insoluti tramite decreto ingiuntivo parimenti non opposto.
Il Giudice di prime cure condannava il P.G. alla restituzione delle maggiori somme versate dal conduttore per complessivi € 35.524,39, di cui € 29,637,20 per sorte capitale, € 2.676,94 per rivalutazione monetaria ed € 3.210,26 per interessi legali scaduti. Impugnata la sentenza innanzi alla Corte di Appello di Salerno, il gravame veniva rigettato; il P.G. proponeva pertanto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. L’intimato C.G. non resisteva.
Preliminarmente (con il quarto motivo di ricorso, “omessa ed insufficiente motivazione – nullità della sentenza di primo grado”) il P.G. deduceva un contrasto insanabile tra il dispositivo letto in udienza, riportante un errato nome di battesimo della parte attrice, e il dispositivo in calce alla sentenza depositata, riportante il nome di battesimo corretto ma anche ulteriori nominativi estranei alle parti, quindi una mancata corrispondenza tra i due dispositivi della stessa sentenza. La Corte di Cassazione rigetta il motivo (ritenuto peraltro non pertinente e comunque inammissibile come denunciato “vizio di motivazione”) rilevando non sussistere, parimenti a quanto osservato già dal Giudice del secondo grado, alcuna incertezza in merito all’individuazione dei soggetti destinatari delle sentenza, costituendo le errate indicazioni riportate nei detti dispositivi vizi meramente formali della sentenza, derivanti da divergenze facilmente rettificabili tra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione, e quindi meri errori materiali emendabili ex art. 287 c.p.c.-
Nel merito della decisione, con il primo motivo di ricorso (“violazione e falsa applicazione di legge; in particolare: violazione dell’art. 214 c.p.c. c. 1 e dell’art. 215 c.p.c. c. 1 n. 1 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo: il previo tacito riconoscimento della scrittura privata”), il ricorrente P.G. deduceva che il contratto non registrato fosse stato tacitamente riconosciuto dal conduttore sia per averne data spontanea esecuzione col versamento dei canoni nella maggior misura pattuita, sia per l’accertamento derivante dagli altri provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato tra le parti, ossia l’ordinanza di convalida di sfratto e il decreto ingiuntivo di pagamento dei detti maggiori canoni. Ma i Giudici di legittimità rigettano il motivo rilevando come il riconoscimento tacito di scrittura privata ex art. 215 c.p.c. operi esclusivamente nell’ambito del processo in cui viene a realizzarsi con la conseguenza che la parte interessata può legittimamente disconoscere il documento in un altro giudizio, diversamente dall’ipotesi in cui vi sia stato un accertamento specifico con valore di giudicato dell’autenticità della scrittura privata, circostanza però che può verificarsi solo attraverso un riconoscimento espresso della scrittura o mediante un giudizio di verificazione dell’autenticità della scrittura disconosciuta (Cass. Civ., Sez. III, 17/05/2007, n. 11460). Rileva inoltre la Corte di Cassazione come il ricorrente P.G. non abbia specificamente indicato nel proprio ricorso, in ottemperanza al c.d. principio di autosufficienza del ricorso in cassazione (art. 366 c.p.c., n. 6), i punti dei provvedimenti dai quali si sarebbe dovuto desumere il tacito riconoscimento del contratto non registrato, non risultando prodotto peraltro il ricorso del procedimento monitorio dal quale si sarebbe dovuto desumere appunto che causa petendi dell’istanza di ingiunzione fosse proprio il contratto di locazione non registrato, con conseguente inammissibilità del detto motivo di ricorso.
Con il secondo e terzo motivo di ricorso (rispettivamente, “violazione e falsa applicazione dell’art. 215 c.p.c. c. 1, n. 2” e “omessa, insufficiente o contradditoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti: insussistenza di idoneo ed efficace disconoscimento della scrittura privata a canone maggiore”) il P.G. lamentava da un lato la tardività del disconoscimento del documento da parte del conduttore C.G., perchè proposto solo con le note difensive del 31/03/2009, e non alla prima udienza successiva o alla prima difesa utile ex art. 215 c.p.c. rispetto alla produzione del documento avvenuta già con la comparsa di costituzione in giudizio del 28/06/2007, e in ogni caso l’ inidoneità delle dette note difensive a rappresentare un disconoscimento di scrittura privata, essendosi limitato il conduttore a eccepire l’ inefficacia / invalidità del contratto di locazione non registrato, senza un espresso disconoscimento del contratto stesso.
La Corte di Cassazione rigetta entrambi i motivi, rilevando in primis l’idoneità delle espressioni utilizzate dal conduttore per disconoscere il contratto non registrato, avendo quest’ultimo dichiarato in particolare di disconoscere “qualsiasi altro contratto di tenore diverso da quello registrato, in quanto non solo da egli stesso mai firmato (…)”; in merito poi alla lamentata tardività, i Giudici di legittimità, pur rilevando la mancata tempestività del disconoscimento, non accolgono il motivo di ricorso, ritenendo la sentenza di appello comunque conforme a diritto ex art. 384, u.c. , c.p.c. . E tanto perché l’articolo 13, I c., della Legge n. 431/98 in tema di locazioni abitative, nel prevedere la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, non è volta a colpire la mancata registrazione dell’atto con il reale canone della locazione (come da orientamento di legittimità richiamato dal Giudice del gravame, cf.r. Cass. n. 16089/13, 8148/09 e 8230/10) ma, secondo quanto stabilito dalle SS.UU. della Cassazione con la già citata sentenza n. 18213 del 17/09/2015 (con la quale si è superato il citato orientamento), la richiamata previsione di nullità intende sanzionare l’illegittima sostituzione dell’oggetto apparente (il prezzo fittizio) con quello reale (il canone effettivamente pattuito), lasciando quindi integra l’originaria pattuizione concordata, oggetto di registrazione, con conseguente nullità della clausola inserita successivamente, ossia della scrittura privata che intendeva sostituire il canone fittizio, secondo un meccanismo speculare a quello previsto per l’inserzione automatica di clausole in sostituzione a quelle nulle.
Il giudice di legittimità pertanto conferma la correttezza in diritto dell’impugnata sentenza di rigetto del gravame, correggendone la motivazione, in ragione dell’invalidità (eccepita dal conduttore C.G. nel giudizio di merito) della pattuizione del canone maggiore e della conseguente perdurante validità del contratto registrato, condannando altresì il ricorrente al versamento di un ulteriore contributo unificato ex art. 13, c. 1 bis del DPR 115 del 2002.