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Usura: direttore di banca non è responsabile se affida a terzi il controllo sul tasso soglia (Cass.

La Suprema Corte, con sentenza del 21/11/2016 n. 49318, riprendendo un risalente indirizzo giurisprudenziale già formulato negli anni ’80, afferma che il delitto di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto e richiede la cosciente volontà di conseguire vantaggi usurari. Il direttore di banca va, pertanto, indenne da responsabilità penale (per assenza di dolo) qualora abbia incaricato una società esterna di rilevare l’eventuale superamento della soglia e di adeguare trimestralmente i tassi praticati dalla banca.

Il caso Il G.U.P. di P. dispone il non luogo a precedere nei confronti del direttore di un’agenzia di banca, imputato per usura, ritenendo che non vi siano elementi per sostenere l’accusa in giudizio e, in particolare, la sussistenza del dolo per il delitto contestato. Infatti, il direttore si è avvalso di una società esterna al fine di valutare informaticamente l’eventuale superamento del tasso soglia e adeguare trimestralmente il tasso di interesse praticato. La parte civile ricorre per cassazione contro la sentenza del G.U.P. ritenendo che l’imputato meritasse di essere rinviato a giudizio, dal momento che la delega del direttore di banca conferita ad un soggetto esterno non solo richiede un preciso obbligo di verifica, da parte del delegante, sulle qualità del delegato, ma comporta altresì che a questi siano fornite costanti istruzioni e che se ne controlli l’operato. Pertanto, nel caso di superamento del tasso soglia, tali omissioni sono imputabili al direttore; sul piano soggettivo le stesse, a dire del ricorrente, sono compatibili con il dolo di usura, almeno nella forma di dolo eventuale. Infine, secondo il difensore della parte civile, il giudice, nell’emettere la sentenza di non luogo a procedere, avrebbe violato anche l’art. 425 c.p.p., non avendo egli preso in considerazione né i rilievi dei consulenti della stessa parte civile e del p.m. né le osservazioni esposte in memoria difensiva. La Suprema Corte ricorda quali siano i presupposti per emettere sentenza di non luogo a procedere La Sez. II della Corte di Cassazione, prima di affrontare la questione avente specificamente ad oggetto il dolo dell’usura, richiama il proprio orientamento interpretativo sull’art. 425 c.p.p. – da ultimo espresso in Cass. pen., sez. VI, 24/02/2016, n. 17385 – e ricorda che la sentenza di non luogo a procedere «è una sentenza di merito su di un aspetto processuale»,con cui il G.U.P. valuta non la fondatezza dell’accusa, ma «la capacità degli elementi posti a sostegno della richiesta di cui all’art. 416 c.p.p., […] di dimostrare la sussistenza di una minima probabilità che, all’esito del dibattimento, possa essere affermata la colpevolezza dell’imputato». Ciò comporta che il giudice incaricato di questa fase antecedente il possibile rinvio a giudizio, debba valutare se, dinnanzi a fonti di prove che possono condurre a soluzioni molteplici e alternative, la celebrazione del giudizio e, in particolare, lo svolgimento dell’attività istruttoria dibattimentale, possa consentire di superare le differenti e contrastanti letture dei dati raccolti. Nel procedere in tale senso, il G.U.P. ancora non svolge, tuttavia, valutazioni di tipo sostanziale che spetteranno al “giudice del giudizio”. Il dolo nel delitto di usura L’arresto in commento, svolta la premessa di cui si è ora detto a proposito della natura “processuale” della sentenza di non luogo a procedere, “fa il punto” in materia di dolo dell’usura. A tal fine recupera un orientamento di legittimità (risalente nel tempo e antecedente alla riforma del 1996), secondo il quale «il delitto di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire vantaggi usurari». Diversamente – continua la Corte – il dolo eventuale postula una molteplicità di eventi voluti dall’agente in via alternativa o sussidiaria; tale tipologia di dolo non è, però, compatibile con la struttura del delitto punito dall’art. 644 c.p. in cui «vi è l’attingimento dell’unico evento di ottenere la corresponsione o la promessa di interessi o vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile». Stando alle doglianze del ricorrente, l’imputato direttore di banca dovrebbe, invece, rispondere del delitto contestatogli a titolo di dolo eventuale oppure per culpa in eligendo o in vigilando rispetto all’operato della società esterna, incaricata di controllare e ridurre automaticamente il tasso praticato. Una simile soluzione non è ammissibile per la Sez. II della Cassazione, poiché, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prima indicato, l’usura sempre richiede, sul piano soggettivo, la sussistenza del dolo diretto. Il ricorso per Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere Accanto a tale profilo che attiene la struttura del delitto punito dall’art. 644 c.p., il Collegio, sul piano del diritto processuale, ricorda che è inammissibile il ricorso per cassazione della parte civile contro la sentenza di non luogo a procedere se il ricorrente si limita a contestare il merito dell’apprezzamento del G.U.P. e non indica quali elementi di prova dovranno essere acquisiti al dibattimento né quali profili del quadro probatorio siano suscettibili di essere integrati nel contraddittorio tra le parti. Tale giudizio di inammissibilità discende dal principio secondo cui deve celebrarsi il dibattimento «solo se dallo svolgimento della relativa istruttoriala prospettiva accusatoria può trovare ragionevole sostegno per fugare la situazione di dubbio, ma non anche in caso di astratta possibilità di una decisione diversa a parità di quadro probatorio» (Cass. pen., sez. VI, 11/11/2015, n. 48927). Il ricorso è, pertanto, rigettato con condanna alle spese.

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