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Separazione: basta un sms all'amante per l'addebito al marito (Cass. Civ. sez. I sent. 06/03

Gli sms dell'amante scoperti dalla moglie sul cellulare del marito sono elemento sufficiente per addebitare la separazione all'uomo, venuto meno al dovere di fedeltà. È quando deciso dalla Corte di Cassazione, sezione I civile, nella sentenza n. 5510/2017, con cui i giudici hanno confermato l'addebito a carico del partner fedifrago.

La Corte d'Appello aveva giustificato l'addebito della separazione a quest'ultimo per la violazione dell'obbligo di fedeltà, in ragione della scoperta, da parte della moglie, di messaggi amorosi pervenuti sul suo cellulare. Inutile per l'uomo sostenere che la crisi coniugale fosse già presente da tempo, per ragioni diverse dalla lettura dei messaggi avvenuta successivamente.

Per i giudici di legittimità, infatti, non coglie nel segno la lamentata violazione dell'art. 151 c. 2 c.c. in quanto asseritamente sarebbe dichiarato l'addebito come conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di fedeltà, senza che tale violazione fosse stata causa diretta della crisi coniugale.

La sentenza impugnata ha giustificato l'addebito rilevando che la violazione dell'obbligo di fedeltà era stata causa della crisi coniugale, come evidenziato dal fatto che la scoperta dell'infedeltà era avvenuta nel 2007, cioè successivamente a una riconciliazione già intervenuta nel 2002 a seguito della nascita dell'ultima figlia.

Il ricorrente chiede, in sostanza, una rivisitazione del giudizio di fatto concernente l'accertamento della responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza, che è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.

Pertanto, l'uomo dovrà farsi carico del mantenimento della moglie, a cui spetta un assegno di duemila euro al mese, e dei tre figli, a cui spettano tremila euro al mese. Le statuizioni economiche sono giustificate in considerazione dell'elevato tenore di vita dei coniugi durante la vita matrimoniale e della sproporzione reddituale tra le parti, anche tenendo conto della capacità lavorativa della donna.

Il contrasto con altre pronunce

Tuttavia, nonostante nel caso di specie gli Ermellini non siano stati chiamati a pronunciarsi sulla liceità o meno dello "spiare" il cellulare del coniuge, comportamento della moglie che sembra aver determinato la scoperta dell'infedeltà e la successiva separazione, altre pronunce si erano espresse in termini di violazione della privacy.

Nella sentenza n. 24297/2016, gli Ermellini hanno condannato un uomo che aveva letteralmente "scippato" il cellulare alla propria ragazza per leggere i messaggi in esso contenuti.

Nel provvedimento, la Cassazione ha precisato che "l'instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all'autodeterminazione fondato sull'art. 2 Cost., dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione". Il che, nella sfera sessuale, hanno concluso i giudici della Suprema Corte, "comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine".

Lo "spionaggio", tuttavia, può avere anche conseguenze penali, integrandosi l'ipotesi prevista dall'art. 615-ter c.p. che punisce l'accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. Ai sensi della menzionata disposizione, rischia la reclusione fino a tre anni "Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo".

In base a tale disposizione, anche chi si introduce sui social network in maniera abusiva per spiare il partner rischia una condanna penale.

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