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Commette reato e non illecito amministrativo il gestore dell'hotel i cui impianti superano i lim

Commette un reato e non un illecito amministrativo il gestore dell'albergo i cui impianti di condizionamento sono particolarmente rumorosi e superano i limiti fissati dalla legge disturbando il vicinato. Non si tratta dell'illecito ex art. 10 L. n. 447/95, bensì della contravvenzione ai sensi dell'art. 659 c. 1 c.p., punibile con ammenda fino a € 309 oppure, nei casi più gravi, arresto fino a tre mesi.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 28671/2017 con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dal gestore di un hotel condannato dal G.I.P. al pagamento di € 120 d'ammenda in quanto colpevole del reato di cui all'art. 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone).

Per i giudici l'imputato ha permesso, o comunque non impedito, che gli impianti di condizionamento posti sulla copertura dell'edificio e a servizio dell'albergo, producessero rumore a intensità tale da essere superiore ai limiti consentiti, recando così disturbo alle occupazioni e al riposo della popolazione residente.

In Cassazione, l'uomo sostiene di non aver commesso il reato previsto dal codice penale e che, al massimo, il superamento rilevato dall'ARPA del limite differenziale in ambito notturno configurerebbe al più l'illecito amministrativo di cui all'art. 10 c. 2 L. n. 447/1995 (c.d. Legge quadro sull'inquinamento acustico).

Una ricostruzione non condivisa dagli Ermellini, i quali rilevano che nel caso di specie le fonti sonore rumorose superavano i limiti assoluti o differenziali fissati dalle leggi e dai decreti in materia e, per altro verso, è stato altresì accertato che le stesse recavano un pregiudizio al riposo e alle occupazioni di un numero indeterminato di soggetti.

Ciò, secondo la tesi giurisprudenziale che lo stesso ricorrente ha richiamato (Cass., n. 5735/2015), impone di escludere la configurabilità dell'illecito amministrativo di cui alla L. n. 447/1995, rimanendo conseguentemente integrata la contravvenzione prevista dall'art. 659 del codice penale.

Inoltre la Corte rammenta che la contravvenzione contestata rappresenta un reato di pericolo concreto, sicché è necessario l'accertamento che la condotta rumorosa sia concretamente idonea a recare un vulnus alla pubblica tranquillità ovvero un pregiudizio alla quiete nello svolgimento delle occupazioni o nel riposo di una pluralità indeterminata di soggetti. Per tale sua natura, dunque, non è necessaria la concreta lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice ai fini dell'integrazione della fattispecie.

Il giudice di merito, a cui è rimesso l'accertamento dell'idoneità offensiva della singola condotta, ha verificato nel caso di specie che le emissioni sonore superavano i limiti stabiliti dalla legge, ma anche che il rumore diffuso dall'impianto fosse idoneo concretamente a recare grave disturbo ai vicini residenti nel condominio accanto all'hotel. Il ricorso è stato dunque dichiarato inammissibile.

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