Il reato di omissione di soccorso stradale scatta per chiunque sia coinvolto nell'incidente (Cas
L'utente della strada, coinvolto in un sinistro “comunque” riconducibile al suo comportamento, è titolare di una posizione di garanzia diretta a proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso.
E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nel caso in esame, che vedeva la condanna per i reati di cui al D.Lgs. 30/04/1992 n. 285 art. 189 cc.1, 6 e 7, della conducente di un furgone, la quale non aveva ottemperato all'obbligo di prestare assistenza alla persona ferita, avendo con la propria condotta di guida determinato un incidente stradale dal quale erano derivate lesioni personali a un motociclista.
In particolare l'incidente si era verificato in quanto l'imputata, compiendo una manovra di svolta, aveva tagliato la strada al motociclista che proveniva dall'opposta direzione, e ne aveva provocato la caduta in assenza di contatto; pur essendosi avveduta della caduta, non aveva ottemperato all'obbligo di prestare soccorso, venendo successivamente identificata grazie a un testimone che aveva preso il numero di targa del veicolo.
L'imputata, condannata nei due gradi del giudizio di merito, proponeva ricorso per cassazione lamentando travisamento della prova, violazione di legge e vizio di motivazione.
La Corte ha respinto il ricorso evidenziando preliminarmente che il vizio di travisamento della prova, qualora i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, come nel caso di specie, possa essere dedotto solo laddove il giudice di appello abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo macroscopico travisamento delle risultanze probatorie, sì da rendere evidente l'infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito.
Sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la Corte ha sottolineato che l'art. 189 C.d.S. c. 1 ("L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona"), ha inteso attribuire all'espressione “incidente comunque ricollegabile al suo comportamento” il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare della posizione di garanzia: una volta verificatosi l'antefatto previsto dall'art. 189 C.d.S. c. 1 l'obbligo di attivarsi, coerentemente con la natura di reato di pericolo e con la ratio della norma, scatta per chiunque sia coinvolto nel sinistro pur non essendone responsabile e indipendentemente dall'intervento di terzi o delle autorità allertate.
La posizione di garanzia trova, infatti, il suo fondamento nel dato di esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne nell'immediatezza le conseguenze dannose o pericolose e quindi di evitare, indipendentemente dall'ascrivibilità agli stessi di tali conseguenze, che dal ritardato soccorso delle persone ferite possa derivarne un danno alla vita ed all'integrità fisica. Ed invero, il combinato disposto del D.Lgs. n. 285 del 1992 art. 189 cc. 1, 6 e 7, non lega l'obbligo di assistenza alla consumazione e all'accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell'utente della strada al quale l'obbligo di assistenza è riferito.
Pertanto la sola condizione per la esigibilità della assistenza e la punibilità della sua omissione è posta nella generalissima relazione di collegamento tra incidente e comportamento di guida dell'utente della strada.
Quanto all'elemento soggettivo, la Corte ha ricordato come, per giurisprudenza consolidata, l'elemento soggettivo del reato previsto dall'art. 189 C.d.S. c. 7 sia integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio: ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, è sufficiente che l'agente si rappresenti la probabilità - o anche la semplice possibilità - che dall'incidente sia derivato un danno alle persone e che queste necessitino di assistenza e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi.
Poiché nella ricostruzione dei giudici di merito era emerso che la conducente del furgone si era fermata poco più avanti rispetto alla caduta del motociclista (provocata dalla sua manovra di svolta ancorché senza contatto) ed era ripartita dopo aver visto l'intervento di terzi in soccorso del motociclista, la Corte ha respinto le censure proposte condannando la ricorrente alle spese del grado.