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Dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria utilizzabili in abbreviato (Cass. Pen. sez. II sent

Quando si procede con il rito abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria sul luogo o nell'immediatezza del fatto sono utilizzabili ai fini del giudizio poiché l'art. 350 c. 7 c.p.p. preclude l'utilizzabilità delle dette dichiarazioni alla sola sede dibattimentale.

E' quanto affermato dalla II Seconda della Corte di Cassazione nella vicenda che aveva visto condannati per i reati di rapina, porto di oggetti atti ad offendere e ricettazione due soggetti che avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato.

Per vero, la sentenza in questione contiene due assunti importanti occasionati dai motivi proposti dagli imputati.

Il primo, abbastanza pacifico in giurisprudenza, ma che giova tuttavia ricordare, è quello secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono essere da sole poste a fondamento della dichiarazione di responsabilità dell'imputato qualora ne sia attentamente vagliata, in ragione dell'interesse univoco verso un determinato esito del giudizio, la credibilità soggettiva e l'attendibilità oggettiva del racconto. Ciò in quanto la valutazione della testimonianza della persona offesa non richiede, come noto, la necessità di riscontri esterni ex art. 192 c. 3 c.p.p. ma soggiace alle comuni regole di valutazione della prova dichiarativa.

L'altro assunto è quello che suscita immediato interesse per la sentenza in questione poiché interferisce con il principio cardine riassunto nel brocardo nemo tenetur se detegere e con le fondamentali garanzie difensive poste dagli artt. 63 e 64 c.p.p.-

Si tratta dell'affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perché l'articolo 350 c.p.p. c. 7 ne limita l'inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento.

Tale affermazione, propugnata da un orientamento largamente maggioritario (da ultimo Cass. Pen. Sez. V, n. 13917 del 16/02/2017; in precedenza Sez. V, n. 44829 del 12/06/2014;, Sez. V, n. 6346 del 16/01/2014; Sez. V, n. 18064 del 19/01/2010) si fonda sulla considerazione che la norma citata consente espressamente agli ufficiali di polizia giudiziaria di assumere, sul luogo e nell'immediatezza del fatto, dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche senza la presenza del difensore, notizie o indicazioni utili alla prosecuzione delle indagini; mentre le guarentigie difensive degli avvertimenti e della assistenza del difensore sarebbero previste solo negli ulteriori casi disciplinati dall'art. 350 c.p.p. e quindi quando le dichiarazioni dell'indagato non vengano raccolte, appunto, sul luogo o nell'immediatezza dei fatti.

Non si può tuttavia fare a meno di evidenziare, in linea con un orientamento minoritario della giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen. Sez. III sent. 21/09/2012, n. 36596) come la norma posta dall'art. 350 c. 7 faccia eccezione alle norme più generali poste dai commi precedenti - ed in particolare a quelle secondo cui le notizie assunte nella immediatezza e nel luogo del fatto da persona nei cui confronti vengono svolte indagini senza la presenza del difensore possono essere utilizzate solo ai fini della immediata prosecuzione delle indagini mentre ne è vietata ogni documentazione e ogni altra utilizzazione (cc. 5 e 6) - oltre che al principio generale posto dagli artt. 63 e 64 c.p.p. (ed al principio generale del nemo tenetur se detegere invocato da Sez. II 29/04/2009 n. 34512). La natura eccezionale della norma in questione induce a ritenere che di essa debba darsi una interpretazione restrittiva che ad avviso di chi scrive potrebbe essere nel senso di configurare la previsione del c. 7 non come ipotesi di inutilizzabilità relativa alla fase dibattimentale (e di utilizzabilità altrimenti, quindi nell'alveo del giudizio abbreviato) ma come ipotesi di inutilizzabilità operante nel giudizio ordinario poiché nell'ambito di quest'ultimo attraverso il meccanismo delle contestazioni dibattimentali (finalizzato a vagliare la credibilità del dichiarante senza allegazione al fascicolo d'ufficio) viene ripristinato l'assetto delle garanzie che presiedono alla legalità del procedimento probatorio. Ferma restando quindi l'inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese senza garanzie alla P.G. nell'ambito del rito abbreviato, non potendo la negoziazione abdicativa nella quale si concreta la scelta del rito in questione avere ad oggetto la natura e il grado dei diritti presidiati dagli artt. 63 e 64 c.p.p.-

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