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Danno non patrimoniale: la Cassazione conferma la “personalizzazione” (Cass. Civ. sez. III sent. 21/

Il danno non patrimoniale è da liquidarsi sulla scorta di una personalizzazione basata sull'esperienza di vita della vittima.

La Suprema Corte è ritornata su una questione ormai consolidata, fissando una serie di paletti per il risarcimento del danno non patrimoniale, che non deve basarsi su un ristoro forfettizzato sulla base delle tabelle ma in base a circostanze concrete.

La pronuncia è stata resa a seguito di ricorso per Cassazione dell’assicurazione che era stata condannata al ristoro di danni non patrimoniali ad un uomo vittima di incidente stradale dal quale riportava una grave invalidità.

In particolare le doglianze della compagnia assicuratrice verso le sentenze di primo grado e di appello erano rivolte sul metodo di liquidazione del danno non patrimoniale e della relativa personalizzazione, tanto con riguardo alla quantificazione del danno, tanto quanto al pregiudizio riflesso dal coniuge.

Già le SS.UU. con la sentenza n. 26972/2008, ha iniziato a parlare di personalizzazione del danno, nel caso di liquidazione del danno per lesione del diritto alla salute, la quale deve tener conto della maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento.

Ed ancora con la pronuncia n. 12408/2011 la Corte di Cassazione sosteneva l’incongruità delle motivazioni basate solo ed esclusivamente sulle liquidazioni tabellari del danno biologico poiché dette tabelle non considerano tutte le componenti del danno biologico.

A conclusione dell’excursus giurisprudenziale la Corte di Cassazione con sentenza n. 5243/2014, ribadisce che il risarcimento alla persona deve essere integrale, essendo compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio.

Con la sentenza in commento i Giudici di Piazza Cavour ha affermato che “con riguardo alla liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. personalizzazione del danno forfettariamente individuato attraverso meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento spetta al giudice far emergere e valorizzare, le specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame”.

Difatti le tabelle previste già contengono la quantificazione delle conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla forfetizzazione del danno non patrimoniale.

Non basta allegare all'apprezzamento del giudice circostanze solo asseritamente personalizzate e genericamente individuate (come “aiuto ai terzi”, “visibilità”, “iter clinico”, “terapia”, “chirurgia”, “rinunce”), poiché bisogna procedere ad una articolazione analitica di dette voci attraverso l’inerenza di esse alla persona ed alla sua esperienza di vita. In caso contrario ci troveremmo difronte ad una duplicazione risarcitoria.

Occorre pertanto che il giudice provveda alla liquidazione secondo un criterio di personalizzazione del danno escludendo ogni meccanismo di liquidazione.

Ancora la Corte si sofferma sul danno da liquidarsi ai parenti prossimi, ed in particolare al danno subito dal coniuge che deve essere valutato complessivamente ed equitativamente, tenendo conto della relazione affettiva del danneggiato con la vittima, danni che inevitabilmente sono destinati a riflettersi sulla sfera giuridica-affettiva del prossimo congiunto.

Anche in questo caso la Corte si era pronunciata su tale argomento con la sentenza n. 22909 del 13/12/2012, la quale indicava che il danno patito dai prossimi congiunti della vittima doveva essere liquidato attraverso la necessaria considerazione delle circostanze del caso concreto, escludendo qualsiasi automatismo liquidativo.

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