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Non è necessaria una sentenza definitiva sull'assegno di divorzio affiché sia riconosciuto il di

Affinché sia riconosciuto il diritto della ex moglie a percepire una quota della pensione di reversibilità del marito, non è necessario che al momento della morte di questi sia già passata in giudicato la sentenza che le riconosce il diritto alla percezione dell'assegno divorzile, essendo, invece, sufficiente che sia stata giudizialmente accertata la spettanza dell'esborso.

Tanto ha precisato la Corte di Cassazione, I sezione civile, nella sentenza n. 4107/2018 che ha accolto il ricorso della prima moglie del de cuius. La ricorrente era stata sposata a lungo con il marito, dal quale aveva avuto due figli, mentre l'uomo, a seguito dell'intervenuto divorzio, aveva contratto seconde nozze durate, tuttavia, solo pochi mesi essendo lui successivamente deceduto.

Tuttavia, nel momento del decesso, era stato già pronunciato con una sentenza parziale il divorzio dalla prima moglie e il giudizio era continuato per la determinazione dell'assegno divorzile, nonostante l'esborso fosse stato riconoscimento in via provvisoria dal Presidente del Tribunale.

Riconosciuto l'assegno, tuttavia, prima il tribunale poi la Corte di appello avevano rigettato la domanda della ex volta al riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto spettante all'ex coniuge.

I giudici avevano ritenuto che la donna non fosse ancora titolare di assegno divorzile nel momento in cui era intervenuta la morte dell'ex marito, presupposto richiesto dalla legge per l'accoglimento delle sue domande. La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la fruizione dell'assegno fosse una condicio iuris stabilita dalla legge che dovesse essere concreta e attuale nel momento della domanda, dovendosi trattare di un fatto preesistente.

In Cassazione, la ricorrente critica la decisione proprio per aver affermato la necessità, ai fini del riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex, che al momento della morte di questi fosse già passata in giudicato la sentenza che le riconosceva il diritto a percepire l'assegno divorzile.

La volontà espressa dal legislatore, evidenzia la donna, è nel richiedere solo che il diritto all'assegno divorzile sia stato giudizialmente accertato e neppure la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 5 c. 1 L. n. 263/2005 richiederebbe il passaggio in giudicato della statuizione in materia di assegno divorzile.

Una censura che trova l'avallo della Cassazione: in effetti, precisano gli Ermellini, la legge non prevede ai fini del riconoscimento del diritto all'attribuzione di una porzione della pensione di reversibilità, che, al momento in cui la domanda è proposta, sia intervenuto l'accertamento della spettanza dell'assegno divorzile in favore dell'istante mediante pronuncia avente efficacia di giudicato.

Invero, precisa la Corte, la legge richiede una pronuncia del Tribunale e appare quindi sufficiente la pronuncia della sentenza che definisce il primo grado del giudizio e riconosce il diritto al'assegno divorzile.

Sbaglia, dunque, la Corte d'Appello a fondare la decisione su presunte pronunce di legittimità in materia in quanto non si rinvengono decisioni della Cassazione che abbiano sinora richiesto come necessario l'accertamento con efficacia di giudicato.

La sentenza del Tribunale che ha riconosciuto l'assegno divorzile alla ricorrente, spiegano gli Ermellini, ha evidentemente accertato che ella era titolare del diritto a percepirlo già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio, quando l'ex marito era ancora in vita, altrimenti avrebbe dovuto fissare una diversa decorrenza. Pertanto, conclude la Corte, le compete il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex marito.

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