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Colpa medica: il primo intervento delle SS.UU. sulla legge Gelli (Cass. Civ. SS.UU. sent. 22/02/20

La materia della responsabilità medica, da poco meno di un anno, è stata sottoposta a un'importante riforma che ne ha ridisegnato del tutto i connotati con l'obiettivo di contemperare le esigenze di pazienti e di medici, di combattere la medicina difensiva e di rendere certe le tutele evitando al contempo di costringere i medici a lavorare nel costante timore di essere coinvolti in pesanti contenziosi giudiziari e, quindi, senza la necessaria serenità.

Tuttavia, nonostante i recenti interventi frutto della cd. Legge Gelli, alcune questioni di fondamentale rilevanza nel campo della responsabilità medica sono rimaste contorniate da rilevanti margini di incertezza, che hanno reso necessario l'intervento sia del legislatore, sia della giurisprudenza.

Proprio i giudici, in particolare le SS.UU. della Corte di Cassazione, hanno di recente emanato un'importante sentenza (la numero 8770/2018), con la quale hanno chiarito quando oggi il medico può essere chiamato a rispondere a titolo di colpa per la morte o le lesioni personali derivate al paziente dalla sottoposizione a un'attività sanitaria e quale ruolo giocano in tale contesto le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali.

Il che impone di fare chiarezza sulla rilevanza giuridica dell'errore medico in caso di colpa lieve.

Innanzitutto va detto che oggi, a seguito della legge Gelli, sul versante civilistico la responsabilità del medico ha sempre natura extracontrattuale, salvo il caso in cui il sanitario abbia stipulato un autonomo contratto con il paziente. È invece di natura contrattuale la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti dei suoi pazienti.

Tale bipartizione comporta delle rilevanti conseguenze sia sulla prescrizione (quinquennale nel primo caso, decennale nel secondo), sia sull'onere della prova (posto che nel primo caso è il paziente a dover dimostrare la colpa del medico, mentre nel secondo caso è la struttura sanitaria che deve provare di non avere alcuna responsabilità per i danni lamentati dal paziente).

Sul versante penalistico, invece, con la recente riforma si è introdotto nel codice penale un nuovo articolo, il 590 sexies, che prevede che se l'evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità del medico è esclusa quando questi abbia agito nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida (come definite e pubblicate ai sensi di legge) o, in loro mancanza, nel rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali, purché le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Proprio la questione del ruolo effettivo delle linee guida è stato oggetto del contrasto interpretativo inerente alla rilevanza giuridica dell'errore medico in caso di colpa lieve, recentemente risolto dalla Corte di Cassazione.

Si trattava, in sostanza, di comprendere se, in caso di rispetto delle linee guida o delle buone prassi, il medico sia automaticamente esonerato da responsabilità e cosa accade se il medico, pur avendo correttamente scelto le linee guida da applicare nel caso concreto, commetta un errore nella loro effettiva attuazione.

Sul punto, il primo intervento chiarificatore delle SS.UU. si è avuto con l'informazione provvisoria numero 31 del 21/12/2017.

In essa, la Cassazione ha affermato che la penale responsabilità del sanitario può essere dichiarata solo nelle seguenti ipotesi:

a) l'evento dannoso per il paziente si è verificato per colpa, lieve o grave, del medico, derivante da negligenza o imprudenza, ma non da imperizia;

b) non sono disponibili né linee guida né buone prassi e il medico ha commesso un errore esecutivo rimproverabile, anche per colpa lieve;

c) il medico ha agito con imperizia derivante da errore, anche per colpa lieve, nell'individuazione e nella scelta delle linee guida o delle buone prassi adeguate;

d) l'evento dannoso si è verificato per colpa, solo grave, del medico, derivante da imperizia in caso di errore esecutivo rimproverabile, se nel caso concreto esistono linee guida o, in subordine, buone prassi adeguate alle quali il sanitario si è attenuto.

Sulla questione, le SS.UU. sono tornate più di recente con la sentenza numero 8770/2018, affermando che l'art. 590 sexies c.p. continua in realtà a sottendere la nozione di colpa lieve, in linea con la normativa precedente e la tradizione giuridica che si è consolidata negli ultimi decenni, e che quindi la scelta del legislatore del 2017 di non evocare tale nozione in maniera esplicita non preclude una ricostruzione normativa che in realtà ne tenga conto.

I giudici della Cassazione, pertanto, senza lasciare più spazio a dubbi hanno definitivamente chiarito che "l'esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica:

a) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da negligenza o imprudenza;

b) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;

c) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;

d) se l'evento si è verificato per colpa "grave" da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico".

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