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Clausole vessatorie: non basta sottoscrivere in blocco le condizioni generali (Trib. Reggio Emilia s

Non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c. 2 c.c., il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e quindi la loro sottoscrizione indiscriminata, poiché con tale modalità non è garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole, in quanto ricompresa tra le altre richiamate.

A confermare il suddetto orientamento è il Tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 623 del 24/04/2018.

Al fine di costituire una più forte tutela per il contraente debole, il legislatore, nell’ambito delle condizioni generali di contratto, ha previsto la necessità della specifica approvazione per iscritto delle clausole c.d. vessatorie, ossia di quelle pattuizioni particolarmente onerose e svantaggiose per l’aderente.

E così, l’art. 1341 c. 2 c.c. statuisce che in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono a favore del predisponente:

a) limitazioni di responsabilità; b) facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’aderente; c) decadenze; d) limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni; e) restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti; f) tacita proroga o rinnovazione del contratto; g) clausole compromissorie e clausole di deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria.

Nelle intenzioni del legislatore, la specifica sottoscrizione di alcune clausole particolarmente sbilanciate in favore di chi le ha predisposte varrebbe a destare l’attenzione del contraente debole, che accettando “in blocco” le condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte dall’altro contraente potrebbe non valutare adeguatamente quella parte del regolamento contrattuale che aggravi la sua posizione rispetto a quella risultante dall’applicazione della disciplina legale del contratto.

Si prevede, così, un meccanismo basato su una “doppia sottoscrizione”: con la prima, l’aderente manifesta la volontà di accettare il contenuto delle condizioni generali di contratto “non onerose”, con la seconda, da apporsi in modo “specifico”, approva il contenuto di quelle vessatorie.

La necessità della specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie non ammette equipollenti: così, la produzione in giudizio del documento contrattuale da parte del contraente aderente se vale certamente a sanare la mancanza della sottoscrizione, non può, però, sostituire la specifica approvazione delle clausole vessatorie, che quindi, a differenza delle “altre” condizioni generali, rimarranno senza effetto. Per altro verso, se le clausole vessatorie non sono state sottoscritte, a nulla varrebbe la prova che l’aderente ne conoscesse comunque l’esistenza e, di contro, una volta che tali clausole siano state sottoscritte, a nulla varrebbe provare, per renderle inefficaci, che l’aderente ciò nonostante non le conoscesse e ciò in quanto, secondo la giurisprudenza, implicando la specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie l’esatta conoscenza del loro contenuto, nessuna indagine si impone in ordine a tale conoscenza, da doversi ritenere accertata in presenza della richiesta sottoscrizione.

Una volta chiarito che la formalità della doppia sottoscrizione è indispensabile per la produzione di effetto delle clausole vessatorie, non potendo ritenersi sufficiente un’unica sottoscrizione in calce al contratto, pare opportuno ora indagare sulle modalità con cui tale requisito possa dirsi soddisfatto.

Al riguardo, è pacifico che non occorrono tante firme quante sono le clausole vessatorie: una sottoscrizione è sufficiente per approvare specificamente più clausole vessatorie, purchè queste ultime siano chiaramente individuate.

È del pari pacifico che non è necessario che la sottoscrizione faccia seguito alla riproduzione integrale del testo delle clausole vessatorie: è sufficiente che la sottoscrizione sia collocata dopo un’indicazione idonea a richiamare l’attenzione dell’aderente sulle clausole vessatorie contenute nel contratto. Si discute, invece, se tale indicazione debba recare una sintetica esposizione del contenuto della singola clausola vessatoria da approvare (ad esempio, clausola compromissoria), o se viceversa sia sufficiente il mero richiamo al numero assegnato alla clausola (ad es. clausola nr. 10). La giurisprudenza prevalente reputa assolto l’onere formale quando l’aderente sottoscrive un’autonoma dichiarazione di accettazione delle clausole vessatorie individuate attraverso il richiamo al loro numero o al loro contenuto.

La giurisprudenza è invece assolutamente assestata nella valutazione della fattispecie oggetto dalla pronuncia in rassegna, in cui è stata eccepita la validità di una clausola vessatoria, derogativa della competenza territoriale, perché approvata unitamente a molteplici altre clausole, molte delle quali non vessatorie. Il Tribunale di Reggio Emilia aderendo al consolidato insegnamento della giurisprudenza ha chiarito che non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c. 2 c.c. il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e quindi la loro sottoscrizione indiscriminata, poiché con tale modalità non è garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole, in quanto ricompresa tra le altre richiamate: trattasi infatti di una modalità di approvazione della clausola vessatoria tale da rendere oggettivamente difficoltosa la percezione della stessa, giacché la genericità di tale riferimento priva l’approvazione della specificità richiesta dall’art. 1341 c.c., in quanto la norma richiede non solo la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate.

Il principio di diritto applicato dal Tribunale reggiano appare meritevole di qualche osservazione critica. Esso, in particolare, non appare pienamente compatibile con l’opinione prevalente, specie in giurisprudenza, secondo cui la specifica approvazione per iscritto rappresenta un onere di natura formale, di rispetto di una forma ad substantiam, la cui inosservanza provoca la nullità delle clausole vessatorie. Non solo: sempre la giurisprudenza - pur se con pronunce risalenti nel tempo - ha avuto modo di affermare, come già accennato, che l’avvenuta sottoscrizione delle clausole vessatorie da parte del contraente non predisponente implica l’effettiva conoscenza delle stesse, per cui, una volta accertato il rispetto della forma richiesta dalla legge, sarebbe inibito al giudice ogni altra valutazione in ordine alla loro effettiva conoscenza (o conoscibilità), come invece è chiamato a fare per le condizioni generali di contratto “non onerose” ex art. 1341 c. 1 c.c., secondo il quale perché le condizioni generali di contratto siano efficaci è necessario che l’aderente le abbia conosciute, o quanto meno che, usando l’ordinaria diligenza, dovesse conoscerle.

L’orientamento giurisprudenziale sposato dalla pronuncia di merito in rassegna, come già ricordato, esclude, invece, ai fini della validità delle clausole vessatorie, la sufficienza della loro mera sottoscrizione, reputando che in caso di stipulazione “promiscua” (in cui cioè si assista ad una indiscriminata sottoscrizione della totalità delle clausole contrattuali, alcune delle quali di natura non onerosa), si renderebbe difficoltosa per il contraente debole la percezione delle clausole vessatorie; la giurisprudenza trae questo principio muovendo dal c. 2 dell’art. 1341 c.c., senza che però, a ben vedere, questa tutela sia presidiata dalla norma, la quale si limita a richiedere, ai fini della validità della stipulazione della clausola onerosa per il contraente non predisponente, solo il rispetto della forma scritta, senza che vengano in rilievo ulteriori valutazioni.

Per altro verso, non pare si possano dissipare le perplessità sulla pronuncia annotata, quand’anche si volesse escludere che la specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie implichi automaticamente la loro validità e invece si volesse sposare la tesi propugnata da autorevolissima dottrina, secondo cui il requisito del c. 2 dell’art. 1341 c.c. si aggiunge a quello del c. 1, ma non lo elimina, così che una clausola onerosa, anche se approvata per iscritto, non vincola l’aderente se da lui non conoscibile con l’ordinaria diligenza. In quest’ottica, infatti, la presenza della sottoscrizione apposta in calce ad un complesso di clausole riproducenti le condizioni generali di contratto, recante clausole vessatorie mescolate a clausole non vessatorie, dovrebbe indurre il giudice a verificare e controllare caso per caso l’effettiva conoscenza o conoscibilità delle clausole vessatorie da parte del contraente aderente e ciò in forza del primo comma dell’art. 1341 c.c., ma non a ritenere, per ciò stesso ed in automatico, nulle le clausole vessatorie ex art. 1341 c. 2 c.c., come affermato dal Tribunale reggiano.

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