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Violenza sessuale: esclusa l’aggravante se vittima era già ubriaca (Cass. Pen. sez. III sent. 11/07/

Posto che, ai sensi dell’art. 609 ter c. 1 n. 2 c.p., il delitto di violenza sessuale è aggravato se commesso con l’uso di sostanze alcoliche, la Corte di Cassazione, Sez. III, con la sent. n. 32462 del giorno 11/07/2018 con una decisione innovativa, ha affermato che tale aggravante non può applicarsi se lo stato di ubriachezza è volontario ed antecedente alla violenza stessa, mentre questo rileva, invece, sulla assenza del consenso al rapporto sessuale, poi forzatamente subìto.

Gli imputati venivano condannati per il reato di violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), aggravata, ai sensi del c. 3 della medesima disposizione che richiama le circostanze di cui all’art. 609 ter c.p., in quanto la vittima dello stupro era, al momento del fatto, palesemente ubriaca. La Corte di Cassazione, su tale punto, opera, innovando la giurisprudenza precedente, un particolare distinguo, a seconda che il soggetto passivo del reato si trovi già in uno stato di ubriachezza, da lui volontariamente indotto, come nella fattispecie in esame, ovvero se era stato posto dagli autori del fatto in tale particolare condizione psico-fisica.

Invero la Corte ha ben presente la giurisprudenza pregressa, ai sensi della quale, in tema di violenza sessuale di gruppo, rientrano tra le condizioni di “inferiorità psichica o fisica”, previste dall'art. 609 bis c. 2 n. 1,c.p., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l'abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell'agente (Cass. pen., Sez. III, 11/01/2017, n. 45580. In termini più generici ed onnicomprensivi cfr. Cass. pen., Sez. III, 21/06/2016, n. 39800, che insiste sul “doloso sfruttamento delle condizioni di menomazione della vittima”).

Ebbene, nella sentenza in esame, la Corte insiste su tale impostazione, ma sottolineando che tale situazione di ubriachezza, comunque indotta, personalmente overo da terzi, rileva ai fini della sussistenza, o meno, del consenso all’atto sessuale e, quindi, sull’essenza stessa del delitto di violenza sessuale.

Anzi, la Sezione III, ciò premesso, nitidamente espone il seguente principio di diritto: “Integra il reato di violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di coloro che inducano la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcoliche, essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole, anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcool e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all’assunzione delle dette sostanze”.

Tale impostazione, invero, era già sostenuta anche da parte della dottrina, la quale aveva affermato che, nell’ipotesi di assunzione spontanea di sostanza alcolica da parte della vittima, il reo si è limitato ad approfittare della situazione di incapacità (totale o parziale) di questa, secondo le modalità della violenza sessuale “per induzione” (art. 609 bis c. 2 c.p.), escludendo, pertanto, in questi casi, l’aggravante di cui all’art. 609 ter c. 1 n. 2 c.p.-

Se l’ubriachezza volontaria può, dunque, incidere sul consenso della vittima ed i rei (siamo nell’ipotesi della violenza sessuale di gruppo) possono avere approfittato di tale incapacità per indurla ad un rapporto sessuale e con il conseguente perfezionarsi del reato di cui all’art. 609 octies c.p., l’aggravante della ubriachezza deve intendersi in tutt’altro modo. L’art. 609 ter c. 1 n. 2 c.p. nel prevedere la nuova cornice edittale aggravata se i fatti sono commessi “con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa”, delinea un ventaglio di ipotesi violente necessariamente strumentali alla violenza sessuale: nel caso che ci occupa, l’alcool avrebbe dovuto essere stato somministrato alla vittima in vista di tale finalità.

Nello stesso senso, peraltro, la difesa di uno dei ricorrenti aveva rimarcato come il mezzo descritto dall’art. 609 ter c. 1 n. 2 c.p. debba essere imposto contro la volontà della persona offesa: in altri termini, la sostanza alcolica avrebbe dovuto essere stata assunta a seguito di un comportamento violento o minaccioso dell’agente.

Il quadro apparentemente confuso e la complessa ricostruzione della vicenda dipende proprio dalle dichiarazioni della vittima, la quale, ammettendo di essersi fortemente ubriacata in precedenza (e, forse, anche con l’assunzione di cannabis), afferma di ricordare solo in maniera parcellizzata o contradditoria quanto avvenuto: la costrizione a rapporti sessuali di vario tipo con i due imputati. Le successive prove raccolte, quali i referti medici e le testimonianze, avevano poi portato i giudici di merito a concludere nel senso della violenza sessuale di gruppo, peraltro ritenuta aggravata dallo stato di ubriachezza.

La Cassazione respinge i ricorsi presentati trovando del tutto logico argomentato e plausibile il ragionamento della Corte d’Appello sull’esistenza del reato di cui all’art. 609 octies c.p.-

Su un punto, invece, è di diverso avviso, in quanto dagli atti traspare inequivocabilmente che lo stato di ubriachezza era stato volontariamente causato dalla vittima, mentre i ricorrenti avevano approfittato di tale presente incapacità per commettere la violenza di gruppo. Pertanto, alla luce di quanto espresso, non può sostenersi la presenza dell’aggravante di cui all’art. 609-ter, comma 1, n. 2 c.p.: da qui l’annullo della sentenza nella parte de qua.

Peraltro, avendo la Corte d’Appello ritenuto le concesse circostanze generiche (art. 62-bis c.p.) prevalenti su tale aggravante, la scomparsa di quest’ultima potrebbe incidere sul quantum della pena, poiché la riduzione per le circostanze attenuanti generiche non era stata applicata nella sua massima estensione.

Donde il rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per la specificazione della pena.

Una noterella finale

I mezzi di informazione non specialistici e di larga diffusione hanno subito dato notizia, seppur in termini succinti, di tale decisione della Suprema Corte. Spesso è accaduto che, non leggendo il testo della sentenza e fermandosi magari sulla semplice massima, il cronista abbia formulato tale comunicazione in modo giuridicamente non corretto o, perfino, paradossale. Non si può non auspicare che ciò non accada in riferimento a tale pronuncia: non vorremmo che il lettore pervenisse alla assurda convinzione che la pena sarebbe minore se lo stupro è commesso su persona già ubriaca per conto suo.

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