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La Cassazione riafferma il termine di prescrizione quinquennale per i crediti erariali (Cass. Civ.

Il termine per riscuotere i crediti erariali (IRPEF, IVA, IRAP, ecc.) a seguito della notifica della cartella esattoriale e di qualsiasi altro atto amministrativo di natura accertativa non può che ritenersi quinquennale, alla stregua di quanto già previsto per i tributi locali (ICI, IMU, tasse per lo smaltimento dei rifiuti, contributi di bonifica, ecc.), con la conseguenza che qualora l’Agente della Riscossione non ottemperi ad interrompere il decorso dello stesso con la notifica di atti idonei in tal senso, il successivo provvedimento invitato al contribuente non potrà che ritenersi inesorabilmente nullo.

È quanto emerge dalla recentissima sentenza n. 30362/2018 della V Sezione Civile della Corte di Cassazione, pubblicata il 23/11/2018.

I Supremi giudici hanno osservato che la prescrizione quinquennale è giustificata da un ragionevole principio di equità, che vuole che il debitore venga sottratto all'obbligo di corrispondere quanto dovrebbe per prestazioni già scadute tutte le volte che queste non siano state tempestivamente richieste dal creditore.

Secondo tale nuovo orientamento, che ha notevolmente esteso i margini difensivi del cittadino, quest’ultimo potrà quindi “chiedere al giudice l’estinzione del credito statale per intervenuta prescrizione breve, non soltanto nei casi di notifica di cartella esattiva (art. 36 bis e/o ter d.P.R. n. 600/73), bensì anche nelle fattispecie riguardanti qualsiasi atto amministrativo di natura accertativa (avvisi di accertamento, avvisi di addebito, ecc.)”.

Principi di diritto già affermati dalle SS.UU. con la sent. n. 23397 del 17/11/2016 e più recentemente dalla sent. n. 930 del 17/01/2018, secondo cui “la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.”.

In tale contesto, la Corte di legittimità aveva altresì chiarito che tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.

Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, “la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Alla luce di ciò, si spera definitivamente che il granitico orientamento di legittimità venga recepito dalle Commissioni Tributarie e si ponga fine al contrasto giurisprudenziale creatosi intorno alla suscettibilità o meno di un titolo di formazione extragiudiziale – qual è appunto la cartella esattoriale e/o l’avviso di accertamento impoesattivo – di acquisire il regime della prescrizione ordinaria decennale disposto dall’art. 2946 c.c., nel caso i predetti atti non fossero stati opposti nei 60 giorni seguenti alla loro ricezione da parte del contribuente.

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