Commette un reato il marito che accede al profilo Facebook della moglie senza autorizzazione (Cass.
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha precisato che la conoscenza delle credenziali di accesso a un sistema informatico non esclude il reato di accesso abusivo (art. 615 ter c.p.) allorquando questo avvenga in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbiti da qualsiasi possibile ambito autorizzatorio del titolare dello ius excludendi alios.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, il ricorrente era stato condannato per il reato di cui all'articolo 615 ter c.p., commesso accedendo al profilo Facebook della moglie con il nome utente e la password utilizzati da quest'ultima, a lui noti da prima della fine della loro relazione; l'imputato, secondo i giudici di merito, avrebbe così potuto fotografare una chat intrattenuta dalla moglie con un altro uomo, successivamente prodotta nel giudizio di separazione, e avrebbe poi cambiato la password, si' da impedire alla persona offesa di accedere al social network.
La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso in quanto tendente ad una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie, ha in particolare respinto la valenza a discarico dell'avvenuta comunicazione delle credenziali all'imputato da parte della moglie prima del lacerarsi della loro relazione, valorizzata nell'impugnazione di legittimità: a riguardo, ha precisato che tale circostanza non escluderebbe comunque il carattere abusivo degli accessi in contestazione poiché, mediante questi ultimi, sarebbe stato ottenuto “un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante rispetto a qualsiasi possibile ambito autorizzatorio del titolare dello ius excludendi alios, vale a dire la conoscenza di conversazioni riservate e finanche l'estromissione dall'account Facebook della titolare del profilo e l'impossibilità di accedervi”.
Tale interpretazione, come sottolineato dalla stessa Sezione, si pone in linea con la sentenza delle SS.UU., n. 41210 del 18/05/2017 che, sia pure rispetto ad una situazione diversa (accesso al registro informatizzato delle notizie di reato da parte del funzionario di cancelleria per ragioni estranee allo svolgimento delle proprie funzioni) ha ritenuto che la fattispecie criminosa di cui all'art. 615 ter c.p. sia integrata dalla condotta di chi, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni “ontologicamente” estranee o diverse rispetto a quelle per le quali, soltanto, la facoltà di accesso gli è attribuita.