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Ammissibilità di una servitù di parcheggio strutturata secondo lo schema previsto dall'art. 1027

Deve ritenersi ammissibile la configurabilità di una c.d. servitù di parcheggio, strutturata secondo lo schema previsto dall'art. 1027 c.c.- Spetta al giudice di merito accertare la ricorrenza delle condizioni prescritte dalla norma e la sussistenza di un'utilitas di carattere reale costituita a diretto vantaggio del fondo dominante.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sez. II, nella sentenza in commento.

La vicenda ha visto una società contestare a un'altra l'illegittima occupazione di quattro posti auto in uno spazio scoperto suddiviso in 27 posti. La convenuta, invece, aveva eccepito l'acquisto del diritto di parcheggio in base a una convenzione stipulata nel 1979 con l'allora proprietaria o, in subordine, per intervenuta usucapione.

Secondo la Corte distrettuale, invece, nel nostro ordinamento non è configurabile una servitù di parcheggio, mancando il requisito della realità, poiché, in tali ipotesi, l'utilitas non è riferibile ai fondi, ma alle persone che esercitano il diritto.

I giudici hanno aggiunto che tale diritto non era "sorto per usucapione perché non è configurabile né la servitù di parcheggio né, quindi, il relativo possesso" e, dunque, le parti avevano costituito un diritto reale di uso disciplinato dal codice civile, non trasmissibile ai successivi acquirenti in mancanza di una deroga pattizia al divieto contemplato dall'art. 1024 c.c.-

Una conclusione non condivisa dalla Corte di Cassazione. I giudici prendono atto dell'indirizzo, prevalente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, stante la natura personale del diritto di parcheggio, il suo esercizio non sarebbe suscettibile di possesso ad usucapionem e non potrebbe determinare alcun acquisto a titolo originario di una servitù (Cass. 5769/2013; Cass. 1551/2009; Cass. 20409/2009; Cass. 8137/2004).

Tuttavia, in un recente arresto (sent. 16698/2017), la Cassazione stessa ha escluso un'assoluta preclusione alla configurabilità della servitù volontaria di parcheggio, osservando che la relativa utilità può esser legittimamente prevista dal titolo a diretto vantaggio del fondo dominante (per la sua migliore utilizzazione), piuttosto che delle persone che concretamente ne beneficino. In tal caso, ove le parti abbiano inteso costituire una vera e propria servitù, il diritto è trasmissibile unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorietà.

Nel ritenere condivisibile tale indirizzo, gli Ermellini evidenziano che, ex art. 1027 c.c., la servitù consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo, appartenente ad un diverso proprietario.

La norma non tipizza in modo tassativo le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale, non derivando alcun ostacolo dal principio di tassatività dei diritti reali, il quale si connette alle connotazioni strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes ed è indipendente dal contenuto di quest'ultima.

Il Collegio ribadisce che per l'esistenza di una servitù non rileva la natura del vantaggio previsto dal titolo, ma il fatto che esso sia concepito come qualitas fundi in virtù del rapporto, istituito convenzionalmente, di strumentalità e di servizio tra gli immobili, in modo che l'incremento di utilizzazione che ne consegue deve poter essere fruito da chiunque sia proprietario del fondo dominante, non essendo imprescindibilmente legato ad una attività personale del singolo beneficiario.

Entro tali limiti, qualunque utilità che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, può assumere carattere di realità.

Per gli Ermellini è dunque una mera questio facti stabilire, in base all'esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitù o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell'art. 1027 c.c.-

La Corte territoriale, anziché ritenere l'assoluta impossibilità di ravvisare, nella facoltà di parcheggiare le auto sullo spazio scoperto della società resistente, un'utilitas di carattere reale, avrebbe dovuto accertare se detta utilitas fosse stata costituita a diretto vantaggio del fondo dominante e se ricorressero le ulteriori condizioni prescritte dall'art. 1027 e ss. c.c. (l'altruità della cosa, l'assolutezza del diritto, l'immediatezza del vantaggio, la sua inerenza al fondo servente e a quello dominante, la specificità dell'utilitas, la localizzazione, intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù).

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