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Le domande ed eccezioni non accolte in primo grado vanno riproposte entro la prima udienza d’appello

Le domande e le eccezioni assorbite in primo grado vanno riproposte in appello, non oltre la prima udienza. Dunque, nel processo ordinario di cognizione, come da novella di cui alla L. 353/90 e successive modifiche, le parti che propongono impugnazione, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, devono riproporre con il primo atto difensivo e, comunque, non oltre la prima udienza, le domande ed eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite.

E’ quanto affermato dalle SS.UU. Civili della Cassazione, nella sentenza n. 7940/19.

La Corte di legittimità è stata chiamata a pronunciarsi su una questione di particolare importanza sia per la mancanza di precedenti pronunce concordanti, sia per l’esigenza “nomofilattica” evidenziata dai giudici rimettenti, relativamente all'interpretazione di norme disciplinanti il rito dell’impugnazione di appello.

Nella vicenda in esame, la Corte territoriale aveva accolto il gravame principale e, riformando la decisione di primo grado, aveva riconosciuto come dovuto agli originari attori, il risarcimento dei danni, con accoglimento delle domande restitutorie svolte dagli stessi, mentre aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione incidentale degli appellati/originari convenuti, in quanto tardivamente proposta con comparsa di costituzione depositata dopo la scadenza del termine ex art. 343 c. 1 c.p.c.-

Avverso tale sentenza, i ricorrenti avevano proposto ricorso per cassazione, e la III Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 29499 del 2017, aveva rimesso gli atti al Primo Presidente, per risolvere una questione di particolare importanza, la cui soluzione era rilevante per la decisione del ricorso. Pertanto, il Primo Presidente aveva assegnato il ricorso alle SS.UU.-

Il Supremo Consesso di legittimità, analizzando il caso in esame, ha rilevato che la Corte di merito ha errato quando ha sostenuto che la domanda di manleva nei confronti dell’assicurazione doveva essere oggetto di appello incidentale, anche se è stata assorbita dal giudice di primo grado. Dunque, le domande e le eccezioni non accolte, riguardano la trattazione di circostanze già rientranti nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado, poiché non introducono, nel giudizio pendente, nuovi diritti o nuovi fatti realizzanti eccezioni, non essendo ampliato l'oggetto del giudizio, ma solo palesato l'interesse, alla decisione su diritti o su eccezioni, già introdotte in causa. D’altra parte, la mancata riproposizione di una domanda non esaminata in primo grado non dà luogo al giudicato ma ad una preclusione processuale, per cui si è in presenza di una facoltà estinta perché non esercitata nel rispetto di un termine perentorio, ovvero consumata perché già esercitata, ovvero ancora incompatibile rispetto ad altra attività processuale precedentemente svolta.

A tal proposito, la Suprema Corte, considerando il caso di non tempestiva costituzione dell'appellato, ha valutato la questione relativa alla possibilità di riproporre domande od eccezioni rimaste assorbite in primo grado. Orbene, ha chiarito che, in assenza di elementi che impongano di assimilare la riproposizione a quella di formulazione ex novo di domande ed eccezioni in appello, non va applicato il principio di preclusione, programmato per distinguere le facoltà processuali esercitabili nell'avanzamento del procedimento; in caso contrario si dovrebbero riproporre con l'appello incidentale, anche le domande condizionate e/o le eccezioni, non esaminate dal primo giudice. D'altronde, non sarebbe possibile giungere ad una differente soluzione, in quanto, diversamente, la costituzione dovrebbe avvenire sempre nei venti giorni antecedenti l'udienza fissata nell'atto introduttivo dell'appello: la parte destinataria della riproposizione di domande e di eccezioni assorbite in primo grado, infatti, ha tempo fino alla comparsa conclusionale per argomentare l’infondatezza delle domande ed eccezioni riproposte. Con riferimento alla riproposizione di domande e/o eccezioni che abbiano comportato lo svolgimento di istanze di prove costituende, non assunte in primo grado, le SS.UU. hanno precisato che, se le domande e/o le eccezioni riproposte, siano accompagnate da istanze probatorie non esaminate o non ammesse in primo grado, il giudice di appello potrà pronunciare i provvedimenti necessari all'esito dell'udienza di trattazione, eventualmente, riservando la decisione sul punto. Pertanto, va condiviso l’indirizzo l’interpretativo secondo cui, l'eventuale assunzione di un mezzo istruttorio che appaia idoneo a sovvertire la pronuncia di primo grado, cambiando il contenuto di uno o più giudizi di fatto sui quali si fonda la sentenza impugnata, fornendo un contributo decisivo all'accertamento della "verità materiale", esso stesso è espressione dei principi del giusto processo.

In conclusione, le SS.UU. hanno cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte territoriale che dovrà pronunciarsi tenendo conto del seguente principio di diritto: "Nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla L. 353/1990, e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione - che costituisce pur sempre una revisio prioris istantiae - nel rispetto dell'autoresponsabilità e dell'affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale: art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell'art. 346 c.p.c., le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado".

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