Le spese forfettarie sono sempre al 15% salvo diversa disposizione del giudice (Cass. Civ. sez. II o
Il provvedimento con il quale il giudice liquida le spese giudiziali, se non indica espressamente la percentuale delle spese forfettarie rimborsabili o non si pronuncia sulla loro debenza – ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 13 c. 10 e del D.M. n. 55 del 2014, art. 2 – costituisce titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale. La predetta percentuale rappresenta il massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto diminuita dal giudice con idonea motivazione.
L’ordinanza in esame si occupa dell’impugnazione di una sanzione irrogata ad un console onorario per la violazione del CdS e viene qui in rilievo limitatamente al quarto motivo di impugnazione, avente ad oggetto la liquidazione delle spese giudiziali. In particolare, il ricorrente si duole di una violazione di legge, laddove il giudice del gravame, nella liquidazione del compenso, ha previsto il corrispettivo “oltre al rimborso delle spese forfettarie”, senza specificare la percentuale delle stesse. Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente le norme di riferimento.
Vengono qui in rilievo:
- l’art. 13 c. 10 della legge professionale forense (L. 31/12/2012 n. 247), in materia di conferimento dell’incarico e compenso, statuisce che «oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al c. 6 unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive»;
- l’art. 13 c. 6 legge professionale forense prevede che: «i parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell’art. 1 c. 3 si applicano quando all’atto dell’incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge»;
- l’art. 2 c. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’art. 13 c. 6 della L. 31/12/2012, n. 247), rubricato “compensi e spese”, dispone che: «oltre al compenso e al rimborso delle spese documentate in relazione alle singole prestazioni, all’avvocato è dovuta — in ogni caso ed anche in caso di determinazione contrattuale — una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione, fermo restando quanto previsto dai successivi artt. 5, 11 e 27 in materia di rimborso spese per trasferta».
Le spese forfettarie – anche dette spese generali – sono quelle sostenute dal difensore, solitamente durante la causa. Per dare concretezza al concetto, si pensi alle spese di cancelleria (il toner della stampante, la carta, le fotocopie, i fascicoli et similia), al tempo trascorso in cancelleria o in udienza, all’acquisto di testi specifici per approfondire una questione giuridica di particolare complessità e così via. Insomma, si tratta di un insieme di esborsi, effettivamente sostenuti dal legale, ma la cui dimostrazione tangibile risulta ardua. Proprio perché la prova è assai gravosa, la legge ne ammette automaticamente il rimborso, secondo una misura predeterminata, senza necessità di allegazione da parte del professionista e senza necessità di apposita istanza. Infatti, la richiesta delle spese generali si considera implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari, che grava sulla parte soccombente (Cass. 4209/2010). In molteplici pronunce, la Suprema Corte ha ribadito che il rimborso delle spese generali spetti all'avvocato in via automatica e con determinazione ex lege, considerandosi ricompreso nella liquidazione del compenso, anche senza espressa menzione nel dispositivo della sentenza (Cass. 17046/2015; Cass. 8512/2011; Cass. 23053/2009). Viceversa, nella parcella emessa dal professionista, le spese forfettarie devono essere espressamente indicate, in caso contrario non si può ottenerne il pagamento. A tal proposito, giova ricordare la differenza concettuale intercorrente tra il compenso spettante al difensore e le spese dal medesimo sostenute nell'espletamento dell'attività professionale svolta a favore del cliente. Le spese cosiddette generali (o forfetarie) rappresentano solo una percentuale sul compenso stesso, di cui non è richiesta alcuna allegazione, stante la difficoltà di provarne l’esborso (Cass. Ord. 13693/2018). La giurisprudenza è pacifica nell’affermare l’obbligatorietà del rimborso delle spese generali anche nei casi in cui nel dispositivo non se ne faccia menzione (Cass. Ord. 2666/2017); in tali circostanze, si è affermato che «la mancata liquidazione in favore dell'avvocato della parte vittoriosa delle somme dovute per spese generali costituisce un errore materiale della sentenza, che può essere corretto con il procedimento di cui agli artt. 287 ss. c.p.c., in quanto l'omissione riguarda una statuizione di natura accessoria e a contenuto normativamente obbligato, che richiede al giudice una mera operazione tecnico-esecutiva, da svolgersi sulla base di presupposti e parametri oggettivi» (Cass. 18518/2013).
Il problema ermeneutico che si pone in relazione alle spese generali attiene alla lettera della disposizione normativa che, ut supra ricordato, prevede il “rimborso delle spese forfettarie di regola nella misura del 15% del compenso totale” (art. 2 c. 2 D.M. 55/2014). Ad avviso dei giudicanti, la norma non chiarisce la finalità dell’indicazione della percentuale, alla cui misura il giudice deve attenersi “di regola”.
Il sintagma “di regola”, utilizzato nel regolamento, pare suggerire che la percentuale del 15% spetti al difensore in mancanza di diversa determinazione giudiziale. Da ciò, discendono due conseguenze:
1) Sul piano motivazionale: laddove non si segua la “regola”, il giudice è tenuto a dar conto della deroga effettuata in ragione della complessità della prestazione svolta dal legale e del suo pregio;
2) Sul piano presuntivo: il provvedimento giudiziale, che non menzioni la percentuale del rimborso o non dica nulla circa la sua spettanza, va interpretato nel senso che abbia recepito implicitamente la “regola” e, pertanto, abbia riconosciuto il rimborso nella misura del 15%.
La legge professionale forense ha demandato ad una fonte secondaria la determinazione della misura massima del rimborso delle spese forfettarie ed è proprio la portata della disciplina regolamentare ad essere poco chiara. Il legislatore ha rimesso al regolamento la determinazione massima del rimborso (art. 13 c. 10 legge prof.), pertanto, deve operarsi una lettura sincretica tra legge e regolamento, ritenendo che la finalità del legislatore sia stata recepita nel testo regolamentare, pur a fronte di una mancanza di chiarezza del disposto normativo. Pertanto, laddove il regolamento statuisce che sia dovuto un “rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15% del compenso totale” (implicitamente) dispone:
- la fissazione di un massimo percentuale nella misura del 15%;
- la statuizione che, anche quando nulla si dica nel provvedimento di liquidazione, all’avvocato spetti tale massimo, derogabile solo in peius con apposita motivazione.
Con la pronuncia in commento, la Cassazione ribadisce i criteri già enunciati sia dalla giurisprudenza di merito che da quella di legittimità (Cass. 17519/2015). Alla luce di quanto esposto, in relazione al motivo di gravame oggetto di scrutinio, la Corte ritiene infondata la violazione di legge dedotta dal ricorrente per la mancata indicazione della percentuale ed enuncia il seguente principio di diritto: "il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali che non contenga la statuizione circa la debenza o anche solo l'esplicita determinazione della percentuale delle spese forfettarie rimborsabili ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 13 c. 10 e del D.M. n. 55 del 2014, art. 2 è titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale, quale massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto motivatamente diminuita dal giudice".