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Insultare l'amministratore di condominio non è sempre reato (Cass. Pen. sez. V sent. 11/05/2019

Non è punibile l'avvocato difensore del Condominio per le espressioni offensive utilizzate nell'atto in giudizio con cui si contesta all'amministratore la mala gestio. Scatta l'esimente di cui all'art. 598 c.p. se le espressioni appaiono funzionali all'obiettivo a cui tende l'atto e restano nel perimetro della controversia, ovvero ottenere dall'amministratore un risarcimento, senza sconfinare in attacchi personali.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione annullando senza rinvio , per insussistenza del fatto, la sentenza con cui il Giudice di Pace aveva condannato per diffamazione, alla multa di 1000 €, l'avvocato che aveva patrocinato un condominio, amministrato dalla persona offesa, nella causa intentata da quest'ultimo contro il suddetto condominio.

Le espressioni reputate diffamatorie ("ha effettuato raggiri nei confronti del condominio, dolose alterazioni del bilancio, pretese non solo pretestuose ma anche sfacciate") erano contenute nella comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale che l'avvocato aveva redatto nell'interesse del condominio, allo scopo di contrastare la pretesa dell'amministratore a vedersi riconosciuti una somma a titolo di compenso e di restituzione di anticipazioni e ad ottenere da questi il risarcimento per una paventata mala gestio.

In Cassazione, il gravame del legale trova accoglimento e il fatto viene ritenuto non costituire reato ai sensi dell'art. 598 c.p., disposizione che concerne le offese contenute in scritti presentati o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in procedimenti innanzi all'autorità giudiziaria o amministrativa.

Tale condotta è ritenuta non punibile nella misura in cui le espressioni offensive riguardino, in modo diretto e immediato, l'oggetto della controversia e abbiano rilevanza funzionale nel sostenere la tesi prospettata o comunque nell'ottica dell'accoglimento della domanda proposta (cfr. Cass., n. 2507/2016). E ciò, precisa la Corte, vale anche quando tali espressioni appaiono non necessarie e riguardano passaggi non decisivi dell'argomentazione (cfr. sent. n. 6495/2005).

Ancora, si esclude la necessità che le offese abbiano anche un contenuto minimo di verità o che la stessa sia in qualche modo deducibile dal contesto, in quanto l'interesse tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa a prescindere dalla fondatezza dell'argomentazione.

La sentenza impugnata, secondo la Cassazione, ha sbagliato a ritenere non applicabile al caso di specie la causa di non punibilità prevista dall'art. 598 c.p., ritenendo assente la pertinenza tra le argomentazioni adoperate nell'atto difensivo e l'oggetto della causa.

Per la Cassazione, invece, le espressioni contenute nella comparsa di risposta con domanda riconvenzionale indicate nel capo di imputazione appaiono pertinenti e funzionali allo scopo cui esse tendevano, vale a dire quello di contestare la pretesa dell'amministratore a ottenere una somma dal condominio e di ottenere a sua volta, per profili di mala gestio dettagliatamente prospettati, il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno.

E' evidente, si legge nel provvedimento, che rispetto all'oggetto della causa così individuato, le espressioni utilizzate possono ritenersi funzionali a sostenere la pretesa, costituendo connotazioni della condotta professionale addebitata all'amministratore ovvero qualificazioni, rispetto alla materia del contendere e alla posizione non solo difensiva, ma anche reattiva del condominio, di suoi atteggiamenti connessi all'attività lavorativa e giammai "argumenta ad hominem" avulsi dalla causa petendi da contestare e da quella da sostenere. La sentenza viene dunque annullata senza rinvio perchè il fatto non costituisce reato.

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