La mancata redazione di un preventivo di spesa scritto non è ostativa a che l'Avvocato possa richiedere il pagamento dei propri compensi
Costituisce ormai fatto noto che gli avvocati abbiano l’obbligo di redigere il preventivo ai clienti da quando la legge annuale sulla concorrenza per l’anno 2017 è intervenuta sull’art. 13 della legge contenente la “nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” n. 247/2012.
Il c. 5 dell’art. 13 prevede infatti che il professionista sia tenuto a rendere noti al cliente diversi aspetti della prestazione professionale:
il livello di difficoltà dell’incarico;
gli oneri ipotizzabili da sostenere dall’inizio alla fine dell’incarico;
la misura prevedibile del costo della sua prestazione, distinguendo nel dettaglio le voci relative alle spese, anche forfettarie, agli oneri e al compenso. Queste informazioni devono essere fornite al cliente in forma scritta, a prescindere da una sua richiesta specifica.
Alla luce di quanto appena visto si può affermare che il preventivo di spesa è obbligatorio e che lo stesso deve essere redatto in forma scritta. C’è però un’altra questione da risolvere ossia se il preventivo scritto sia in grado di condizionare il diritto dell’avvocato a percepire il proprio compenso per l’attività svolta, questione cui possibile rispondere analizzando l'ordinanza n. 33193 emessa dalla Cassazione nell'anno 2022.
L'ordinanza in esame è stata emanata nell'ambito di una controversia sorta poiché un avvocato ha assistito un cliente in un giudizio civile, al termine del quale ha richiesto il pagamento del proprio compenso.
Il cliente però ha contestato l’importo e il fatto che l’avvocato non lo aveva messo al corrente di quanto avrebbe speso per il giudizio perché non aveva predisposto un preventivo di spesa in forma scritta.
Gli Ermellini nel condividere le istanze dell’avvocato hanno precisato che ai fini del riconoscimento del diritto al compenso non è necessario il preventivo scritto. Il diritto al compenso infatti non scaturisce dal preventivo di spesa predisposto in forma scritta in favore del cliente, ma dal contratto di mandato professionale, che non è soggetto a particolari vincoli di forma.
La prestazione professionale di tipo intellettuale resa dall’avvocato, così come la prestazione resa da qualsiasi lavoratore autonomo, si caratterizza per la presenza dell’elemento dell’onerosità, anche se questo non rappresenta un elemento essenziale, ne consegue che il professionista, per esigere il pagamento, deve provare prima di tutto di aver ricevuto l’incarico a eseguire la prestazione e di averla adempiuta.
La Cassazione completa poi la questione del compenso dell’avvocato, ricordando alcuni principi, già sanciti, sui criteri di determinazione del compenso.
A questo proposito ricorda che la norma di riferimento per il compenso degli avvocati è l’art. 2233 c.c. che così recita: "l compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decorso della professione. Sono nulli se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.”
Dalla norma, come esposto dalla stessa Cassazione nell’ordinanza in analisi, il criterio preferenziale per la determinazione del compenso è affidato all’accordo cliente/avvocato. In subordine, per determinare il compenso deve farsi ricorso alle tariffe o agli usi e solo qualora non sia possibile ricorrere a queste modalità la determinazione del compenso spetta al Giudice, che però non è libero di determinarlo, lo stesso deve infatti attenersi ai parametri ministeriali.
La suprema Corte ha quindi confermato la possibilità per il legale di richiedere il pagamento dei propri compensi pur non avendo fatto sottoscrivere al cliente un preventivo scritto.
Per completezza occorre però ricordare che, qualora l’avvocato non provveda a redigere il preventivo scritto, si espone a eventuali azioni civilistiche del cliente e non solo.
L’avvocato potrebbe subire delle conseguenze disciplinari per la violazione dell’art. 27 dedicato ai “Doveri di informazione” del Codice di deontologia Forense. In base al c. 2 di questo articolo infatti “L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione”.
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