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Sì alla ripetibilità dell'assegno di mantenimento se mancavano i presupposti (SS.UU. 32914/2023)

Le SS.UU. civili con la sentenza in esame hanno affermato la ripetibilità di quanto indebitamente versato a titolo di assegno di mantenimento, che sia di separazione o di divorzio, nel caso in cui venga dimostrata l'insussistenza ab origine delle condinzioni sulla base delle quali era stato determinato l'importo dovuto possibilità di richiedere la restituzione, mentre hanno confermato l'impossibilità di richiedere la restituzione di somme nel caso di semplice rimodulazione al ribasso del mantenimento riconosciuto.

L'elemento cardine della possibilità di richiedere la restituzione delle somme in eccesso versate è, pertanto, dato dal fatto che vi sia l'accertamento dell'insussistenza del presupposto del diritto al mantenimento a suo tempo riconosciuto: mancando, per esempio, lo «stato di bisogno» o in caso di addebito.

Come detto chiara è stata l'affermazione secondo la quale il diritto di ripetere le somme non sorge quando la rivalutazione investe le sole "condizioni economiche" del soggetto obbligato o nel caso di semplice rimodulazione «al ribasso», sempreché, precisa la Cassazione, l'assegno non ecceda la misura che garantisca al soggetto debole di far fronte alle normali esigenze di vita, e la somma "possa ragionevolmente e verosimilmente ritenersi pressoché tutta consumata".

La sentenza ripercorre l'intera normativa e giurisprudenza sulla materia ed ha statuito il rigetto di una donna che era stata condannata dalla Corte di Appello di Roma alla restituzione delle somme percepite dall'ex. La Corte territoriale, chiamata a decidere sulla richiesta di un assegno di mantenimento e divorzile (inizialmente la separazione era stata consensuale e senza alcun contributo al mantenimento), aveva all'opposto statuito che "sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento" ed aveva revocato i provvedimenti provvisori adottati in primo grado, nel giudizio promosso ex art. 710 c.p.c., condannando la ex alla restituzione delle somme indebitamente percepite a decorrere dall'ottobre 2009.

Contro questa decisione la donna ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo, tra l'altro, la falsa applicazione degli artt. 156 e 445 c.c. "stante la natura alimentare dell'assegno di mantenimento". A seguito del deposito del ricorso la Prima Sezione civile,con ordinanza interlocutoria n. 36509/2021, rimetteva alle SS.UU. a cui dunque è stato chiesto di chiarire sostanzialmente due questioni: 1) la sussistenza o meno di un principio generale di irripetibilità delle statuizioni economiche in sede di giudizio di separazione e divorzio (in relazione ai coniugi ed ai figli), ricavabile dalla disciplina processuale; 2) la natura alimentare (in tutto o in parte) o para-alimentare dell'assegno di mantenimento, ricavabile dal diritto sostanziale e circa l'effettivo carattere di irripetibilità della prestazione di alimenti, desumibile, in difetto di un'espressa disposizione normativa, dalla complessiva disciplina dettata in materia o da principi costituzionali.

Per il massimo collegio di legittimità " non si rinviene nell'ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell'assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell'alimentando". Sulla base di tale assunto è stato poi affermato di conseguenza che "... non può negarsi l'efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e dunque sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio, sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio".

Tuttavia occorre anche dare la giusta rilevanza a quelle esidenze "equitative-solidaristiche" che trovano sede anche nella "peculiare comunità sociale rappresentata dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione", in un'ottica di temperamento della generale operatività della regola civilistica della ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.).

Non si tratta dunque certamente di dettare una regola di «automatica irripetibilità» delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento, ma piuttosto di operare un necessario bilanciamento a tutela di quel soggetto che sia stato riconosciuto parte debole nel rapporto; si deve infatti ragionevolmente presumere, prosegue il ragionamento, che le maggiori somme versate "siano state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge debole".

La Corte non arriva però fino a definire l'entità di questa somma, che è "necessariamente modesta", ma che non essendo stata fissata "in maniera rigida" dal Legislatore richiede "una valutazione personalizzata" da parte del giudice di merito, considerate tutte le variabili del caso concreto: "... la situazione personale e sociale del coniuge debole, le ragionevoli aspettative di tenore di vita ingenerate dal rapporto matrimoniale ovvero di non autosufficienza economica".

Da qui l'affermazione del seguente principio di diritto: "In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere:

a) opera la "condictio indebiti" ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione «del richiedente o avente diritto», ove si accerti l'insussistenza «ab origine» dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile;

b) non opera la «condictio indebiti» e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, «delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)», sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica;

c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità".

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